Tanti ciclisti danesi sono venuti a correre in Italia nei decenni scorsi grazie alla collaborazione fra Ole Ritter ed il patron lucchese Ivano Fanini, un'ondata scandinava con tanta passione per il ciclismo ma che doveva emigrare per cercare la competizione e riscuotere fiducia dalle squadre dilettantistiche e professionistiche. Era un ciclismo più sentito dagli sportivi, più ricco di campioni in grado di calamitare l'attenzione e catturare tifosi. Decenni caratterizzati dalla vulcanicità di un dirigente sportivo che ha fatto la storia non soltanto del ciclismo lucchese ma anche internazionale: Ivano Fanini. Elaborando strategie di azione per potenziare le sue squadre, perché lui è l'unico al mondo ad averne fatte correre due in contemporanea per diversi anni, occupandosi di nuovi atleti, cercando sponsor e finanziamenti, tenendo rapporti con le Federazioni è riuscito da solo, perché lui è sempre stato presidente e proprietario, a far resistere le sue squadre nel professionismo per ben 37 anni consecutivi divenendo nel tempo il dirigente più vittorioso di tutti i tempi dello sport lucchese e fra i più vittoriosi di sempre del ciclismo italiano. In quella ondata di ciclisti danesi arrivati in Italia c'è Jorgen Marcussen, anche se in questo caso con Fanini trascorse gli ultimi quattro anni, per lui i più vittoriosi, nel finale di carriera.
Alto 1,85, statura non sempre ideale per i passisti scalatori come lui, Marcussen giunse in Italia nel 1972 per provare l'emozione di pedalare sulle sponde bresciane del Lago di Garda, lui che amava la bicicletta, il sole ed il clima mediterraneo rispetto a quello temperato e umido della Danimarca.
"Avevo 21 anni -dice l'ex atleta danese oggi pensionato settantaduenne, quando arrivai per la prima volta sul Garda ed un mio connazionale vedendomi andare forte mi propose di tesserarmi per una squadra. Era il mio sogno poter fare la competizione. Era il 1973 quando Ole Ritter, l'ex recordman dell'ora, e il suo massaggiatore Piero Pieroni mi presentarono all'Unione Ciclistica Lucchese diretta da Carlino Bernardini e dal lucchese Pierluigi Poli, una squadra che a quel tempo andava per la maggiore in Italia, ed iniziò da quel momento una mia lunga serie di successi fra i quali il prestigioso G.P. Ezio Del Rosso. Praticamente quando volevo smettere di correre, dopo aver fatto una trafila giovanile in Danimarca, mi si aprirono le porte ad una lunghissima carriera agonistica. Passai professionista nel 76 con la Furzi e chiusi la carriera all'età di 39 anni nell'89 con la Pepsi-Fanini".
IL PODIO DEL NURBURGRING NEL MONDIALE VINTO DA KNETEMANN AL FOTOFINISH SU MOSER
Jorgen Marcussen non impiegò molto tempo per entrare nella cerchia dei ciclisti più forti e completi. La sua soglia anaerobica e le sue fibre muscolari gli fecero emergere le qualità di passista-scalatore dimostrandole anche sulle pendenze più ripide. Gli mancava però lo spunto vincente degli ultimi chilometri, senza il quale impiegò molto tempo a vincere la prima corsa pur ottenendo piazzamenti importanti. Il più prestigioso fu il terzo posto che lo vide salire sul podio e conquistare la medaglia di bronzo nel campionato mondiale in linea sul circuito tedesco del Nurburgring nel 1978, al suo terzo anno da professionista indossando i colori della nazionale danese dopo che a livello di club era passato alla Vibor nel 77 ed alll'Avia-Groene Loeuw nel 78. L'olandese Raas promosse la fuga decisiva. Si formò in testa alla corsa un quartetto formato dallo stesso Raas, Knetemann, Moser e Marcussen. Attaccò nel finale Moser cui rispose prontamente Knetemann. I due giunsero allo sprint finale che premiò l'olandese per soli due centimetri di gomma al termine di una corsa di km. 273,7.
"Da solo mi portai all'inseguimento-ricorda Marcussen-recuperai anche 40 secondi nell'ultimo giro ma troppo tardi perchè lo sprint per il titolo se lo contesero Knetemann e Moser. Mi rimase la soddisfazione della medaglia di bronzo."
Nel frattempo la carriera del danese proseguiva cambiando squadra quasi ad ogni stagione. Indossò anche i colori della Magniflex, Inoxpran, Termolan, Metauro Mobili e Dromedario. La sua prima vittoria da professionista la ottenne con la Inoxpran al Giro d'Italia 1980, vincendo la crono individuale da Pontedera a Pisa, ma in linea non riusciva ancora a fare centro.
