Cultura
Festival della sintesi: geopolitica, arte e giornalismo protagonisti della prima giornata
Mercoledì 18 giugno inizia la decima edizione del Festival della sintesi che si terrà nella chiesa di Sant’Alessandro e accompagnerà il pubblico fino a sabato 21 giugno con…

Scrivere per sconfiggere il dolore
Un’antica vicinanza e un’affinità. Quasi un’alleanza quella che che ritroviamo in non pochi clinici, tra pratica medica e letteratura. Sembra quasi che per molti medici la letteratura, rappresenti…

Marco Masini, Enrico Brignano e molto altro ancora: che estate a Capannori con “Ma la notte sì”
L’ ‘Estate Capannorese’ si apre con la ormai affermata manifestazione “...Ma la notte si’!” promossa dal Comune e organizzata da LEG Live Emotion Group con il contributo della…

Sergio Rubini, Carlo Freccero e tanti altri: che cast per il Festival della Sintesi
“Mi scuso per la lunghezza della mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve”: questo celebre aforisma di Blaise Pascal – che evidenzia l’attenzione necessaria…

Nasce il Festival Note all'Infinito: 16 concerti serali immersi nel verde del parco fluviale
È stato presentato questa mattina sul palco del Parco dell'Infinito – all'interno del Parco Fluviale del Serchio - il nuovo

Premio Mario Tobino per le scuole: giornata di festa per i vincitori
Venerdì 6 giugno, nell'auditorium della biblioteca Agorà di Lucca, si è svolta la cerimonia del 19° premio Mario Tobino per le scuole. Erano presenti Francesca Pacini - vice presidente…

'Amor che ne la mente mi ragiona': un viaggio musicale attraverso i Giubilei della storia
Sabato (7 giugno) alle 18, nel Salone arcivescovile di Lucca, la Sagra musicale lucchese propone al pubblico Amor che ne la mente mi ragiona, un concerto che attraversa…

I Misteri di via dell'Anima: il giallo di Nanni Delbecchi alla Società dei Lettori
I Misteri di via dell'Anima: il giallo di Nanni Delbecchi alla Società dei Lettori per l'assegnazione del Premio dei Lettori Lucca-Roma 2025. Appuntamento il 18 giugno a Villa Rossi (Gattaiola, Lucca). Presenta Marco Ciaurro

Lucca Teatro Festival, quasi 30 appuntamenti da giugno ad agosto: si parte con Topo Gigio
Torna in versione estiva per il sesto anno, dal 28 giugno…

Si presenta il libro di Umberto Sereni dedicato a Piero Del Frate
Si presenta mercoledì 4 giugno nell’Auditorium San Micheletto (ore 17.30), il volume “Alla Ricerca dell’Eden. Arte e cultura nelle terre di Lucchesia fra Otto e Novecento”, in…

