Niv Libner, il primo atleta israeliano a competere tra i professionisti per più di una stagione, porta con sé una storia di impegno, determinazione e passione. Conquistare quattro titoli nazionali di cui due con la maglia del team Amore e Vita è stato solo l'inizio di un viaggio straordinario per questo passista scalatore dal fisico longilineo. La sua avventura nel mondo del ciclismo è stata un percorso tortuoso, costellato da sfide e difficoltà. Tuttavia, l'incontro con il team Amore e Vita della famiglia Fanini è stato un momento decisivo nella sua vita sportiva. Lì ha trovato non solo supporto sportivo, ma anche un ambiente familiare e una rosa internazionale di corridori di talento, ed il suo legame con Cristian Fanini ha rappresentato un pilastro fondamentale nello sviluppo del ciclismo in Israele. Oltre al suo percorso personale, Niv ha contribuito attivamente ad accrescere il ciclismo israeliano, dimostrando l'importanza di creare un ambiente favorevole allo sviluppo del ciclismo nel paese. Ma le gioie legate al ciclismo, oggi si sono intrecciate con le preoccupazioni per il destino del suo paese. In un momento in cui Israele è scosso dalla guerra, Niv sente il peso delle sue responsabilità come cittadino e tra le tante difficoltà, sta comunque continuando con lo sviluppo del ciclismo israeliano, non solo per sé stesso, ma per portare speranza e ispirazione al suo popolo.
D: Niv, ci puoi raccontare della tua esperienza nell'essere diventato il primo ciclista israeliano a correre nei professionisti quasi trent'anni dopo la breve parentesi del tuo connazionale Gershoni?
N.L.: "Diventare il primo israeliano a trascorrere più di una stagione da professionista (dopo Yehuda Gershoni nel 1984, che correva per la Skill) è stata una lunga avventura, costellata da molti alti e bassi. Nonostante abbia iniziato a gareggiare in giovane età, mi sono voluti molti anni per ottenere successo anche a livello locale, figuriamoci a livello internazionale. Durante il mio primo viaggio in Europa nel secondo anno di Allievi, non sono riuscito a terminare nessuna delle corse a cui avevo preso parte, trovandomi a miglia di distanza dal livello che mi ero preposto, senza capire cosa mi venisse richiesto. Ho cominciato a progredire passo dopo passo sotto la guida del mio allenatore locale. Tuttavia, intorno all'età di 20 anni ho capito che se volevo fare cose che nessun altro israeliano aveva fatto prima, dovevo scegliere una strada diversa da quelli prima di me, poiché molti di loro avevano più talento di me - eppure non erano riusciti ad entrare nel professionismo. Quindi ho ingaggiato un allenatore europeo esperto, mi sono alleato con Ran Margaliot (ex atleta della Saxo Bank di Bjarne Riis) e abbiamo corso insieme in Spagna per una stagione prima che le nostre strade si separassero. Io sono rimasto in Spagna per un'altra stagione, ottenendo lì la mia prima vittoria su suolo europeo. Un successo che mi ha aperto alcune porte."
D: Come sei entrato in contatto inizialmente con Cristian Fanini, e come si è sviluppato il percorso per portarti a correre in Italia al Team Amore e Vita della famiglia Fanini??
N.L.: "Pur non avendo alcuna connessione all'interno del mondo professionistico del ciclismo, sono riuscito a selezionare una lista di squadre, manager e contatti vari. Poi ho tradotto i miei CV in 8 lingue e li ho inviati a chiunque ritenessi rilevante. Inizialmente, Cristian è stato uno dei pochi che ha contattato, ma rispondendomi che pensava che non fossi ancora pronto. Conoscevo la storia, l'eredità e il retaggio della squadra Amore e Vita, conoscevo tutte le leggende del ciclismo che erano passate per i ranghi della società che già all'epoca era la più storica al mondo. Sapevo che sostenevano da sempre una rosa internazionale e che il loro calendario era uno dei migliori al mondo per le squadre continentali. Dopo la mia vittoria in Spagna, Cristian mi ha inviato la sua offerta ed è stato un grande onore per me e ho subito capito che era il posto giusto per sviluppare la mia carriera. Oggi mi rendo conto e soprattutto apprezzo l'importanza di quell'attesa, che mi ha permesso di acquisire sicurezza ed esperienza e conquistare una vittoria in Europa".
