Cultura
Da Picasso a Warhol: arriva a Lucca la mostra dedicata alle cover d’artista
Arriva a Lucca, con il patrocinio del Comune, la mostra Da Picasso a Warhol – Le vinyl cover dei…

Torna Real Collegio Estate: 32 serate da non perdere fra musica, teatro, poesia e spettacoli per bambini
È stata presentata mercoledì mattina alla città la nuova edizione di Real Collegio Estate, la rassegna che dal 9 luglio al 31 agosto farà del chiostro medievale di…

Puccini Marching Band, una rassegna di bande musicali animerà le strade e le piazze di Lucca
È stata presentata questa mattina nel bookshop del Puccini Museum – Casa Natale di piazza Cittadella la rassegna

Lucca Comics & Games, l'anno dei French Kiss in un periodo di guerre nel mondo
Si apre la road to Lucca Comics & Games 2025, il community event più grande dell'Occidente, che si terrà da mercoledì 29 ottobre a domenica 2 novembre. Per…

Un incontro alla Pecora Nera con Stefano Pierotti (quello della scultura fuori Porta Sant'Anna)
L'artista e sculture Stefano Pierotti, autore dell'istallazione "in divenire" che si trova sulla rotatoria fuori Porta Sant'Anna…

Ecco il concorso internazionale di composizione lirica da camera dedicato a Giacomo Puccini
L'Accademia Internazionale di Composizione Lirica Puccini di Lucca, in occasione del 125° anniversario della Tosca di Giacomo Puccini, è lieta di bandire il “Concorso internazionale di composizione lirica…

Lucca Historiae Fest, una terza edizione da incorniciare
Domenica si è conclusa la terza edizione del Lucca Historiae Fest, il festival organizzato…

I sistemi instabili al centro della prossima edizione di Pianeta Terra Festival: svelato il programma
Anche quest’anno Lucca si appresta a diventare teatro di una nuova edizione del Pianeta Terra Festival, evento culturale guidato da Stefano Mancuso, organizzato da Editori Laterza e sostenuto…

Festival della sintesi: geopolitica, arte e giornalismo protagonisti della prima giornata
Mercoledì 18 giugno inizia la decima edizione del Festival della sintesi che si terrà nella chiesa di Sant’Alessandro e accompagnerà il pubblico fino a sabato 21 giugno con…

Scrivere per sconfiggere il dolore
Un’antica vicinanza e un’affinità. Quasi un’alleanza quella che che ritroviamo in non pochi clinici, tra pratica medica e letteratura. Sembra quasi che per molti medici la letteratura, rappresenti…

