La polvere sugli attrezzi è sempre più alta. Le risate in sala e i pettegolezzi negli spogliatoi hanno fatto spazio a un silenzio assordante. Da un anno, ormai, le palestre sono un luogo dimenticato. Vuoto. Rimangono lì, in attesa del calore umano di cui hanno bisogno per vivere. La speranza si fa sempre più lontana e c'è chi ammette di svegliarsi costantemente assalito dall'amarezza.
È il caso di Claudia Davini, che assieme alla sua socia Martina Carrara, nel 2018 - un po' per gioco e un po' per scherzo - ha aperto la Pole Dance di Lucca. Non immaginavano un così grande successo, ma ancor di più una simile situazione come quella attuale.
"Quando abbiamo iniziato possedevamo soltanto sei pali, ma le persone sono aumentate velocemente e così ci siamo spostate dov'è oggi la nostra sede, in via Mattei, aumentando gli attrezzi e gli spazi - racconta Claudia con un po' di malinconia ricordando i due anni passati - Siamo arrivate ad avere 11 postazioni che poi con il Covid si sono ridotte nuovamente a sei, tre per stanza".
È quest'ultimo punto che ha lasciato la titolare senza parole quando, a ottobre, ha dovuto abbassare la saracinesca per la seconda volta. "Non riusciamo a capirne il motivo, si dovrebbe valutare caso per caso, o comunque non fare un'ordinanza identica per tutte le strutture - prosegue - I nostri pali, anche prima della pandemia, erano distanziati di due metri l'uno dall'altro e l'alcol veniva usato costantemente per riuscire a salire meglio e svolgere gli esercizi. Poi, con l'avvento del virus e le nuove regole abbiamo aumentato lo spazio, incrementato l'uso di igienizzante, imposto l'obbligo mascherina ogni vota che l'allieva non svolgeva l'attività e strutturato gli spogliatoi in maniera separata per non creare assembramenti".
Dettagli che rendono difficile dunque la diffusione del contagio. E se la data di riapertura sembra essere sempre più incerta, ciò che invece non perde di puntualità sono le spese che non hanno mai smesso di esistere: "Paghiamo gli affitti, la luce, il gas anche se non siamo aperti. Volevamo ampliare i corsi e avevamo già deciso quando e come. Oggi anche se dovessimo riaprire non so se riusciremmo a farlo - continua Claudia - Abbiamo provato con le lezioni online, ma il corso di pole dance necessita di un'assistenza fisica, non si può svolgere nel salotto di casa. C'è chi riaprirà autonomamente a marzo, proponendo lezioni individuali, ma noi stiamo ancora valutando i pro e i contro".
La loro forza sono le clienti che quotidianamente stanno accanto a Claudia e Martina con messaggi di speranza: "Sì, se non ci fossero loro sarebbe ancora più difficile andare avanti. Il loro calore è tutto ciò a cui possiamo aggrapparci e ci dona la speranza di poter tornare a fare ciò che amiamo tutte insieme - conclude Davini - Ciò che forse non si è ancora compreso è come l'attività fisica sia terapeutica. Nello specifico la pole dance, oltre a non essere un luogo di contagio, è un aiuto e non solo sotto l'aspetto fisico, ma soprattutto mentale. Conosco persone che dopo anni hanno ritrovato l'autostima grazie ai risultati ottenuti con noi e non è cosa da poco, perché avere una buona percezione di sé è la base di una vita serena".
I benefici dell'attività fisica sono innumerevoli, sotto tutti i punti di vista. Il suo svolgimento, in una struttura adeguata, è necessario per rendere completa questa funzione. Staccare la mente in palestra, in una stanza in cui la sicurezza è all'ordine del giorno, è totalmente differente dal farlo nel proprio salotto. Servono gli istruttori, servono i professionisti. Serve la socializzazione che senza nemmeno rendercene conto stiamo perdendo. Esatto, non ce ne accorgiamo, ma quella che era la normalità fino all'anno scorso si sta allontanando sempre di più dalle nostre menti. E il pericolo è che, una volta terminato questo periodo, non finisca la sensazione di paura verso il prossimo. Ricominciare a vivere, in sicurezza, è l'unico modo per non perdere la natura dell'uomo: la socialità.
Foto Ciprian Gheorghita