D: Quali sono stati i successi che ricordi con maggior emozione e soprattutto quali sono i momenti più memorabili che hai vissuto da ciclista professionista?
N.L.: "E' chiaro che la vittoria in Spagna ed i tre campionati nazionali (di cui due vinti in maglia A&V) sono stati importanti per me, però in verità il più grande successo è stato avere la possibilità di gareggiare fianco a fianco con i più grandi campioni del nostro sport, settimanalmente. Questo mi ha aiutato a gettare le basi per il prossimo capitolo della mia vita e, spero, anche ad aprire la porta per ispirare alcuni altri israeliani".
D: Negli ultimi anni Israele è cresciuto molto grazie all'avvento di una squadra World Tour come la Israel Premier Tech, del miliardario Sylvan Adams e gestita da un altro ex atleta di Amore e Vita, ovvero Kjell Carlstrom; ma prima di ciò nessuno sembrava davvero interessato nello sviluppare il ciclismo in Israele e dare opportunità ad atleti israeliani, con l'eccezione del manager Cristian Fanini. Cosa ne pensa?
N.L.: " Sì è vero. Amore e Vita è sempre stata una grande sostenitrice del ciclismo israeliano. Cristian Fanini non solo mi ha aperto le porte come ciclista e concesso opportunità che nessun altro mi aveva mai dato, ma ha anche sostenuto successivamente la squadra nazionale israeliana in molte corse in Toscana nel corso degli anni, come il Campionato del Mondo di Firenze del 2013, il Campionato Europeo di Trento del 2021, il Giro della Toscana (Donne) e altro ancora. A&V è sempre stata molto generosa nell'offrire la copertura del ciclismo israeliano con auto di squadra e attrezzature nel corso degli anni, rendendo possibili questi viaggi per noi".
D: Oltre a te, risulta che anche un altro atleta israeliano così come anche un direttore sportivo abbiano vestito i colori di Amore e Vita. Ci racconti un po' di più?
N.L.: " Poiché ho sempre considerato il mio percorso con A&V come parte del mio impegno nello sviluppo del ciclismo israeliano, mi è stato chiaro che dovevo acquisire il massimo di conoscenza ed esperienza per portare in Israele, e Fanini è stato solidale con quella visione e ha aperto le porte ad Anton Michaelov come corridore e a Ori Zur come primo DS israeliano nel mondo professionistico. Fino a quel momento nel ciclismo israeliano, non distinguevano nemmeno un DS da un allenatore... ".
D: Libner e Amore e Vita hanno fatto un altro record, e cioè quello di far condividere la stessa squadra ad un atleta Israeliano ed uno Iraniano (ovvero tu e Hossein Alizadeh), una cosa mai accaduta prima nella storia dello sport, considerando la profonda ostilità tra i due paesi. Ci puoi raccontare l'esperienza?
N.L.: "Una delle cose che ho sempre amato del nostro sport è stata l'opportunità di connettersi con persone interessanti da tutto il mondo, e sono stato molto emozionato nell'apprendere che sarei stato compagno di squadra di Hossein Alizadeh. Sfortunatamente, lui ha avuto difficoltà ad entrare in Europa e ho avuto la possibilità di gareggiare soltanto in poche competizioni con lui, tra cui il Tour di Qinghai Lake in Cina. Però non ho sentito che condividesse la stessa curiosità che avevo io e non abbiamo mai sviluppato realmente un vero e proprio rapporto, ma non ha nulla a che fare con le nostre nazionalità...tuttavia è stato bello ed importante dimostrare che attraverso lo sport si possono superare tutti i confini e le barriere anche quando sembra impossibile."
