Dunque il signor Michele Rech in arte Zerocalcare non sarà ai Lucca Comics & Games perché l’evento è stato sponsorizzato anche dalla Ambasciata di Israele in Italia. La sua sensibilità pone a lui (e ai suoi “compagni”) il “problema” di mischiarsi con gli israeliani che stanno uccidendo donne e bambini, che lanciano missili sugli ospedali, che hanno nel loro codice costitutivo lo scopo di eliminare fisicamente tutti gli islamici che vivono su questo pianeta, a cominciare dai palestinesi di Gaza.
La sua sensibilità non è sfiorata dalla strage di Hamas del 7 novembre né dai morti disseminati da decenni dal terrorismo islamico dovunque nel mondo.
Hamas e confratelli fanno quello che è scritto sulle loro carte costituenti, basta leggerle, basta sentire gli imam e gli ayatollah, leggere la fatwa dei mufti: uccidere prima tutti gli ebrei, poi tutti gli infedeli che non si convertono, compresi Michele Rech e tutti gli indignati che ingombrano le piazze occidentali.
Senza che la sensibilità del signor Rech ne sia turbata, Hamas, assieme agli altri terroristi islamici, ha preso in carico la “soluzione finale” non riuscita ad Adolfo Hitler aggiungendo all’elenco dei morituri tutti gli “infedeli”.
Basta vedere quello che sta succedendo in giro per il mondo: la caccia al singolo ebreo non perché sia colpevole di qualche malefatta, ma perché esiste, perché respira, perché vive in mezzo a noi. È simile alla caccia al cristiano, per esempio ai pacifici tifosi svedesi in trasferta a Bruxelles. Questi uccidono, noi facciamo chiose sugli omicidi.
Con l’indignazione a senso unico, con lo schieramento dei così detti intellettuali, con l’appoggio incondizionato delle sinistre mondiali (Cina, Russia in testa), con la complicità dell’ONU, con la gran cassa dei giornali, Hamas e compagni potrebbero anche riuscire nell’intento.
Ne è esempio la brutta vicenda del bombardamento del 17 ottobre scorso dell’ospedale Al Ahli di Gaza (mica di Hamas o dei palestinesi, ma della Chiesa Anglicana):
il giorno dopo la stampa “impegnata” titolava (verificare per credere):
L’Unità: “Israele rade al suolo un ospedale: centinaia di morti”.
Il Manifesto: "Senza pietà". Strage a Gaza assediata da Israele.
La Repubblica: “Colpito l'ospedale. Hamas accusa: 500 morti, è un crimine di Israele, colpevoli anche gli Usa”.
Il Fatto Quotidiano: “la mattanza di Gaza. ONU: Israele ha colpito anche la nostra scuola”.
New York Times: “missile di Israele fa strage all’ospedale Al Ahly Arabi di Gaza”.
Tutti in piazza. L’intera Turchia, mobilitata dal gaglioffo Erdogan (nostro alleato nella NATO!), Bagdad, Beirut, Rabat, Teheran, Bogotà, Porto Rico, NY, Cuba, l’Australia, l’Europa: tutto l’islamismo e il sinistrume in piazza contro il “genocida” Israele, al grido di “Intifada fino alla vittoria”.
Qualche giorno dopo si è scoperto che il razzo distruttore arrivava da Hamas: calava il silenzio tombale. Vi risulta che qualcuno ne abbia più parlato? Almeno il New York Times, capo fila mondiale della disinformazione di massa, si è scusato. In Italia neanche le scuse, solo la vergogna dell’informazione ideologica non smentita.
È un esempio di come vanno le cose: le colpe di Israele enfatizzate quando ci sono, inventate se non ci sono, le colpe di Hamas, dei suoi omologhi islamici o dei suoi padroni Ayatollah iraniani, quelli che ammazzano le ragazze che indossano “scorrettamente” il velo, non sfiorano la sensibilità né del signor Rech né dei suoi compagni.
A Gaza Hamas ha accoppato la concorrenza interna dell’OLP, ha speso oltre 30 miliardi in 15 anni per scavare gallerie, comprare armi, addestrare terroristi.
Niente strade, niente fognature, niente acquedotti, niente attività commerciali o industriali: i palestinesi vivono di sussidi che pervengono da tutte le parti del mondo, Italia compresa, sono forniti di energia elettrica e di acqua da Israele, sono carne da cannone per Hamas i cui capi sono al sicuro nelle corti medievali dei satrapi arabi o persiani.
Eppure il signor Rech si era recato a Meheser nella provincia curda di Rojava, sul confine turco/siriano, per narrare la resistenza dei curdi (e delle curde) “progressisti” che si opponevano con successo all’ISIS, al bieco Erdogan, all’Iraq, alla Siria, agli ayatollah iraniani. Ne uscì il bel racconto “Kobane Calling”: un inno al diritto di vivere, alla libertà, al progresso. Una condanna all’ISIS, sorella maggiore di Hamas.
Rech rifletteva: “Noi ce l’abbiamo un posto sicuro, chi nasce sotto l’ISIS – o circondato da esso – non ha casa, non ha patria, non ha libertà….. Ma questo non vuol dire che non dobbiamo sforzarci di apprezzare il fatto – del tutto casuale – che siamo nati dalla parte giusta del pianeta”
Bravo Rech! Chi non sottoscriverebbe queste riflessioni? Che però oggi non sembrano valere per gli ebrei né di Israele né sparsi per il mondo. Come sembra essere messo in discussione che la parte del mondo in cui noi siamo nati è quella giusta. E, se lo è, difendiamola signor Rech!
Ma invece e purtroppo il suo ”gran rifiuto” pare in sintonia con la sua visione, che è quella della sinistra “impegnata”, contraria all’occidente liberal o social democratico e alla cultura cristiana che ne è a fondamento.
La “visione” del signor Rech è sempre l’avvento del mai tramontato sole dell’avvenire, nonostante tutto, nonostante i fallimenti dovunque abbia avuto modo di risplendere.
Chiunque favorisca la caduta del sistema occidentale e l’avvento del “mondo nuovo” per Rech e compagni è il benvenuto. Come il denaro, così l’alleato alla distruzione del nostro stile di vita “non olet”.
Lo confermano la sua storia personale e le performance in Radio Onda Rossa, sul quotidiano Liberazione, organo di Rifondazione Comunista, le frequentazioni del centro sociale Csoa Xsnia di Roma, insomma un “compagno” solido, su cui però e almeno per questa volta Lucca Comics & Games non potrà contare.
Noi ce ne faremo una ragione, i suoi compagni ne avranno un rimpianto.
Nella speranza che il signor Rech e i suoi compagni cambino atteggiamento e mentalità confidiamo che il mondo sopravviva, temiamo che Hamas e confratelli continuino a tagliare gole, quanto a ebrei e a noi infedeli “io speriamo che ce la caviamo”.