"Una fra le prime generazioni del ciclismo svedese sbocciò in Italia grazie al patron lucchese Ivano Fanini"- questo l'inizio del racconto di Alf Segersall - oggi pensionato svedese di 67 anni residente nella città universitaria Linkoping dove ha la sede centrale Saab, l'azienda dove ha lavorato per 32 anni come elettrotecnico nella costruzione di aerei militari.
Approfondiamo l'approccio iniziale dell'ex ciclista. Ma perché Fanini?
"L'ho sempre in agenda quando da ragazzo vivevo soltanto per il ciclismo sognando di partecipare un giorno alle classiche Monumento. Avevo indubbiamente delle qualità, altrimenti non avrei potuto correre, ma queste necessitano sempre di qualche dirigente che le sviluppi. Leggo dai miei appunti nel diario che ho conservato che il 15 marzo 1977, quando ancora correvo per la Saab, una fra le prime società ciclistiche svedesi che si stava affacciando al ciclismo che contava, praticamente sponsorizzata dall'omonima azienda automobilistica ma che era molto attiva anche nel campo aeronautico, Leo Selmi, un ligure che era operaio della stessa Saab in Svezia e appassionato di ciclismo, ci consigliò di andare in ritiro a San Terenzo in provincia di La Spezia, un rifugio climatico tranquillo ed ideale per i nostri allenamenti grazie al mare ed alle colline che la circondano".
E Fanini?
"Selmi ci presentò a lui che già gestiva squadre dilettantistiche, prima ancora di sfondare con il professionismo. Fanini non esitò a venirci a conoscere in albergo e subito si mise da solo sull'ammiraglia seguendoci in allenamento. Si pedalava anche per 200 chilometri e lui studiava le nostre reazioni sul fondo, sulla resistenza in salita, sulla forza, sulla resistenza alla velocità. Insomma avvertivamo la sua competenza e sapevamo che questo esame sarebbe stato importante per proseguire al meglio la nostra carriera."
Ivano Fanini aveva soltanto 26 anni ma era già armato di quel fiuto ciclistico da dirigente consolidato perchè lui nel ciclismo bruciava i tempi dell'attesa. Fra gli svedesi avevano già sfondato Gosta Petterson, quando vinse il Giro d'Italia 1971 correndo per la Ferretti, e poi altri fra i quali Bernt Johansson che proprio in quel 1977 la Fiorella Mocassini fece passare professionista. Quindi Fanini seguiva la linea dei corridori provenienti dal Nord Europa, fiducioso che avrebbero sfondato anche in Italia, diventando per loro come un fratello maggiore. Una pista che ha sempre seguito negli anni a venire fino all'avvento con la maglia di Amore e Vita fra i professionisti di un altro svedese: Glenn Magnusson, vincitore in maglia Fanini di tre tappe al Giro d'Italia.
I PRIMI SVEDESI CON ALF SEGERSAL CHE SI TRASFERIRONO A CAPANNORI
Assieme ad Alf Segersall Fanini portò a correre a Capannori anche Claes Goransson, Mats Gustafsson ed altri che ebbero meno successo ai quali però concesse l'opportunità. Capannori si trasformò in una mini Svezia ciclistica, ma d'altronde sono diverse le nazionalità di ciclisti rappresentati dal Team Fanini in 50 anni di storia fra Dilettanti e Professionisti, senza considerare che lo stesso Fanini è stato capostipite nel valorizzare per primo anche il ciclismo danese tanto per rimanere in tema scandinavo.
"A Lucca trovai uno staff tecnico di primo ordine. Mai avevo avuto la possibilità di essere così accuratamente seguito in una squadra. Ivano ci mise a disposizione una serie di persone che avevano il compito di creare, formare e consolidare il gruppo: dal D.S. al meccanico, al massaggiatore. Mancava soltanto il mental coach, ma quello lo faceva lui. Ci seguiva con entusiasmo e lo faceva con passione tanto che eravamo portati a dare il massimo per ricambiare la fiducia. Disputammo con maglia e bicicletta Fanini subito 4 corse, prima di dover rientrare in Svezia per impegni con la nazionale. Vinsi il G.P. Calzaturifici Stabbianesi. Giunsi da solo dopo aver forato essere rientrato in gruppo ed aver staccato tutti nella Coppa di Mercatale. Tornai in Italia per prepararmi al Giro d'Italia che iniziò il 1° luglio 1977. Vinsi subito la 1.a tappa nella cronometro individuale ad Empoli indossando la maglia gialla. Correvo con la maglia giallo-blu della Svezia ed il logo Fanini su maglia , pantaloncini e bicicletta. Fu una grande edizione della più importante corsa italiana. Curai la classifica fino in fondo terminando al secondo posto dietro Claudio Corti, campione del mondo in carica. Nel 78 ancora con la squadra Fanini Mobiexport a primavera feci il bis a Montelupo. Mi imposi anche nel prologo della 2.a semitappa alla Settimana Ciclistica Bergamasca nella crono individuale da Longuelo a Madonna del Bosco e nella classifica finale della corsa a tappe lussemburghese Flèche du Sud, oltre ad aggiudicarmi la crono del G.P. d'Europa in coppia con Tommy Prim. Eravamo in quegli anni gli svedesi che vincevano di più in maglia Fanini."
