Il fotografo della Gazzetta di Lucca è Ciprian Gheorghita, rumeno di nascita, italiano di adozione e non solo. Sposato, ha due figlie gemelle, Andrada e Giulia, nate entrambe in Italia e la moglie e mamma si chiama Liza Gheorghita, stesso cognome, ma non perché sono parenti, bensì perché in Romania le donne, al momento del matrimonio, scelgono di adottare quello del marito anche potendo scegliere di averli tutti e due o anche mantenere il proprio. In Romania il mondo ancora non va alla rovescia o al contrario nel senso che se una donna prende il cognome del marito non per questo si sente sminuita o meno donna. E vi garantiamo che noi, che Liza la conosciamo da oltre 20 anni, non abbiamo dubbi sulla sua capacità di essere quella che è sempre stata senza alcun timore reverenziale o senso di inferiorità. Semplicemente in Romani e nei paesi dell'Est Europa funziona così.
Ebbene, Liza Gheorghita è arrivata con il marito in Italia tanti anni fa, dopo la caduta di Ceausescu, alla ricerca di un mondo, ma, soprattutto, di un posto dove vivere meglio e potersi guadagnare il diritto a una vita decente. Non è stata facile e soltanto chi l'ha sperimentato può comprendere cosa significhi essere clandestini per almeno tre anni e, poi, lentamente, costruirsi una vita dal nulla. Servono tre ingredienti che, purtroppo, a molti italiani viziati e indolenti, non hanno: orgoglio, dignità, volontà. Liza era laureata in veterinaria, ma qui in Italia non poteva esercitare quindi, per vivere, ha dovuto fare svariati mestieri. Poi, proprio un anno fa e dopo tre anni di scuola, è riuscita a coronare il suo sogno: ottenere il diploma di infermiera veterinaria e, subito dopo, entrare a lavorare nello studio del dottor Alessandro Bianchi e di Paola Bellini ad Altopascio dove sta tutt'ora.
Ciprian e Liza non hanno mai usufruito di alcun reddito di cittadinanza, non hanno avuto chi li andava a prendere in mezzo al mare per portarli in Italia, né tantomeno a una qualsiasi frontiera, non hanno reclamato cibo diverso da quello che fa parte della nostra cucina mediterranea, non hanno rivendicato solo e solamente diritti. No, hanno, casomai, sperimentato solamente doveri. Ora, però, hanno avuto le loro soddisfazioni anche se, come dice spesso Cip, se tornassi indietro, resterei a casa mia. La pensiamo così anche noi, meglio una tazza di latte, si era soliti dire nel secolo scorso, ma dentro i propri confini.
50 anni e non sentirli o, anche se li senti, fare finta di non averli.
Tutti insieme, appassionatamente, domenica a pranzo a Villa Cheli, una delle location più belle ed esclusive della Lucchesia, con quel viale di cipressi che, perdonateci l'ardire, ricorda, in miniatura, quello ben più famoso dove i cipressi ci sono eccome e a Bolgheri van da San Guido in duplice filar. Ah, quel Carducci.
Una ventina di invitati alla corte di Mirko Citti, un amico ancor più che un cuoco di grande esperienza che conosciamo dai tempi in cui stava ai fornelli del ristorante Damiani in viale Europa. Citti è una sorta di chef iperattivo che ha una capacità di lavoro mostruosa. A Villa Cheli viaggia che è un piacere e non è un caso se il ristorante sta diventando un punto di ritrovo di chi, oltre a mangiare bene, carne e pesce, ama anche ritrovarsi coccolato e in tutta tranquillità in un ambiente caldo e, gastronomicamente, affettuoso.
Dopo uno sformatino di carote e crema di formaggio e taglieri di salumi e formaggi, un primo piatto con tagliatelle all'anatra selvatica, favolose, quindi prosciutto di maiale in bella vista e al forno con patate glassate. Il tutto da leccarsi i baffi e in grande quantità. Per chiudere, non poteva mancare la torta, una splendida crostata di frutta proveniente - poteva essere diversamente? - dalla pasticceria di Ademaro Pinelli in via Beccheria. Top.
Tutti felici e anche contenti con book fotografico sul retro della villa dove sta una meravigliosa piscina circondata dal verde.
Bello anche l'augurio di esordio del marito alla consorte: "Ti auguro di vivere e, poi, di festeggiare altri 50 anni insieme a me". Se questo non è amore...