Quella dell'oggi quarantasettenne francese Miguel Martinez, è una storia piacevolmente anomala con il ciclismo: una storia rara che lo ha visto primeggiare nel mondo delle due ruote come crossista e biker senza volerlo, ma soprattutto possedendo delle qualità che neppure lui sapeva di avere. Amava la strada e sognava di sfondare nelle grandi classiche del ciclismo ma pedalando sull'asfalto, nelle gare in linea. Ed invece diventò il numero uno del mondo sui percorsi sterrati, lui che disdegnava i saliscendi ripidi e le variazioni nelle cadenze di pedalata che necessitano di sprigionare potenza muscolare concentrata in pochi secondi. Innervarsi braccia e mani non faceva per lui. Eppure?
"Nel 93 - dice alla Gazzetta di Lucca l'ex ciclista - per curiosità disputai una gara di MTB in Francia e giunsi settimo, non male per un principiante. Ma lo feci soltanto per provare senza nessuna velleità. Le mie inaspettate performance furono notate, tanto che mi fu proposta dalla nazionale francese la convocazione ai campionati mondiali juniores del Colorado. Accettai ma soltanto per una ragione: sapevo che in quello stato dell'Usa ci sono tantissimi allevamenti di cavalli ed aziende agricole che ospitano turisti coinvolgendoli nelle proprie passioni. Io che amavo i cavalli e che rappresentavano il mio hobby in età giovanile scalpitavo dalla voglia di visitare i grandi ranch e già pensavo alle emozioni che avrei provato. Con m. 1,65 di altezza, avevo le caratteristiche del fantino. Invece mi trovai per la prima volta campione del mondo di MTB di categoria, superando un grande ciclista come l'australiano Cadel Evans, diventato poi non soltanto un grande biker ma anche uno fra i più completi stradisti aggiudicandosi in carriera il campionato del mondo, il Tour de France e diverse classiche come la Freccia Vallone. Sono questi i misteri del destino..."
IL SOGNO SVANITO DI ASSOMIGLIARE A SUO PADRE MARIANO, PROTAGONISTA AL TOUR DE FRANCE
Il sogno di Miguel Martinez era quello di assomigliare a suo padre Mariano, ex ciclista su strada spagnolo, naturalizzato francese nel 1963 e professionista dal 1971 al 1982.
"I buoni risultati con il Tour de France di mio padre mi inducevano fin da bambino ad assomigliargli-prosegue Miguel- oltre a vincere alcune tappe ed a piazzarsi tre volte nei primi dieci della classifica generale, vinse la classifica degli scalatori. Nel 1974 ai mondiali di Montreal nel 74 arrivò addirittura nel podio, preceduto soltanto dal vincitore Eddy Merckx e dal mio connazionale Raymond Poulidor. Due gradini occupati dai francesi quindi anche se a vincere fu il "cannibale". Continuavo a preferire le gare in linea su strada anche se le più grandi soddisfazioni le ho avute come biker e crossista".
UN PALMARES STRAORDINARIO CHE COMPRENDE LA MEDAGLIA D'ORO OLIMPICA
Le vittorie sullo sterrato per Miguel Martinez si moltiplicavano. Era ormai diventato uno fra i migliori specialisti del mondo. Il suo palmares divenne invidiabile. Nel Cross Country vinse l'Olimpiade di Sydney nel 2000 (oro XC) dopo aver conquistato la medaglia di bronzo ad Atlanta 1996 all'età di 20 anni. Sempre nel 1996 si aggiudicò il campionato del mondo di ciclocross Under 23 a Montrevil-Sous-Bois. Ancora migliori furono i suoi risultati nella Mountain-Bike riuscendo a vincere tre campionati del mondo: nel 1997 a Chateaux d'Ax nell'XC Under 23, nel 1998 si ripeté a Mont- Sainte- Anne nella stessa specialità e nel 2000 (l'anno dell'oro olimpico) si impose ai mondiali di Sierra Nevada nell'XC Elite Under 23, oltre a conquistare negli anni anche tre medaglia d'argento.
"Vincere l'Olimpiade è il massimo traguardo per ogni atleta però se devo dire quale sia stata la mia più grande emozione, rimane il campionato del mondo vinto in Colorado da juniores perché totalmente inaspettato e disputato in una terra che amo tantissimo. Trovarmi indosso la maglia iridata per la prima volta fu una sensazione bellissima che mi dette anche la possibilità di gestire la mia sfera emozionale nei campi della vita: nel lavoro, nello sport e nella relazione con le persone. Poi mi sono tolto qualche altra soddisfazione sulla strada, in particolare con la maglia di Amore e Vita-Fanini".
