Cultura
Cinema e afrori
Non vado più tanto volentieri al cinema. Non mi piacciono, mi spaesano, le multisale con il loro eccesso di offerte, né mi corrisponde la recente prassi della prenotazione dei posti tramite cellulare…
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La vita è un’osteria, l’ultimo libro di Emanuele Andreuccetti: tra un racconto e un piatto di zuppa
Ambiente privilegiato della socialità popolare, l’osteria - mescita di vino di non eccelsa qualità per avventori non troppo esigenti, accompagnata, se del caso, da piatti di una cucina semplice e rustica – è da sempre il luogo dello scambio, del confronto di esperienze, del racconto…
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Un nuovo appuntamento per il ciclo di incontri: Riccardo Nencini al Caffè Santa Zita
Giovedì 20 febbraio alle ore 17, nei locali del Caffè Santa Zita un nuovo appuntamento per il ciclo di incontri coordinati da Monica Innocenti. Ospite il Presidente del…
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Giulio Cesare di Händel con la direzione di Ottavio Dantone alla guida dell’Accademia Bizantina e la regia di Chiara Muti in scena venerdì 21 febbraio (ore 20.30) e domenica 23 febbraio (ore 16.00)
Dopo il grandissimo successo di Tamerlano di Vivaldi nel…
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Tra cultura e impresa, in San Romano l'evento per le scuole dedicato alla mostra "Giacomo Puccini Manifesto" con Museimpresa e Collezione Salce
Si è svolto oggi (lunedì 17 febbraio) l'incontro per le scuole collegato alla mostra "Giacomo Puccini Manifesto. Pubblicità e illustrazione oltre l'opera lirica", in corso fino al…
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Drusilla Foer al Giglio con Venere nemica, pièce tratta da “Amore e Psiche” di Apuleio
Venere nemica, l’attesissima pièce teatrale che vede protagonista Drusilla Foer affiancata da Elena…
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Guglielmo Petroni. Il segno e la parola
A partire dalla prima metà degli anni Trenta del secolo scorso una nuova sensibilità, che rivendica un discorso autonomo dal formalismo imperante, comincia a manifestarsi nella cultura italiana dalla letteratura al cinema, alle arti figurative
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Di spalle a questo mondo: martedì prossimo il nuovo incontro della Società dei Lettori per l'assegnazione del Premio dei Lettori Lucca-Roma 2025
Di spalle a questo mondo: prosegue martedì 18 febbraio 2025 la 37sima edizione del Premio dei Lettori Lucca-Roma conferito dalla Società Lucchese dei Lettori. Alle 18 a Villa Rossi (via di Villa…
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Stagione di danza, “Trilogia dell’estasi” di Roberto Zappalà
Prima dello spettacolo, alle ore 19.30, Roberto Zappalà incontra il pubblico; con lui, in dialogo con il pubblico, la giornalista e storica della danza Francesca Pedroni
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Tabarrata nazionale a Lucca, ecco il programma: sfilata, visita alla mostra "Giacomo Puccini Manifesto", concerto e conferenza
Si terrà a Lucca sabato 1 febbraio la Tabarrata Nazionale, il più grande raduno di amanti del Tabarro. Il Tabarro è il mantello a ruota che ha…
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Non vado più tanto volentieri al cinema. Non mi piacciono, mi spaesano, le multisale con il loro eccesso di offerte, né mi corrisponde la recente prassi della prenotazione dei posti tramite cellulare… Uomo del secolo scorso, e quindi con scarsa, scarsissima frequentazione con l’online, ero abituato ad altre consuetudini: una breve passeggiata, anche improvvisa, con la mia compagna fino alla sala prescelta; un’occhiata alle locandine esterne al locale per un’idea, anche se vaga, di cosa mi/ci aspettava; e solo se queste risultavano convincenti a un immaginario, il mio/il nostro, fattosi nel tempo e con l’età sempre più esigente, finalmente il biglietto, rigorosamente alla cassa e ridotto per anziani. Quello, però, che mi manca di più del mio cinema sono le sensazioni olfattive. Sì, olfattive… E mi spiego meglio: per me, spettatore dell’altro millennio, il cinema è stato soprattutto un odore, meglio un afrore… Quello del cinema, appunto. Dove cinema sta per locale angusto e precario di certe dimenticate “terze visioni” romane, oppure gli ambienti sterminati e inadatti di taluni “parrocchiali” capitolini anni ’50, espressione anch’essi, nella loro immensa vastità, delle pretese egemoniche clericali sulla società intera.
Lì trascorrevo i pomeriggi più pieni ed entusiasmanti di giornate mortificate da una scuola ottusa e feroce e dalla assenza di un qualsivoglia spazio od occasione di vita sociale.
Ero onnivoro, vedevo tutto: dai western classici alla commedia all’italiana, dalla commedia rosa alla fantascienza: Dio, quanta fantascienza ho visto fino a quindici anni! Entravo con mezz’ora d’anticipo sul primo spettacolo e uscivo poco prima dell’ora di cena… Con le ginocchia puntate sul sedile davanti in posizione quasi fetale, succhiando bruscolini (i semi di qui), biascicando gallette durissime, oggi introvabili, chiamate mostaccioli, ciancicando lacci di liquirizia ormai mitici, gli occhi, il cervello, il cuore “presi” dalla storia, al buio, regredivo a tempi prenatali. Più regredivo, più ero felice. E l’odore? Ci arrivo. Ebbene questo stato di beatitudine/ebetudine conosceva anche un deciso risvolto olfattivo, un’aulente contrappunto: eccolo, l’odore del cinema.
