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Scritto da Umberto Baldocchi
lettere alla gazzetta
21 Aprile 2022

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Molto opportunamente credo, domenica si discuterà a Lucca in una conferenza di storici ed esperti di “segni e cicatrici del secolo breve in questo inizio di XXI secolo”. La pandemia e poi il ritorno della guerra in Europa sembrano riportare indietro le lancette della storia al periodo peggiore del XX secolo. Fascismo, comunismo, nazionalismo, imperialismo, tutti i peggiori “ismi” sembrano riproporsi oggi tragicamente. Bisogna tornare a combatterli?

Ma la storia - lo sappiamo - non si ripete mai nello stesso modo, anche se pretende spesso di farlo. Fascista oggi Putin che pretende di “denazificare” l’Ucraina, imperialista oggi la Russia del nuovo zar, ma anche la Cina? E la guerra “ibrida” contro l’ Ucraina, scatenata da una potenza nucleare, guidata da un ex capo del KGB che riprende la politica degli zar appoggiandosi ad una strumentalizzata Chiesa ortodossa e rivalutando la figura di Stalin, l'“affamatore” storico nel 1930/32 dell’Ucraina, come qualificarla ?

Si ha l’impressione che quelle categorie oggi rivestano contenuti diversi da quegli originari, anche se sicuramente più inquietanti. Ma qualcosa in comune col XX secolo c’è. Ed è a mio avviso qualcosa di molto profondo. C’è qualcosa di astratto e disumano lasciato in eredità dal cd. “secolo breve”. Altro che segni e cicatrici!

Forse sta arrivando ora qualcosa che i totalitarismi avevano annunciato e quasi nessuno aveva previsto. Ora cosa altro avevano annunciato i totalitarismi europei del XX secolo, se non il disastro inevitabile che si verifica laddove l’Idea prende il posto della Storia e della vita reale e laddove all’umanesimo, che richiede sempre concretezza, subentra l’Idea politica o tecnologica che si esprime sempre con l’astrazione, quella che oggi si esprime, al livello, più alto in una “guerra assoluta”, che sembra insofferente di vincoli e limiti e non sembra lasciare spazio a negoziati e tregue, ma sembra puntare ad una “vittoria finale” che somiglia sempre di più ad una “soluzione finale” ?

Una guerra in certo senso “apocalittica”, cioè rivelatrice di ciò che sta diventando la società globale, non più qualificabile con una connotazione sociale ( borghese, capitalistica, socialista, comunista ecc.) ma solo con una connotazione culturale antropologica, come “società dell’astrazione”, cioè come una società in cui strumenti tecnologici potentissimi, non più sopportati da alcuna responsabilità umana e morale, riescono a render possibile un dominio completo della realtà e consentono di esprimere una volontà di potenza nichilistica che non conosce più limiti.

E se è così la lotta per la pace, ma anche per il ripristino del dialogo umano che si chiama politica, non può allora passare non attraverso gli strumenti – di per sé inservibili - della politica o della ideologia, ma attraverso un rinnovamento dei paradigmi culturali e antropologici su cui sono costruite le relazioni umane e sociali, per espellerne la morbosità pandemica che le ha infettate. Avevamo costruito nella seconda metà del secolo breve uno strumento che doveva servire a questo: la costruzione europea, un grande mutamento istituzionale e culturale nato per assicurare giustizia e pace, ancor prima che libertà e prosperità. Il dramma è che anche questo strumento è finito per diventare una costruzione retta da principi astratti, sempre più extra-umani, ed extra-sociali, addirittura da leggi fatte da numeri, come le pianificazioni staliniste.

L’UE ha gradualmente smarrito il carattere di comunità con cui era nata e per divenire addirittura un “soggetto estraneo” per molti cittadini italiani o di altri Stati. Come avrebbe potuto ostacolare, non diciamo impedire, la guerra? E’ a questi principi che bisognerebbe ritornare, per uscire poco alla volta dalla “società dell’astrazione” che mette le cose e la tecnica sempre prima delle persone ( non lo avevamo visto anche coi fili spinati alle frontiere? non lo avevamo visto nella incuria e nell’abbandono dei sistemi sanitari pubblici?), che colloca l’“intelligenza” nelle cose e dissipa l’“intelligenza” delle persone, che distrugge quella “società della cura” che è stato sinora il vero motivo della specifica attrazione che l’ Europa ha esercitato su tutto il resto del mondo, Stati Uniti inclusi.

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