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Riccardo Jannello “Città da sfogliare”, Tarka Edizioni, 208 pagine, 17 euro, prefazione di Marco Buticchi
Come dice il sottotitolo è un viaggio che l’autore compie in alcune città da lui visitate e che racconta con gli occhi suoi e di “scrittori che vi sono nati o le hanno amate”. Un libro che denota la forte passione di Jannello sia per il viaggio e la scoperta sia per la letteratura, nato da una serie di articoli che sono stati rivisitati e riscritti e quindi integrati da una sorta di guida nella quale in modo rapido si ricorda la biografia dello scrittore prescelto, che cosa vedere, dove mangiare e dormire, quali curiosità soddisfare e quali libri sono consigliati per una conoscenza ancora maggiore.
Le città raccontate da Jannello sono ventisei, ma i capitoli del libro 27: una di queste città è particolarmente amata da Riccardo, cioè Lisbona, che inizia il volume e che merita due capitoli, il primo dedicato a Fernando Pessoa il secondo a José Saramago, che nella sua lunga attività di giornalista Jannello ha avuto l’onore di conoscere, intervistare e infine diventarne amico. Sempre in Portogallo si trova Porto che ha dato i natali a Manoel de Oliveira, regista morto a 106 anni e cantore di quella realtà. La Spagna offre anch’essa due occasioni per raccontarla: Madrid e Javier Marais, Barcellona come scrigno della “biblioteca dei libri perduti” inventata dalla penna di Carlos Ruiz Zafon. In Francia viene dipinta Parigi con Victor Hugo e la Costa Azzurra, che Jannello racconta oltre che dal proprio punto di vista ricordando i protagonisti del decennio d’oro, ad eempio Francis Scott Fitzgerald.
Sono l’Europa e le Americhe protagoniste del volume e quindi Londra che vive grazie alle sue squadre di calcio, mentre Jannello non può esimersi di percorrere i canali di Amsterdam cercando i segni di Anna Frank; Bruxelles è quella che ha dato i natali a Marguerite Yourcenar e Magritte, Vienna rivive nel “doppio sogno” di Schnitzler, Praga va vissuta e letta con le pagine di Bohumil Hrabal, Copenhagen e Odense non possono che interpretare i segni di Hans Christian Andersen. Particolarmente suggestive le pagine che Jannello riserva a Berlino e alle isole dell’Egeo, Creta e Rodi, e qui l’autore scova la Berlino dell’inglese Christopher Isherwood e le isole del nostro troppo dimenticato Renzo Biasion. Dalle loro intuizioni e dalla curiosità di Riccardo nascono i raffronti con due film di successo ambientati nei due luoghi: “Cabaret” e “Mediterraneo” entrambi icone dei decenni scorsi. Infine in Europa la Russia di Dostoevski e Pasternak, San Pietroburgo e Mosca.
Il Sud America ha dato a Jannello la passione per la canzone e per gli autori brasiliani, e se Rio de Janeiro è la poesia di Vinicius de Moraes, Salvador de Bahia non può essere che la prosa meticcia e struggente di Jorge Amado, mentre Manaus ha un tocco italiano, quello di Paolo Sorrentino e quello di Riccardo, incantato davanti ai marmi apuani del teatro Amazonas. Parlano spagnolo la Cartagena del grande scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez e l’Avana con le sue contraddizioni rappresentate da una letteratura popolare molto profonda: Riccardo la visita, come fa ovunque, andando a cercare le cose più nascoste. E con la stessa curiosità si sale a nord. New Orleans e Tennessee Wiliams, ma anche la cucina e la musica creola; San Francisco con la beat generation; Chicago, patria di Ernest Hemingway (ma lui risuona ovunque); Filadelfia e i gialli di Michael Connelly letti sulla scalinata di Rocky e infine New York, che Jannello riconosce alal sua vista in quella raccontata da Woody Allen per immagini e da Paul Auster con la sua trilogia.
Ventisette capitoli pieni di passione per il viaggio e per la letteratura: a volte scoperta a volte rincorsa fin dall’inizio. Un modo molto intrigante per girare il mondo in modo originale e assolutamente personale, senza dimenticare i grandi che lo hanno già fatto.
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Giovanni Tommaso è nato due volte: la prima, 81 anni fa, precisamente il 20 gennaio, a Lucca, città dove ha vissuto per 18 anni, salvo poi trasferirsi a New York e, da lì, girare un po' il globo; la seconda, con il contrabbasso in mano, nel Quintetto di Lucca, un gruppo composto dal fratello Vito al pianoforte, Antonello Vannucchi al vibrafono, Gaetano Mariani alla chitarra e Giampero Giusti al batteria.