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Un Teatro del Giglio gremito in ogni ordine di posti ha accolto con entusiasmo nel fine settimana le due recite di Giulio Cesare Händel, gratificando con applausi scroscianti a scena aperta e ripetute chiamate alla ribalta tutti gli interpreti, segno tangibile di un’interpretazione che ha saputo toccare nel profondo gli spettatori: Raffaele Pe (Giulio Cesare), Marie Lys (Cleopatra), Delphine Galou (Cornelia), Filippo Mineccia (Tolomeo), Davide Giangregorio (Achilla), Federico Fiorio (Sesto), Andrea Gavagnin (Nireno) e Clemente Antonio Daliotti (Curio). Particolarmente apprezzati il Maestro Ottavio Dantone e la sua Accademia Bizantina, che ha diretto al clavicembalo, e la regia di Chiara Muti.
L’evento si è rivelato un trionfo, rafforzando il prestigio della Stagione Lirica del Teatro del Giglio e sottolineando il valore di una proposta culturale di alto livello, capace di attrarre pubblico e critica. La soddisfazione di Giorgio Angelo Lazzarini, amministratore unico del teatro: «Un’importante conferma: l’enorme successo di pubblico Giulio Cesare di Händel dimostra che le scelte coraggiose pagano. Il pubblico lucchese ha imparato che non solo i titoli maggiori del repertorio operistico meritano di essere visti e rivisti, ma soprattutto i titoli di cui meno si è sentito parlare e magari a cui non si è mai assistito. Così aumenta la cultura, così è stato per l’Andrea Chénier di Giordano, opera comunque verista, ma soprattutto con l’opera barocca di cui il Giulio Cesare, nel nostro teatro, rappresenta la seconda tappa di un percorso virtuoso dopo il Tamerlano di Vivaldi, che fu anch’esso un grande successo. Queste sono le linee di indirizzo esemplarmente poste in essere dal Direttore Artistico Cataldo Russo, e così proseguiremo. La conclusione qual è? Che il pubblico lucchese sta crescendo in quantità e qualità insieme al suo amato Teatro del Giglio Giacomo Puccini.»
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Non vado più tanto volentieri al cinema. Non mi piacciono, mi spaesano, le multisale con il loro eccesso di offerte, né mi corrisponde la recente prassi della prenotazione dei posti tramite cellulare… Uomo del secolo scorso, e quindi con scarsa, scarsissima frequentazione con l’online, ero abituato ad altre consuetudini: una breve passeggiata, anche improvvisa, con la mia compagna fino alla sala prescelta; un’occhiata alle locandine esterne al locale per un’idea, anche se vaga, di cosa mi/ci aspettava; e solo se queste risultavano convincenti a un immaginario, il mio/il nostro, fattosi nel tempo e con l’età sempre più esigente, finalmente il biglietto, rigorosamente alla cassa e ridotto per anziani. Quello, però, che mi manca di più del mio cinema sono le sensazioni olfattive. Sì, olfattive… E mi spiego meglio: per me, spettatore dell’altro millennio, il cinema è stato soprattutto un odore, meglio un afrore… Quello del cinema, appunto. Dove cinema sta per locale angusto e precario di certe dimenticate “terze visioni” romane, oppure gli ambienti sterminati e inadatti di taluni “parrocchiali” capitolini anni ’50, espressione anch’essi, nella loro immensa vastità, delle pretese egemoniche clericali sulla società intera.
Lì trascorrevo i pomeriggi più pieni ed entusiasmanti di giornate mortificate da una scuola ottusa e feroce e dalla assenza di un qualsivoglia spazio od occasione di vita sociale.
Ero onnivoro, vedevo tutto: dai western classici alla commedia all’italiana, dalla commedia rosa alla fantascienza: Dio, quanta fantascienza ho visto fino a quindici anni! Entravo con mezz’ora d’anticipo sul primo spettacolo e uscivo poco prima dell’ora di cena… Con le ginocchia puntate sul sedile davanti in posizione quasi fetale, succhiando bruscolini (i semi di qui), biascicando gallette durissime, oggi introvabili, chiamate mostaccioli, ciancicando lacci di liquirizia ormai mitici, gli occhi, il cervello, il cuore “presi” dalla storia, al buio, regredivo a tempi prenatali. Più regredivo, più ero felice. E l’odore? Ci arrivo. Ebbene questo stato di beatitudine/ebetudine conosceva anche un deciso risvolto olfattivo, un’aulente contrappunto: eccolo, l’odore del cinema.
Era una miscela di sentori forti, di corpi non bene lavati, di vestiti da poco prezzo, di muri trasudanti umidità, di “Nazionali esportazione”, (si fumava, allora!) di segatura mai del tutto rimossa tra una rara pulizia e l’altra: direi che in tale densità aromatica non stonavano neppure i miasmi, fetiducci anzichenò, provenienti dai gabinetti dalle porte perennemente semiaperte. Un afrore struggente, di umanità, decisivo per l’alchimia che avrebbe trasformato lo spettacolo cinematografico in un magico rito collettivo.
Ora, insieme, all’aria condizionata, profumano anche la sala…
Al cinema mi reco sempre meno. Le ginocchia non riesco più a puntarle sullo schienale del sedile davanti perché le scomode poltroncine di una volta si sono a poco a poco trasformate in comodi e morbidi divani anatomici. Ai sapori dell’infanzia ho sostituito quelli più anodini della coca-cola e del pop corn e sopravvivo… Ma quel tanfetto miasmatico mi manca, Gesù, come mi manca! E il cinema non è più la stessa cosa…