Il disagio giovanile e sociale sono i temi affrontati da Vincenzo Manna in “La classe”, lo spettacolo di prosa andato in scena ieri sera (sabato 12 febbraio) a Teatro del Giglio, con la regia di Giuseppe Marini e l’interpretazione di Claudio Casadio, Andrea Paolotti, Valentina Carli, Edoardo Frullini, Federico La Pera, Caterina Marino, Andrea Monno e Gulia Paoletti
Uno spettacolo che affronta un tema attuale, quello del disagio sociale, attraverso gli occhi di una classe di recupero di una scuola di avviamento professionale in una cittadina europea, su cui incombe una crisi economica e la presenza di un campo di accoglienza per rifugiati.
Uno spettacolo innovativo, un esperimento di data storytelling, realizzato partendo da un progetto di ricerca, con la realizzazione di oltre 2000 interviste a giovani tra i 16 e i 19 anni, che ha voluto mettere al centro la relazione degli adolescenti con gli altri, intesi sia come diversi, altro da sé e la loro relazione con il tempo, inteso con la capacità di legare il presente con un passato anche remoto e con un futuro non prossimo.
Una storia che racconta uno spaccato di vita reale, ambientato nel periodo pre e post natalizio in una scuola dove troviamo il professore Albert, che cerca di fare breccia negli studenti della sua classe di recupero, sei ragazzi sospesi per motivi disciplinari, che reagiscono in maniera diversa ad un mondo difficile, che li ha resi quelli che sono, e che identificano nei rifugiati del centro di accoglienza un nemico da combattere, e un preside, che non vuole ulteriori problemi nella sua scuola.
Lo spettacolo ha saputo mantenere l’attenzione del pubblico presente, senza annoiare o diventare scontato, senza finale a lieto fine o soluzioni, ma un invito a riflettere su diverse tematiche: dagli effetti della crisi economica, alla piccola criminalità, dal disagio sociale ai conflitti sociali esistenti nelle nostre città.
Tanti applausi da parte del pubblico lucchese, in un teatro quasi al completo, segno anche di una voglia di tornare ad assistere a eventi culturali, dopo questo lungo periodo di emergenza sanitaria.