L'editore e direttore di Chiarelettere replica alle critiche ricevute dalla titolare della libreria Ubik di via Fillungo e lo fa attraverso alcune considerazioni assolutamente condivisibili:
Sempre dalla parte dei librai. Che vanno difesi, aiutati, e capiti. A cominciare dalle librerie Ubik che fanno un eccellente lavoro sul territorio e aiutano a costruire quel senso di comunità intorno ai libri che è fondamentale soprattutto in un momento come questo.
Nessuno ha in tasca la formula giusta. Conosco tanti librai che vogliono aprire e altrettanti che sono contrari. Nell’intervista concessa ad Aldo Grandi ho espresso l’augurio che le librerie aprissero non perché sia convinto che così i fatturati delle case editrici possano essere salvati ma perché tenere aperte le tabaccherie o le rivendite di vino e non le librerie mi sembra una scelta assurda, che tra l’altro ha forti controindicazioni visto che può favorire un eccesso di consumo di alcolici (fenomeno che si sta registrando). Per questo è un segnale pessimo che si da ai cittadini.
Ogni decisione del governo ha un forte significato simbolico oltreché economico. Aprire le librerie (chi non vuole può tenerle chiuse) non esclude la richiesta di aiuti finanziari al settore, aiuti che sono comunque indispensabili, altrimenti il sistema non sarà in grado di ripartire. E questo vale non solo per il mercato editoriale. Librai ed editori sono dalla stessa parte per forza. Dalla parte di chi crede nei libri come mattone su cui ricominciare a ricostruire legami di solidarietà e di progresso civile. Più le librerie stanno chiuse meno libri circolano, e questo è sempre un male, comunque.