D: Raccontaci l'esperienza di aver condiviso un podio con un campione assoluto, tra i più grandi di ogni epoca come Alberto Contador.
N.L.: "Correre con Contador a Gerusalemme è stato un vero privilegio e abbastanza surreale. È stato più uno spettacolo. Un criterium da pelle d'oca, perché correre lungo le mura della città vecchia con tutti gli atleti della Saxo-Bank è stata un'esperienza unica, con tutta la mia famiglia venuta a godersi lo spettacolo. Un'esperienza davvero emozionante ed indimenticabile. E' poi Contador, oltre ad essere un campione assoluto è davvero un grande uomo con un'umiltà e carisma fuori dal comune. "
D: Tra tutte le corse a cui hai preso parte qual è stata quella che ti è piaciuta di più o che ricordi con maggior emozione?
N.L. : "Beh, ce ne sarebbero molte da citare, perché con Amore e Vita facevamo un calendario di altro livello, prendendo parte in Europa soltanto in gare professionistiche di categoria 1.1, 2.1 e HC (quelle che oggi sono denominate UCI Pro Series), ma se devo sceglierne una direi che quella che ho apprezzato di più è stata il GP Camaiore (che purtroppo da alcuni anni non organizzano più). Praticamente abitando a Lucca, a Camaiore gareggiavo sulle "mie" strade e la gara era molto sentita dai tifosi locali. Poi al via c'era sempre un parterre di atleti di caratura mondiale come Sagan, Nibali, Basso e Schleck. Era anche una corsa molto dinamica, ricca di azione con le sue salite brevi che esaltavano le mie caratteristiche. "
D: Oggi di cosa si occupa Niv Libner?
N.L.: "Oggi, dopo 8 anni da manager in Federazione Israeliana e Commissario Tecnico della nazionale femminile, alleno in un club locale e seguo personalmente alcuni atleti che competono in tutto il mondo. Uno di loro, Yonatan Uri, che ora è basato a San Baronto e corre per un club toscano, e praticamente si allena sulle stesse strade dove mi allenavo io. Svolgo anche il ruolo di manager professionista per vari eventi ciclistici. Sono basato a Tel Aviv, in Israele, ma viaggio ancora molto spesso con i miei atleti e attualmente sono in Belgio con gli Juniores per alcune corse."
D: Come stai vivendo la situazione di guerra che purtroppo sta affliggendo il tuo paese e la Palestina?
N.L.: "Uno dei valori che mi propongo di trasmettere ai miei atleti, oggi più che mai, considerata la situazione che stiamo vivendo in Israele è che le competenze di vita che acquisiamo come sportivi, poi ci accompagneranno in qualsiasi direzione sceglieremo di prendere. Io, ad esempio, come ciclista non ho mai avuto difficoltà ad essere lontano da casa, dalla mia famiglia e da mia moglie. Non ho mai faticato a uscire e fare il mio lavoro anche con il brutto tempo. La mia più grande lotta è stata l'incertezza, e affrontare l'incertezza è una competenza molto necessaria in questo preciso momento, sia come israeliano che come capofamiglia. Quindi cerchiamo di concentrarci sulle cose che possiamo controllare, mettendo in proporzione le nostre piccole lotte e ci rendiamo conto che anche in queste condizioni, siamo così fortunati ad avere tutti i sistemi di difesa che abbiamo, e che siamo in grado di stare vicino alle nostre persone care. Comunque, io e la mia famiglia siamo sempre stati abbastanza al sicuro, ma ho il cuore in frantumi nel pensare alla cattiveria che ha devastato le vite di tutte quelle persone innocenti. Ad ogni modo, c'è da dire che sentirsi al sicuro a Tel Aviv, significa andare giornalmente nei rifugi anti bombe e convivere con i continui e tremendi suoni delle esplosioni. E poi, sapere che 133 israeliani sono ancora ostaggi a Gaza ci lacera il cuore, e li portiamo nei nostri pensieri in tutto ciò che facciamo."