Il jazz è stato il suo padrino. D'altronde, l'orecchio non tradisce: è capace di percepire le contaminazioni del vostro accento, dopo una semplice frase. Musicista, compositore e arrangiatore, la sua carriera si è incrociata con quella di grandi artisti della canzone leggera italiana (da Morandi a Dalla, fino a Cocciante) nonché di uno dei più grandi interpreti e trombettisti del jazz mondiale: Chet Baker.
La Gazzetta ha avuto il privilegio di incontrarlo all'evento "Remember Chet" a Lucca, nella sede sussidiaria dell'archivio di stato, e non si è lasciata sfuggire l'occasione di intervistarlo.
Maestro, iniziamo dagli esordi: ci parli della sua formazione
"Io sono autodidatta. Mi sono iscritto al conservatorio quando avevo 18 anni in previsione di un trasferimento della nostra famiglia da Lucca a Firenze. Mi iscrissi al 'Cherubini' a settembre, ma il 5 dicembre mollai tutto per andare a vivere a New York. Questa la mia brevissima carriera didattica".
Lei ha mosso i primi passi nel Quintetto di Lucca. Cosa ricorda di questo storico gruppo?
"Siamo stati insieme fino al 1966, vincendo la "Coppa del Jazz" (che era la più grande competzione italiana di allora), incidendo vari dischi, accompagnando grandi musicisti e partecipando a molti festival. Una bella esperienza davvero".
Lei, oltre che musicista, è anche compositore e arrangiatore Com'è nata questa esperienza?
"Anche in questo caso, mi sono documentato da autodidatta e qualcosina sono riuscito a fare. Una volta trasferitomi a Roma, nel gennaio del 1967 - visto che si facevano pochi concerti -, ho dovuto trovare altri sbocchi nella musica: ho cominciato quindi a fare i cosiddetti 'turni', ovvero suonavo nelle session degli studi di registrazione senza sapere cosa (e con chi) avremmo suonato. Fui 'catturato' dalla Rca (nota casa discografica italiana, ndr), allora in grande ascesa, per cui passavo molte delle mie giornate lì. Ho iniziato a fare i dischi di musica leggera per i grandi della musica italiana...
Qualche nome?
Da Gianni Morandi a Lucio Dalla, fino a Mina e Rino Gaetano, passando per Ivan Graziani, Riccardo Cocciante ed Anna Oxa. Insomma, ne ho combinate. Nel mio curriculum, due album di Cocciante, di cui uno è stato in classifica per un anno (Cervo a primavera, 1980, RCA Italiana, ndr), e l'ultimo album di Rino Gaetano (E io ci sto, 1980, RCA Italiana, ndr), prima che morisse".
Ma torniamo al jazz...
"Sì, nel '69-'70, decisi di tornare al jazz full-time. Ho quindi proseguito la mia carriera formando diversi gruppi, tra cui, nel 1972, il "Perigeo", ovvero un gruppo di jazz-rock con il quale, per cinque anni, abbiamo fatto talmente bene che dal 1977, l'anno in cui io l'ho sciolto, ad oggi, la Sony (etichetta discografica statunitense, ndr) sta stampando ogni mese un vinile del nostro repertorio. Una cosa pazzesca. E due anni fa a Firenze, in piazza Santissima Annunziata, abbiamo fatto una 'one-shot reunion'".
E il rapporto con Chet Baker, come e quando nasce?
"E' nato nel 1959 quando un manager, ad un festival a Roma dove noi eravamo stati invitati a suonare, ci chiese se avremmo accompagnato Chet dopo il nostro set. Noi accettammo, ma fu problematico perché non ci disse cosa avrebbe suonato: ci mise, insomma, in grande difficoltà".
Di lì, però, le cose sono cambiate...
"Esatto. Di lì a poco avremmo fatto un tour in Italia e le cose sarebbero andate molto bene. Successivamente, dopo che Chet uscì di prigione per la ben nota condanna a Lucca, mi propose di far parte del suo gruppo e, con molto piacere, accettai. Facemmo una tournée di sei mesi, in cui, a mio avviso, dette il meglio di sé: era in una forma smagliante".
Cosa può raccontarci di questo immenso personaggio?
"Era un amicone, gioioso, con molta voglia di vivere e di godersi la vita. Giocavamo a bowling, a carte. Era un amante delle macchine veloci... Insomma, era un 'compagno di avventura'. Poi, purtroppo, lo abbiamo tragicamente perso dopo una decadenza lenta ma sicura".
Nonostante amasse così tanto la vita, la sua musica incarna proprio il 'blues' come stato d'animo interiore...
"La correggo: Chet non suonava blues, ma 'bluesy', ovvero suonava con quella vena intimistica che io definisco 'dark'. Non era orientato nella musica 'negroide', ma aveva un mood struggente, sia come cantante che come trombettista".