Lido Marcucci, alle giovani generazioni di tifosi rossoneri, probabilmente, non dirà molto e, comunque, anche quel poco sarà niente rispetto a quello che ha rappresentato per chi, come noi, ha bazzicato l'ambiente rossonero per anni prima come spettatore incuriosito, poi come giornalista interessato. Noi abbiamo sempre fatto confusione, sin dai bei tempi andati, quando associavamo il nome di Lido Marcucci a quello di Alvaro Vannucchi, il primo magazziniere il secondo massaggiatore della squadra. Per noi era una coppia indivisibile, soprattutto, per via di quell'amore incondizionato per i colori rossoneri.
Lo avevamo incontrato poche volte, grazie alla intermediazione di Emiliano Pellegrini, collega e decano, con Luciano Nottoli, dei giornalisti sportivi lucchesi. Noi chiedevamo, ogni tanto, una muta per poter disputare qualche - parecchie - partita amatoriale e Lido, in un modo o nell'altro, ci aiutava chiedendo, ovviamente, la restituzione delle divise e, onestamente, almeno in una circostanza, ammettiamolo, non fummo così ligi alla richiesta. Ci era parso, però, quelle poche volte, un uomo un po' burbero, anche piuttosto propenso all'incazzatura facile, ma, in realtà e come, del resto, avemmo modo di scoprire più tardi, era soltanto un brontolone buono come il pane.
A seguito della scomparsa prematura del collega Alessandro Del Bianco, finimmo per occuparci direttamente di seguire la compagine rossonera e così, a partire dai campionati, ma, poi, appassionandoci, anche dai ritiri estivi, cominciammo a conoscere quest'uomo che aveva una sua peculiare organizzazione professionale e che rappresentava, per i giocatori, un punto di riferimento importante.
Lido era una persona buona, semplice, che non conosceva, almeno a nostro modesto avviso, cos'erano l'invidia, la gelosia, la cattiveria, la malizia. Era apparentemente burbero, ma ne andava del suo ruolo ché, altrimenti, ognuno, con maglie, pantaloncini, calzettoni, palloni e tutto il resto avrebbe fatto come gli pareva. Ci pensava e ci voleva lui a mettere un po' di ordine in mezzo a tutti quegli scalmanati.
Noi cominciammo a parlarci e a raccontarci e, piano piano, ma nemmeno, poi, tanto, si instaurò un bellissimo rapporto fatto di simpatia, di confidenza, di affetto reciproci. Lido era una persona seria, che aveva sentimenti seri e forti, principi basilari, semplici, ma chiari e validi erga omnes. Non amava raccontare quello che vedeva e che sapeva anche se ne vedeva e ne sapeva molte e molto di più di quanto potessimo mai arrivare a conoscere noi.
Un giorno, ricordiamo, ci disse che aveva perso o si era rotto un orologio che aveva al polso o, comunque, ci fece vedere quello che indossava. Avevamo, se non ricordiamo male, uno Swatch che volemmo dargli, niente di prezioso, ma gli piacque e ci ringraziò nemmeno si trattasse del Rolex più costoso al mondo. Ogni volta che ci in crociavamo, ultimamente pochissimo, l'abbraccio era scontato, c'era un affetto che ci legava e c'era, purtroppo, anche un lutto che ci aveva colpito e che lui aveva visto quale disastroso effetto aveva prodotto nella immediatezza della tragedia. Era un uomo umano in un mondo, quello di oggi, dove l'umanità sembra essere diventata sempre più un optional di cui poter fare a meno. Grande cazzata. Senza umanità non si va da nessuna parte, dentro o fuori il mondo del calcio non importa.
Abbiamo appreso della scomparsa di Lido Marcucci ieri mattina da un sms di un nostro giovane collaboratore e collega che segue le vicende della Pantera. La morte, in fondo, è l'unica cosa certa di questa vita dopo la nascita. Domani ci sono i funerali. Noi conserveremo di Lido quello che resta, sempre, l'unica cosa degna di essere mantenuta dopo l'addio: il ricordo di una persona speciale come si fa sempre più fatica a trovare.