IN MAGLIA AMORE E VITA NEL 2008 LA SUA PRIMA ED UNICA VITTORIA SU STRADA
Il super biker francese dopo i grandi successi internazionali sullo sterrato volle ritentare di vincere anche nelle gare su strada. Professionista nel 2002 con la Mapei e nel 2003 con la Phonax ci mise il massimo impegno, ma nel biennio riuscì soltanto ad imporsi nella maglia di miglior scalatore al Giro del Mediterraneo 2003 senza mai decollare a grandi livelli. Poi, come hanno fatto tanti corridori di diverse nazioni, incontrò prima della stagione 2008 Ivano Fanini ad un fine gara, il quale gli propose di passare con Amore e Vita dicendogli anche di pensarci bene prima di prendere una decisione.
"Volli provare anche con Fanini. Gli telefonai chiedendogli se la sua proposta era sempre valida. Lui mi rispose, da persona corretta, che le promesse le aveva sempre mantenute. Così passai ad Amore e Vita nella città di Capannori. Dopo essermi trasferito a Lucca andavo in ritiro con la squadra a Lido di Camaiore e non potrei mai dimenticare la sontuosa presentazione del Team in Vaticano dal Santo Padre perché Ivano è sempre stato molto religioso. Prima di trasferirmi in Italia mi fece anche da tramite per superare una crisi di coppia con la mia ex moglie. Per me fu un anno meraviglioso, presi parte alle grandi competizioni internazionali riuscendo anche a centrare la mia unica vittoria su strada che avevo sempre desiderato. Mi imposi in Canada nella 3.a tappa del Tour de Beauce e sfrecciare per primo sotto il traguardo indossando la maglia del Team che aveva sempre creduto in me fu un effetto speciale che mai potrò dimenticare."
CON IL FIGLIO LENNY IL SOGNO SFUMATO DI INDOSSARE ASSIEME LA MAGLIA DI AMORE E VITA
"Nel 2008 - prosegue Miguel - nella sede di Amore e Vita-Fanini furono fatti diversi scatti mentre tenevo in braccio mio figlio Lenny, oggi ventenne e grande promessa del ciclismo professionistico su strada. Allora aveva cinque anni e da Ivano gli fu fatta indossare la maglia di Amore e Vita prodotta su misura per lui. Il sogno del patron italiano era quello di vederci indossare assieme questi colori e per poco non ci riusciva. Nel 2020, in tempo di pandemia, chiesi a Ivano se mi riprendeva in squadra dopo due anni che mi ero ritirato dall'attività agonistica, mi pesava troppo la lontananza dalle gare e pensavo di poter dire ancora qualcosa nonostante l'età avanzata. Lui acconsentì e feci di tutto per esaudire il suo desiderio. Lenny aveva 17 anni ed avrebbe accettato, però di fronte ad una offerta di un grande team a livello mondiale come Grouprama-FDJ non poté tirarsi indietro e così svanì il progetto di Ivano che reputo un grande amico. Ci sentiamo spesso al telefono e dal 2020 ad ora sono tornato tre volte in Italia e quando succede la prima persona che vado a trovare è proprio lui: Ivano Fanini, un uomo dal cuore d'oro che ha fatto tanto per la mia famiglia e per il ciclismo in generale. Ho due figli: Lenny che a venti anni si è già messo in luce dopo aver vinto due anni fa da juniores tappa e classifica finale al Giro della Lunigiana e nel 2022 la maglia bianca al Giro d'Italia oltre a tre tappe e classifica finale da continental nel Giro della Valle d'Aosta. Quest'anno da professionista ha indossato la maglia di leader alla Vuelta. Coltiva il sogno di arrivare a vincere nei prossimi anni il Tour de France e ha le carte in regola, visto che deve ancora sviluppare muscolarmente, di riuscirci. L'altro mio figlio Andrea, più giovane di tre anni, si diverte nelle gare competitive Ultra Trail e quello ha deciso essere il suo mondo."
Ivano Fanini crede molto in Lenny: "Lenny - dice il patron lucchese - Lenny è uno scalatore puro e con la sua statura non eccessiva, leggero e dalla muscolatura reattiva. Sarà lui, ne sono sicuro, a rivincere per la Francia la Grand Boucle, dopo che l'ultimo francese ad imporsi fu Bernard Hinault nel 1985. Lenny Martinez avrà dalla sua un decennio di successi nelle corse più importanti".
Quando si parla di ciclismo c'è quasi sempre di mezzo il nome di Ivano Fanini. L'ambasciatore della città di Capannori riesce sempre a far parlare di sé anche quando non ci sono di mezzo le sue squadre. E' riuscito anche a valorizzare Miguel Martinez e soprattutto a farlo essere competitivo su strada coronando quello che era sempre stato il suo sogno. Oggi Martinez vive in una baita nella foresta della Borgogna con il lago davanti. Se non altro, oltre a farlo diventare il numero uno al mondo nelle gare sterrate, la mountain-bike è riuscita a trasmettergli la passione per la natura, trovando per vivere un angolo nascosto ancora incontaminato. Con il ciclismo ha ancora rapporti con il Tour de France, ricoprendo l'incarico di ambassador, come addetto agli sponsor e segue i bikers nella Coppa del Mondo trail.