Squilla il telefono. Essendo entrati in possesso di un nuovo cellulare, non abbiamo più memorizzati i numeri. Rispondiamo e, dall'altro capo del filo, la voce è perentoria: "Sono Andrea Marcucci". Restiamo sorpresi, pensando ad uno scherzo, che cosa può volere da noi il senatore con il quale non abbiamo mai avuto un feeling particolare anche se, effettivamente, anche un'altra volta ci aveva chiamato, ma non ricordiamo nemmeno perché. Sappiamo solo che con lui e il suo legale, lo straordinario avvocato Carlo Cacciapuoti, ora in pensione, abbiamo avuto un lungo e non sempre facile scontro giudiziario.
Senza tanti preamboli e riconoscendoci di aver scritto libri di un certo spessore storico e anche politico, ci dice che avrebbe piacere di inviarci la sua fatica editoriale appena uscita per Piemme, Io sono liberale, scritta con Giovanni Lamberti. Rispondiamo che va bene e che, a questo punto, recensiremo il testo. Come vuoi aggiunge. Nemmeno il tempo di riattaccare ed ecco un'altra chiamata, direttamente dal quartier generale di Barga, da parte di Marisa, la storica collaboratrice che dal 1986 segue le passioni politiche dell'ex capogruppo Pd a palazzo Madama. Vuole l'indirizzo per spedirci il libro, ringraziamo, ma siamo del parere, da sempre, che i libri si acquistano e, infatti, poco dopo, saltiamo in moto e ci rechiamo in via Fillungo dall'amica Gina Truglio della libreria Ubik dove acquistiamo il volume.
Poco più di 270 pagine con capitoli di breve durata e questo è, senza dubbio, uno dei maggiori pregi dell'opera. Già i libri di politica sono difficili da digerire per i non addetti ai lavori, figuriamoci, poi, se non si presta attenzione a renderli, quantomeno, più leggeri. Trent'anni di impegno appassionato all'interno di uello che è, indubbiamente, il palazzo dei Bradipi elevato all'ennesima potenza, un lungo viaggio vissuto tra il Transatlantico di Montecitorio sede della camera dei deputati e palazzo Madama, sede del Senato. Ma non solo. Andrea Marcucci affianca alle sue memorie politiche anche quelle personali, a partire dalla sua infanzia e adolescenza vissute in una famiglia che, partita dal nulla, è diventata una sorta di impero economico.
Saremo sinceri: l'inizio, per noi che consideriamo la politica romana e non soltanto come una sorta di accidia, non è dei migliori con quel racconto della ri-elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che notoriamente noi non stimiamo più di tanto. Incredibili i giochi di potere e le schermaglie tra gente che, chiusa nei palazzi romani, non si rende conto della vita della gente comune che di queste cose frega il giusto ossia nulla e anche giustamente.
Poi, fortunatamente, si va nella memorialistica e a nostro modesto avviso si aprono le pagine migliori, che sono quelle nelle quali Marcucci racconta le origini della famiglia, il tributo, giusto e comprensibile e, probabilmente, anche meritato, al padre Guelfo per tutto ciò che è stato capace di fare sia per se stesso, sia per il territorio della Media Valle del Serchio e la sua gente. Il senatore non tralascia nulla, affronta anche il fastidio per non dire il trauma e la persecuzione mediatica e giudiziaria, subite a seguito delle vicende relative al cosiddetto sangue infetto, conclusesi, poi, con assoluzioni a raffica.
La carriera politica di Andrea Marcucci è arrivata, ormai, alle soglie del trentennio. Giovanissimo militante del partito liberale in grado di potersi permettere una campagna elettorale costosa e impegnativa h24, riesce a sbarcare nel mondo che conta, almeno a livello politico, e non ne uscirà più, saltando dalla destra alla sinistra senza trovare, in questa impresa, alcuna contraddizione, bensì la prosecuzione di un percorso che non ha avuto ripensamenti o rimpianti, tantomeno rimorsi, quanto, al contrario, la profonda consapevolezza di essere ispirati dai principi liberali che, sin da quando si laureò con una tesi su Antonio Mordini, trovavano le loro radici nel Risorgimento.