Era una miscela di sentori forti, di corpi non bene lavati, di vestiti da poco prezzo, di muri trasudanti umidità, di “Nazionali esportazione”, (si fumava, allora!) di segatura mai del tutto rimossa tra una rara pulizia e l’altra: direi che in tale densità aromatica non stonavano neppure i miasmi, fetiducci anzichenò, provenienti dai gabinetti dalle porte perennemente semiaperte. Un afrore struggente, di umanità, decisivo per l’alchimia che avrebbe trasformato lo spettacolo cinematografico in un magico rito collettivo.
Ora, insieme, all’aria condizionata, profumano anche la sala…
Al cinema mi reco sempre meno. Le ginocchia non riesco più a puntarle sullo schienale del sedile davanti perché le scomode poltroncine di una volta si sono a poco a poco trasformate in comodi e morbidi divani anatomici. Ai sapori dell’infanzia ho sostituito quelli più anodini della coca-cola e del pop corn e sopravvivo… Ma quel tanfetto miasmatico mi manca, Gesù, come mi manca! E il cinema non è più la stessa cosa…
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Ambiente privilegiato della socialità popolare, l’osteria - mescita di vino di non eccelsa qualità per avventori non troppo esigenti, accompagnata, se del caso, da piatti di una cucina semplice e rustica – è da sempre il luogo dello scambio, del confronto di esperienze, del racconto… Non prescinde da questo topos - letterario, teatrale, cinematografico… - neppure lo scrittore toscano Emanuele Andreuccetti che fa di un’osteria paesana dei nostri giorni il palcoscenico su cui rappresentare drammi della contemporaneità e leggende dell’antico folclore locale, problematiche dell’oggi e personaggi e protagonisti del mondo di ieri e dell’altro ieri. In quindici veloci capitoli in cui i giorni di una settimana, da un sabato all’altro, si alternano ai nomi di battesimo dei protagonisti - maschili e femminili, anziani e giovani - di storie significative e allusive, l’Autore affida ad Angelo, l’oste, il compito di legare e variamente commentare le modeste vicende di un agire quotidiano e provinciale generalmente volte al bene, al rispetto degli altri, alla solidarietà, all’inclusione. Così, le antiche fole della ricca tradizione folclorica delle terre comprese tra il Tirreno, il corso del fiume Serchio e le Apuane - la forsennata amante assassina di giovani maschi, Lucida Mansi; le leggende del Volto Santo e del Ponte del Diavolo; la fiaba di Puettino e le immancabili storie di streghe… - si alternano e si intrecciano con racconti e descrizioni dei disagi e delle fatiche di una contemporaneità stranita: il lavoro che manca; il rarefarsi dei beni e servizi collettivi; le difficoltà dell’essere giovani e le strade, sempre e sempre più in salita, di quanti, per un motivo e o per l’altro scontano, in misura maggiore o minore, qualche tratto di diversità fisica o psicologica… Perché, anche nella civile Toscana, la vita e la società fanno pochi sconti…
Angelo, che non a caso si chiama così, perché, si sa, nomen-omen, serve a tavola generose porzioni di cibo e buon vino, ascolta con discrezione le storie dei suoi ospiti, dispensa in proposito consigli mai banali, ricava acuti e colti insegnamenti dalle vicende narrate dai suoi avventori… Racconti che aleggiano in quell’ambiente fumoso di cucina e caldo di umanità.
Tiene e coinvolge la pagina di La vita è un’osteria. Solo qualche pesantezza di tanto in tanto per un tono che talora si fa eccessivamente didascalico e sentenzioso. Rimangono, però, nella memoria del Lettore alcune figure: quella di don Ercole, pretone di campagna, assai poco formale, amante del canto e delle passeggiate in montagna che per lui “non è mai un posto di passaggio: quando arrivi alla sommità devi per forza tornare indietro. È come la ragione nei confronti dell’infinito.”; quella di Cosimo, un buffo e simpatico senza senso con un’esistenza, però costellata di violenze e dolori; quella di Kenge, un ambulante senegalese non più giovane, che parla un misto accidentato di francese e lucchese ed è sempre alle prese con le piccole prepotenze praticate dai policiers de circulation della Città delle Mura…
Personaggi d’immaginazione, forse, ma intrisi di realtà e in taluni casi riconoscibilissimi alle cronache locali: qualcuno di loro è ancora capace di fornire speranza, qualcun altro, invece, la chiede. Tra loro si muove con leggerezza il saggio oste Angelo che conforta, consiglia, ammonisce con un racconto e un piatto di zuppa ben calda.
Emanuele Andreuccetti, La vita è un’osteria, collana Quetzal, Felici Editore, Pisa 2024, pp. 186. Euro, 15,00
Emanuele Andreuccetti è dal 1996 un prete della Diocesi di Lucca. Nel 2007 per le Dehoniane di Bologna ha pubblicato La locanda dei racconti. Una pastorale in stile narrativo e nel 2015 per Gabrielli Editori di Verona il romanzo biblico Tobias. Il segreto di un Re. Un cammino iniziatico. Nello stesso anno sempre per la Gabrielli realizza un sussidio formativo e pastorale dal titolo Come cantare in terra straniera? Per stare bene in “esilio”. Nel 2019 con Verdechiaro edizioni dà alle stampe Luz. E se la tua città nascondesse molto i più di ciò che vedi? Nel 2024 pubblica per le edizioni Ancora La parola è terapia. Racconti e riflessioni per guarire le ferite. Dal 2016 fa parte del comitato promotore che organizza il premio nazionale di letteratura intitolato a Carlo Piaggia.