LE SUE EMOZIONI ED ESPERIENZE LEGATE ALL'ITALIA
I ricordi di Alf Segersal sono intensi, fatti di emozioni ed esperienze legate all'Italia quando ventunenne venne a cogliere le prime affermazioni coronando i sogni che aveva da bambino, sono racconti degli obiettivi di un campione, ragioni del cuore ricercando l'origine di quando con un gruppo di amici impuntò i pedali per divertimento. Purtroppo una brutta caduta al Giro d'Italia 1978 gli procurò diverse fratture fra le quali quella del femore che ne limitò in seguito le sue performance di ciclista completo, un trauma fatale anche per il Giro d'Italia.
"Vinsi il Giro d'Italia dilettanti nel 1979-prosegue nel suo racconto-indossando però la maglia della Svezia. La Federazione Svedese, visti i miei risultati con Fanini, mi impose di correre con la maglia della nazionale. Peccato di quella caduta al Giro l'anno prima perchè nel 78 andavo ancora più forte e probabilmente avrei lottato per vincerlo."
Il suo passaggio al professionismo avvenne nel 1980 con la Bianchi di patron Felice Gimondi. La sua classe lo portò a vincere il Trofeo Matteotti nel 1981. Nel 1982 vinse sei corse tra le quali due tappe e classifica finale del Giro di Puglia ed una tappa e classifica finale della Ruota D' Oro battendo un Giuseppe Saronni in maglia iridata. Nel 1983 si aggiudicò la 12.a tappa del Giro d'Italia da Pietrasanta a Reggio Emilia, la sua ultima grande vittoria prima di attaccare al termine del 1986 la bicicletta al chiodo.
"Il mio rammarico? Non aver potuto curare la classifica al Giro d'Italia professionisti-conclude-il trauma della frattura femorale mi ha limitato nella durata delle competizioni. Stare tre settimane in bicicletta come in una edizione del Giro mi faceva incorrere in patologie nel sistema articolatorio ed anche in disturbi mentali. La bicicletta non l'ho mai deposta del tutto. Anche oggi alla mia età, mi dedico a qualche escursione due volte la settimana anche perchè la bicicletta fa bene anche da anziani."
LE SUE VACANZE IN ITALIA
Da quell'incontro con Fanini del 15 marzo 1977 a San Terenzo sbocciò un ciclista svedese, che, assieme a Tommy Prim, riempì il buco lasciato dal suo connazionale Gosta Petterson, prima dell'avvento negli anni 90 di altri svedesi fra i quali Glenn Magnusson, anche lui sbocciato in maglia Fanini, ma questa è un'altra storia....Nel 1987, l'anno dopo il suo ritiro dall'attività agonistica, entrò a lavorare alla Saab occupandosi di aerei militari come tecnico nel sistema informatico. Nel 2020 la sua meritata pensione che dedica alla sua numerosa famiglia. Ha quattro figli e nove nipoti che lo aiutano a riempire le lunghe giornate, specialmente nei giorni più brevi dell'inverno a Linkoping. Un mese fa ha trascorso le vacanze in Lombardia facendo una capatina a Bergamo dove conserva tante amicizie dai tempi che correva con la Bianchi. Sicuramente alla prima occasione farà visita a Ivano Fanini, colui che lo ha lanciato nel ciclismo italiano consentendogli di arrivare al professionismo ed alla nazionale svedese con la quale ha disputato anche quattro campionati del mondo su strada negli anni 1980, 1981, 1982 e 1985. Ralf Segersal occuperà sempre una parte di primo piano nella storia Fanini che è molto vasta anche negli anni 70 quando ancora non aveva fondato le prime squadre professionistiche.