Non sappiamo le ragioni per le quali Andrea Marcucci abbia avvertito il bisogno di mettere nero su bianco le sue memorie narrando anche in maniera approfondita del suo rapporto di fiducia-amicizia-collaborazione con Matteo Renzi e descrivendone, molto bene, il suo passaggio dalle stelle alle... stalle in brevissimo tempo. Indubbiamente e ammettiamo di averlo sottovalutato, lo spessore culturale-politico di questo ex rampollo della borghesia lucchese c'è e si è accresciuto col trascorrere degli anni. Il suo racconto scorre via veloce proprio grazie ai capitoli brevi che interessano un argomento alla volta e che permettono, così, al lettore, di non andare in apnea e di riuscire a recuperare anche per via di metodiche e terminologia non sempre facile da apprendere e comprendere se non con un certo sforzo di concentrazione.
Marcucci è finito, a suo avviso senza alcuna contraddizione, nell'universo della sinistra post comunista per portare avanti le sue esigenze riformiste e liberali. Effettivamente e glielo riconosciamo, la sua militanza all'interno del massimo partito della sinistra italiana è sempre stata considerata, anche dai militanti di stretta osservanza, un cazzotto in un occhio, ma lui non si è mai dato per vinto a riprova di un carattere e di una determinazione che, certamente, non gli fanno difetto.
Volenti o nolenti, inoltre, impossibile non riconoscere quanto questa famiglia abbia fatto - e certamente non glielo ha ordinato il dottore - per una realtà così asfittica e storicamente appartata come quella garfagnina. Guelfo Marcucci si innamorò di Castelvecchio Pascoli e da allora il barghigiano è divenuto luogo di approdo di tutti coloro che ne hanno seguito le orme.
Tornando alla vicenda politica del senatore Pd che, poi, è l'oggetto del libro e il suo maggiore interesse politico, Marcucci racconta e commenta anni cruciali e recenti del nostro Paese. Belle e condivisibili, lo ammettiamo, anche alcune sue riflessioni su derive giustizialiste che hanno interessato sia la prima sia la seconda Repubblica, ma se valgono erga omnes, dovrebbero valere anche nei confronti di un uomo come Silvio Berlusconi che di questa deriva è stato il maggiore destinatario complice una magistratura politicizzata che ben è stata descritta da Sallusti e Palamara nel loro libro best-seller.
Confessiamo che ci sorprese e non poco la decisione di Marcucci di non seguire Renzi in Italia Viva restando in un partito, il Pd, che non lo aveva mai gradito completamente e che, come bene descrive, lo aveva considerato una sorta di quinta colonna renziana al suo interno. Anche su questo Marcucci fa chiarezza e spiega le ragioni di coerenza e di fedeltà oltreché di convinzione politica per le quali è rimasto dov'era. Così come riconosce di non aver gradito, ma accettato responsabilmente, la decisione del partito di sostituirlo senza un motivo apparentemente comprensibile, come capogruppo al Senato, probabilmente per fargli scontare la troppa vicinanza a quel Matteo Renzi mai digerito completamente da quella che Marcucci e non solo definisce la ditta, ossia l'apparato del partito.
Un libro, tutto sommato, di veloce e piacevole lettura anche e, in particolare per chi, non come noi, ama conoscere i retroscena di una politica italiana che ci sembra così lontana dai reali bisogni del popolo e dalle sue reali necessità e non soltanto economiche. Marcucci è un europeista convinto, sta con gli organismi sovranazionali che devono determinare le vite degli esseri umani, appartiene, perché negarlo?, a quella fetta di mondo che guarda tutti dall'alto in basso mentre la straghrande maggioranza a malapena riesce ad alzare lo sguardo. E', in sostanza, un privilegiato anche se ciò non vuol dire che sia un usurpatore. Tutt'altro. Nel suo racconto, però, non esce bene nessuno tra i politicanti di questo sfasciato Stivale, né a destra né a sinistra. Tutti intenti a ragionare senza buonsenso, ma come se si trovassero in un metaverso dove decidere senza alcun senso di responsabilità o interesse verso le antropologiche esgenze dei governati.
Al di là del nostro pensiero, tuttavia, se qualcuno vuol capire cosa è successo a livello politico negli ultimi dieci anni, beh, questa è la testimonianza di uno che, dentro, c'è stato appieno.
A questo punto, però, ci occorre rivolgere una serie di domande ad Andrea Marcucci, domande che spiegano anche il titolo che abbiamo volutamente riservato per questo articolo. Si tratta di alcune domande tutt'altro che provocatorie e alle quali gradiremmo una sua convinta e sincera risposta.
