I tanti appuntamenti della settimana
Anche quella che sta per cominciare è una settimana densa di tradizioni e nonostante che abbia lavorato d’ascia nel praticare tagli ai tanti avvenimenti, devo rimandare a domani, lunedì, il proseguo di questa rubrica. Sarebbe imperdonabile da parte mia, non accennare alla festa di San Marco, con le donne incubatrici, che si celebra il 25 e la festa di Santa Zita dei fiori che ricorre il 27 aprile.
Appuntamento quindi anche per domani.
Domenica della Libertà o Domenica in Albis e il Buccellato
Oggi, prima dopo Pasqua, è giorno che la Chiesa chiama “Domenica in Albis”, mentre per i Lucchesi è la “Domenica della Libertà”.
Il desiderio di autonomia è una caratteristica che distingue il lucchese da tempi immemorabili, e che ricorre come una ossessione. “Libertas” è inciso sullo stemma della città. Sulle mura c’è il “baluardo della libertà”; nella cattedrale di San Martino c’è “l’altare della libertà”. Un tempo ci fu il “Rione della libertà”.
Addirittura ci si rivolge alla Madonna dello Stellare per invocare “Libertà”, con queste parole: “Vere libera, serva nos liberos”, che significa “Tu che sei veramente libera, conserva anche noi liberi”.
E a proposito di questa condizione, imprescindibile per il Lucchese doc, non posso fare a meno di riportare una strofa del nostro Cesare Viviani, poeta dialettale:
“Alla Madonna 'un ni chièdin de' quatrini,
'un dicin che 'un ni mandi malatie,
chièdin la libbertà de' ccittadini,
perché 'un ni garbin mia le tirannie.
Dunque oggi, a Lucca si celebra la festa della Libertà, in memoria di una data importantissima e cioè l’8 aprile 1369, quando l’Imperatore Carlo IV dichiarò la nostra città libera dal giogo della signoria pisana. Non lo fece per puro spirito di liberalità, ma per il corrispettivo di centomila fiorini d’oro, una cifra iperbolica per quei tempi. Ed è Custer De Nobili, il nostro massimo poeta dialettale, che ci ricorda quel fatto:
Fegurarsi i llucchesi! Poverini!
I ppiù remasin lì come patate.
Disse ‘ualcuno de’ ppiù spiritini:
“Averlo accolto a braccia spalancate
E doverli sborsa’ tanti ‘uatrini!
O se si riceveva a torsolate?”
Dove c’è amore, c’è buccellato
In questo giorno, i fidanzati regalavano alle rispettive morose un buccellato e più grosso era, più grande era la dimostrazione d’amore. Idelfonso Nieri, uno dei maggiori cultori delle nostre tradizioni, fu testimone della creazione di un gigantesco buccellato ordinato da un innamorato che intendeva dimostrare la travolgente passione alla sua amata. Racconta: «… era così grosso che il povero fornaio per contenere l’ardenza di quel damo arrampolato, dovette smurare le boccaiole del forno … e per portarlo a casa bisognò levare le seggioline a un barroccio comune e posarlo giù nel letto pareggiato con tavole». E dove c’era amore, necessariamente, ci doveva essere buccellato, che, molto probabilmente fu creato per ricordare quella lontana domenica della Libertà, anche se il primo documento nel quale si accenna a questo nostro dolce tipico, risale al 1° marzo 1578.
La Festa della Libertà si ripete a Pieve Fosciana ed anche in questo caso ci sarebbero molti fatti da raccontare. Si celebra anche a Terreglio ed anche a Sommacolonia di Barga.
25 aprile: Festa della Liberazione.
Domani ricorre la Festa della Liberazione dell’Italia dal governo fascista e dall'occupazione nazista del paese, che si ripete dal 25 aprile 1945. E’ la Resistenza, festività dedicata al valore dei partigiani, che, a partire dal 1943, contribuirono alla liberazione del Paese. E a proposito dei partigiani, dedico due parole a “Bella Ciao”, considerata la canzone simbolo della Resistenza Italiana. In realtà “Bella ciao”, non fui mai cantata dai partigiani, unicamente perché non la si conosceva.
Questa canzone, oggi nota in tutto il mondo è la rielaborazione di “Koilen”, scritta nel 1918, ed incisa nel 1919 a New York. Ne è autore Mishka Ziganoff, ebreo, fisarmonicista, ucraino di Odessa.
In Italia fu conosciuta soltanto nel 1964, grazie a Yves Montand, originario di Fucecchio, dove fu battezzato con il nome di Ivo Livi, che la portò al successo nella versione che conosciamo.
A domani!