Anno XI 
Mercoledì 4 Giugno 2025
- GIORNALE NON VACCINATO

Scritto da francesco pellati
Politica
02 Giugno 2025

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Caro direttore, 
l’altro ieri 60 associazioni si sono radunate a Lucca per protestare contro il “genocidio” dei palestinesi di Gaza da parte di Israele.
Hanno destato l’interesse di alcune centinaia di partecipanti per la maggior parte provenienti da fuori le mura.
C’era di tutto, anzi c’era IL TUTTO: le paludate associazioni global e quelle più modeste locali, il partitone e il partitino, il sindacato rosso, l’eterna ANPI: la sinistra resistente e mono culturale, scolastica, vescovile, meta politica e meta economica, tutta sussidiata (ha ragione il generale Burgio: “col buonismo si guadagna…..”) convenuta a Lucca per esporre le proprie ragioni in modo civile, questa volta senza scontri con i poveri poliziotti e carabinieri che prendono meritate botte da orbi perché repressori fascisti. 
C’era anche qualche esponente di spicco, almeno verbale, della opposizione comunale, unito nella difesa dei palestinesi di Hamas e di ISIS (gli altri terroristi di Gaza di cui nessuno parla), quelli che sparano alla nuca o buttano dalle finestre i palestinesi dell’OLP, quelli del missile israeliano scoppiato nel piazzale dell’ospedale Al Ahli uccidendo 500 civili e che si rivelò invece un razzo difettoso di Hamas che ne uccise 50 (sempre troppi!), quelli che oggi sparano sui civili di Gaza che prendono il pane di israeliani e americani, quelli che mettono i centri di comando sotto case, scuole, ospedali, moschee per attirare le bombe israeliane e alimentare il massacro del loro popolo e la condanna del mondo contro Israele, quelli che il Consiglio Nazionale Palestinese il 28 aprile scorso ha formalmente definito “figli di cani”. Quelli sostenuti dai feroci imam iraniani e dagli Huthi che bombardano Israele e le navi che attraversano lo stretto di Bab al-Mandab (tranne – stranamente – quelle russe e cinesi).
Forse c’era anche l’artista Pierotti, l’autore dell’albero di ferro, spoglio emblema della tristezza e della “sfiga”, con le foglie tolte in segno di protesta democratica, ma con la bandiera di Hamas e la scritta ”oggi è domenica, domani si muore”. 
Io apprezzo e mi unisco alla protesta sua e delle 60 associazioni: ogni uomo inerme ucciso è un dolore inflitto all’umanità intera, sia a Gaza che dovunque.
La apprezzerei di più se fosse meno di parte, se fosse una protesta contro il male di Gaza e di tutti gli altri massacri che avvengono nel generale silenzio, senza bandiere, senza foglie che cadono, senza proteste di piazza, senza raduni da sabato impegnato.
Cari amici sinistri, non c’è bisogno di aspettare il lunedì per morire in Corea del Nord se si è dissidenti, in Cina se si è tibetani o uiguri, in Nigeria o nel Darfur se si è cristiani, in Turchia o in Iran se si è curdi, o finire nei Gulag in Russia se si mormora contro lo zar, o nel Combinado dell’Este a Cuba se si sparla dei Castro, o nell’Helicoide, la Lubjanka  di Maduro, e così via, ricordando gli uomini e le donne che muoiono senza il pianto, senza la memoria, senza il dolore, condannati al silenzio dalla ideologia come i 7 fratelli Govoni che sono il contraltare dei 7 fratelli Cervi: quelli partigiani vittime della furia nazifascista, questi agricoltori vittime della furia comunista ad Argelato, nel triangolo rosso della ridente Emilia: morti in 14, ricordati e onorati in 7, ma tutti vittime della ideologia, la brutta bestia che induce gli uomini alle efferatezze più crudeli convinti di avere il dovere morale di estirpare i nemici dell’umanità.
Sarei felice di esserci anch’io, magari insieme a te caro direttore, in una delle belle piazze lucchesi, piena di dolore per i morti e per i vivi torturati e minacciati, senza odio, neanche verbale come quello di Stefano Addeo, il sinistro professore che, dopo aver augurato la morte ai figli di Tajani e di Salvini, ora augura alla figlia della Meloni di finire lapidata come la povera ragazzina Martina: la violenza comincia dal linguaggio e finisce coi coltelli, i kalashnikov, le bombe, le fucilazioni, i gulag, i lao gai, le prigioni politiche, gli attentati, le violenze. 
Israele brilla a Gaza, ma “gli altri” brillano in tutto il mondo, però senza condanne, immuni da colpe, con le bandiere al vento e le foglie di ferro che non cadono, in una primavera che da Kiev a Gaza, da Pechino a Pyongyang, da Teheran a Sana’a, in Africa e in sud America somiglia a un inverno della speranza di convivenza e di diritto alla vita.

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