IN MAGLIA FANINI I SUOI ANNI MIGLIORI
A differenza di tanti suoi connazionali, cresciuti ciclisticamente con Ivano Fanini fra i quali Rolf Sorensen, contatta il patron lucchese in età avanzata. Nel 1986 a 36 anni accetta di correre per la Murella-Fanini riscuotendo la fiducia di Fanini che crede nonostante tanti lo sconsigliassero ancora nelle sue possibilità di vittoria. Una scommessa con se stesso vinta perchè l'atleta scandinavo in età avanzata riesce finalmente a vincere le prime corse. Con la Murella-Fanini nell'86 si aggiudica il Trofeo Matteotti superando nell'ordine Pierino Gavazzi e Giambattista Baronchelli i quali seguendo le orme dello stesso Marcussen rispettivamente un anno e due anni dopo passano a correre con la Fanini. Marcussen prende gusto alla vittoria e fa il bis al Giro della Danimarca aggiudicandosi la quarta tappa Post Danmark-Rundt. E' un Marcussen finalmente soddisfatto e ripagato di tanti anni di duro lavoro.
NEL 1987 VINCE LA PRE-MONDIALE DEI RECORD CON 4 ATLETI FANINI NELLE PRIME QUATTRO POSIZIONI
Nel 1987 accade un fatto unico nella storia del ciclismo mondiale. Si correva l'ultima prova indicativa, nel diramare le convocazioni azzurre per i mondiali di Villach in Austria che poi si aggiudicò l'irlandese Stephen Roche davanti a Moreno Argentin. La gara indicata era la 2.a prova Premio Sanson. Il Team Fanini, che vanta diversi record a livello mondiale, correva con due squadre. Jorgen Marcussen fece l'impresa di aggiudicarsi la gara che vide non soltanto tutto il podio faninista ma addirittura le prime quattro posizioni. Marcussen vinse per la Pepsi Fanini. Secondo posto per Roberto Gaggioli (Pepsi-Fanini); 3.o Pierino Gavazzi (Remac Fanini) e quarto Rolf Sorensen (Remac Fanini). Un fatto unico al mondo occupare le prime quattro posizioni in una pre-mondiale da parte di due squadre entrambe di proprietà della stessa persona, cioè di Ivano Fanini.
L'unico team riuscito a convincere Marcussen a non cambiare maglia per un periodo lungo quattro anni è stato quello di Fanini. Ma perchè Marcussen? Fanini cosa aveva di diverso dagli altri dirigenti ciclistici?
"Intanto devo dire che quando correvo nelle altre squadre tornavo spesso in Danimarca, non avevo la possibilità di abitare tutto l'anno nella stessa località. Fanini invece mi affidò una casa e vivevo tutto l'anno a Lucca. Capisco che per lui i costi erano maggiori ma nello stesso tempo estraeva il meglio di me perchè per una performance vincente serve concentrazione ed anche gli allenamenti risultano a volte inefficaci se un atleta deve spesso spostarsi specialmente da una nazione all'altra. Quando arrivai da Fanini nel 1986 avevo sostenuto buoni allenamenti in Danimarca assieme al mio eterno amico ed in quel caso compagno di squadra Rolf Sorensen, con il quale mi sento periodicamente al telefono tutt'ora, e la tranquillità che mi dava Fanini faceva la differenza. Lui non mi pressava e mi lasciava lavorare nel miglior modo possibile."
Quanto ha inciso Fanini nello sviluppo del ciclismo danese?
"Tantissimo. E' grazie a lui che i danesi hanno potuto correre in Italia ed ottenere tanti successi. Fanini è un grande motivatore e riesce a far tirare fuori il meglio da ogni ciclista. Lo stesso è successo anche a me".
DA CAMPIONE DEL PEDALE AD ACCOMPAGNATORE TURISTICO
Oggi Jorgen Marcussen vive stabilmente in Danimarca, ricorda con piacere la sua lunga carriera ciclistica ma non ha mai deposto del tutto la bicicletta in cantina. Terminata la carriera agonistica con Fanini, per un decennio ha fatto l'allenatore di diverse squadre compreso la nazionale danese dilettanti, terminando questo incarico nel 2010 con il Team Concordia.
"Mi sono tolto diverse soddisfazioni da allenatore. La più grande quando portai al successo Alex Pedersen nel campionato mondiale di Palermo del 1994 riservato ai dilettanti. Oggi non rinuncio alla pedalata quasi giornaliera unendomi a qualche amico. Anche in inverno non riesco a deporre la bicicletta, mentre nel periodo primaverile ed estivo conduco un gruppo di una sessantina di persone in Italia facendo loro da accompagnatore turistico. L'itinerario prevede quasi sempre una ciclopedalata nel cuore del Chianti classico, alternando vigneti alla tipica macchia toscana. "
In famiglia vive con sua moglie Karina Skibby ed ha una figlia di 21 anni. Continua a coltivare la passione per la bicicletta estraendone i suoi effetti benefici fisici e mentali.