Come alcuni ricorderanno, chi scrive venne citato in giudizio civile con una richiesta originaria di 180 mila euro di cui una parte immediatamente 'pignorabile' per aver scritto alcuni articoli giudicati denigratori e offensivi verso Andrea Marcucci e, in qualche caso, anche verso il padre Guelfo. In questa storia giudiziaria, anche Andrea Cosimini, un nostro giovane collaboratore che aveva rivolto un paio di domande all'ex sindaco di Barga, venne tirato in ballo con una richieta di risarcimento, se la memoria non ci tradisce, di circa 20 mila euro. A nostro favore si mobilitarono in tanti, a cominciare da Luca Telese e da Barbara Pavarotti. Fatta questa breve premessa, ecco le domande, a muso duro, che rivolgiamo ad Andrea Marcucci e che ci fanno, inevitabilmente e, quantomeno, dubitare della sua liberalità, non certo del suo liberismo:
1) Senatore Marcucci, come pensa di poter coniugare il suo essere convintamente liberale con l'averci obbligato, nell'accordo post-giudiziario intercorso con noi, a rimuovere tutti gli articoli indistintamente pubblicati sulle Gazzette - oltre 50 - ritenuti da un pool di legali a sua disposizione, sgraditi perché critici nei suoi confronti? Possibile che tutti quanti fossero offensivi e denicgratori? Ovviamente no, ma la vostra scelta per poter rinunciare al sequestro dei beni era questa.
2) E come ritiene di poter coniugare il suo liberalismo col fatto che nella sua televisione privata, Noi Tv, diretta dal collega Giulio Del Fiorentino, noi che siamo stati suoi collaboratori gratuitamente per anni ai tempi della Lucchese che girava l'Italia in serie C, noi che siamo autori - come lei bene ha detto - di numerose opere letterarie di richiamo nazionale, noi che abbiamo il giornale che, a Lucca, fa opinione per definizione, siamo stati banditi vita natural durante? Possibile che non ci sia di mezzo il suo zampino e che sia stata decisione autonoma di Giulio Del Fiorentino che, evidentemente, almeno fino a quando sarà direttore della Tv non farà mai più mettere piede all'autore di queste righe?
3) Nel 2016 noi attaccamo Matteo Renzi per la sua politica sull'immigrazione e il suo cedere su questo fronte in cambio di un occhio favorevole dell'Europa sui nostri malmessi conti pubblici. Usammo, effettivamente, parole forti anche se metaforiche definendo l'allora capo del Governo un traditore meritevole, simbolicamente, della sorte riservata ai traditori. Se non erriamo, lei, untamente a Dario Parrini, ci definì fascisti e annunciò provvedimenti di varia natura nei nostri confronti. Ha, forse, cambiato idea nei nostri confronti?
4) Infine, last but not least, la Gazzetta di Lucca e il suo direttore (ir)responsabile sono stati bannati-banditi dall'avere contatti con l'amministrazione comunale di Alessandro Tambellini da almeno sei anni forse anche di più. Salvo lodevoli eccezioni tra cui Valentina Mercanti oggi assessore regionale che non si è mai astenuta né vergognata dal salutarci e venire a scambiare con noi due parole. Ecco, lei che è sempre stato il referente maximo di questa giunta come ha potuto accettare questa sorta di emarginazione verso un giornale quando si definisce liberale a tutto tondo?
Allora, e qui chiudiamo, qui le cose sono due: o lei non sa quello che accade in casa sua e la cosa è, ci perdoni, gravissima oppure lo sa e fa finta di non saperlo o vederlo il che, a nostro avviso, sarebbe ancora più grave.
Riconosciamo e qui non possiamo non dirlo, di aver sbagliato nel giudicare pesantemente Guelfo Marcucci senza sapere che si trovava in condizioni di salute gravi e di aver mancato, involontariamente, di sensibilità e anche, perché no?, di educazione. Ma da qui al pretendere il ritiro di tutto quanto avevamo pubblicato sui nostri giornali in riferimento alla sua figura, ce ne corre. Il suo magistrale avvocato ritenne, dopo mesi di studio, che avessimo ordito un piano-teorema contro di lei solo perché tutti gli articoli scritti nell'arco di alcuni anni sembravano, se messi insieme, una sorta di manifesto anti-Marcucci. In realtà non era così, criticavamo il potere come abbiamo sempre fatto, destra o sinistra non ci è mai interessato e, ci consenta, in Media Valle del Serchio, Versilia e a Lucca il potere politico, ne converrà, è da lei incarnato.