Caro direttore,
leggo (e condivido) la diagnosi di Marco Mastrilli circa l’esito dell’incontro, inusuale, fra Marco Rizzo, un comunista ancorato a visioni oniriche di falci e martelli, e Roberto Vannacci, il discolo in divisa che guasta i sonni di tanti concittadini, a cominciare dallo scompiglio che porta nell’idioma in cui sono cresciuti, hanno scambiato opinioni e dato consenso a partiti, hanno insegnato a scuola, hanno raccattato gente comune all’angolo della strada, indottrinata e usata come i Dubat in Somalia.
Ti rammento che fu il National Democratic Committee (casa madre i Democratici USA) che agli inizi degli anni '80 formulò una delle più fortunate mistificazioni sparate nel linguaggio di mezzo mondo: il “diversamente abile” (in inglese differently abled); in Italia l’espressione fu introdotta nel tema di una giovane allieva di una scuola toscana.
Ne nacque una serie di divieti espressivi e una esegesi pruriginosa che continua tuttora e detta le leggi della corretta espressività; se non le segui sei scorretto e abominevole.
Ti riporto un florilegio che trovo gustoso nella sua sofisticazione, nel suo esplorare il sesso degli angeli, nella sua incapacità, fino al divieto, di dire pane al pane, per cui tutti capirebbero quello che intendi e tutti potrebbero farsi una opinione. È per questo aspetto che apprezzo e invito ad apprezzare Vannacci: dire che a Genova c’è il mare e non che “esisterebbe un bacino di acqua salata che lambirebbe l’Italia Nord occidentale”.
Ecco dunque per informazione tua e dei nostri lettori, e magari per insegnamento alle anime belle, il decalogo dei “sinonimi e dei contrari” cui conformarsi se si vuole parlare in termini eticamente corretti e non usare il vocabolario della lingua italiana che non è solo volgare ma anche discriminatorio, razzista, escludente: in una parola fascista.
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Invalido, handicappato: sono termini che possono essere percepiti come riduttivi o obsoleti.
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Afflitto da, soffre di: espressioni che suggeriscono che la vita della persona sia dominata o definita dalla disabilità.
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Deforme, mutilato: pongono l’accento sulle differenze fisiche in modo negativo e dispregiativo.
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Mentecatto, ritardato: termini offensivi rivolti a persone con disabilità intellettive o di sviluppo.
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Anormale, anomalo: vengono percepiti come alienanti e peggiorativi.
Quindi non più invalidi: bisogna avvisare l’INPS che eroga tuttora obsolete pensioni di invalidità oltreché di vecchiaia.
Afflizioni e sofferenze abolite: è scorretto per il disabile affermare che soffre.
Chi è senza un braccio che non si azzardi a dirlo: il dirlo è spregiativo. Avvisare l’ONMIC (Opera Nazionale mutilati e invalidi civili) che sta usando termini dispregiativi.
il ritardato mentale resta tale, ma da oggi si chiamerà “persona con disabilità intellettive o di sviluppo”, un po’ lungo, ma vuoi mettere!
Particolarmente gustoso mi pare l’ultimo comandamento, la percezione alienante e peggiorativa del termine anomalo: dal greco “an omalòs” (non uguale). In italiano: “Che non è conforme alla regola generale, alla norma, al comportamento consueto, alla struttura tipica, e simili: per esempio la dispersione anomala della luce” (Enciclopedia Treccani). Dunque reprimenda alla luce per dispersione anomala.
Sto giocando sulle comiche incongruenze, ma non è un gioco:
il politicamente corretto riguarda tutto il mondo occidentale. Gli altri mondi usano linguaggi molto diretti: basta leggere le dichiarazioni di Xi Jin Ping su Taiwan o di Khamenei su Israele, per non parlare di altri esemplari del politicamente scorretto, però metabolizzati dalle sinistre nostrane.
Gran parte delle istanze internazionali e nazionali usano il doppio linguaggio e il doppio peso: dall’ormai compromesso ONU attraverso il Segretario Generale (tale Gutierrez), alla Corte di Giustizia Europea, agli spezzoni “impegnati” delle istituzioni italiane: i magistrati democratici che utilizzano la filiera precotta (Italia/Corte Europea/ONU), fino al dettaglio, poco noto, della magistratura militare italiana che, nel suo piccolo, dà una mano utilizzando contro Vannacci l’inusuale imputazione coatta che “si verifica quando il GIP non accoglie la richiesta di archiviazione del pubblico ministero e ordina a quest'ultimo di formulare l'imputazione nei confronti di una persona o di un reato”.
Il GIP del tribunale di Lucca lo scorso giugno aveva archiviato l’accusa di diffamazione verso un altro militare contenuta nel libro Il Mondo al contrario. Lo stesso aveva fatto la Procura militare di Roma. Invece il GIP dello stesso tribunale militare di Roma ha ordinato la inusuale imputazione coatta: il processo civile è morto a Lucca, quello militare, dato per morto a Roma è resuscitato a opera di un GIP particolarmente attento e interprete sensibile del politicamente corretto.
Dunque non è un gioco, invece c’è in gioco da tempo la libera espressione di opinioni nel rispetto del vocabolario, c’è in gioco la liceità di dire pane al pane e tu, come Vannacci, non sei ben messo, caro direttore.: datti una regolata.