Non sapendo come replicare, Sara D’Ambrosio (nella foto) indossa la sua consueta veste da vittima della presunta macchina del fango, dimenticando modi e termini da lei espressi prima di essere al posto che ha conquistato nel modo che tutti sappiamo. Venendo nel merito della sua evanescente e illusionistico tentativo di replica, viene da sorridere e da sperare che i cittadini di Altopascio si fermino un attimo a riflettere sulle parole di questa ineffabile persona, che si permette di distribuire valutazioni sugli altri dall’alto del suo curriculum privo di qualunque esperienza lavorativa che non derivi dalla politica.
Per quanto riguarda gli impianti sportivi altopascesi, ci piacerebbe sapere alla fine cosa avrebbe fatto, visto che quello che c’è lo ha trovato e non ha migliorato alcunché, dato che gli interventi sullo stadio di Altopascio e Badia sono giunti da finanziamenti direttamente ottenuti dal Tau Calcio. Come dimenticare la gestione della rottura del canestro della palestra di via Marconi, per il quale sono stati ignorati appelli alla manutenzione?
Del resto la lista delle promesse non mantenute è chilometrica, e volendo citare un artista adatto alla sua conduzione, potremmo scomodare Giorgio Gaber e la sua canzone “Il tutto è falso”. Venendo al palazzetto, dopo avere perso 3,5 milioni di euro di finanziamento, una persona con un minimo di dignità eviterebbe di parlarne, ma quello che fa veramente inorridire è giustificare la presenza di due progetti, costati alla collettività ben 268 mila euro. Perché due? Non bastava uno, per non farne comunque di nulla? Se era cantierabile perché non avete partecipato al bando del Fondo Coesione e Sviluppo? Crediamo che sia utile che qualcuno approfondisca questo bisogno di fare due progetti sullo stesso tema, perché non è questione normale, non credo esistano casi analoghi. Non è questa l’unica risposta vera che questa amministrazione comunale non fornisce e che tenta di coprire con effetti speciali una assoluta pochezza di idee e visione che , oltretutto, decide e fa senza ascoltare nessuno, contravvenendo alle minime norme di trasparenza e partecipazione.