Castruccio, padrone della Toscana
Altopascio, estate di settecento anni or sono. Nel conflitto che oppone Lucca ghibellina a Firenze guelfa, nell’agosto 1325 la piccola guarnigione della lucchese Altopascio - appena cinquecento uomini - viene assediata da preponderanti forze nemiche, 15.000 fanti e 2500 cavalieri - provenienti da tutta la Toscana, soprattutto da Firenze e Siena - al comando di Raimondo Cardona, capitano della guardia pontificia di papa Giovanni XXII. Arresasi Altopascio alla fine del mese, Castruccio Castracani, signore di Lucca e capo riconosciuto dei ghibellini toscani, dopo aver ricevuto il rinforzo delle truppe milanesi guidate da Azzone Visconti, figlio di Galeazzo, il 23 settembre attacca le truppe guelfe e le sbaraglia, catturando quasi quindicimila prigionieri: una vittoria strepitosa. Castruccio si avvia a diventare il padrone della Toscana: una posizione dominante che gli è riconosciuta anche dall’imperatore Ludovico il Bavaro che nel 1327 lo nomina vicario imperiale. Ma chi è Castruccio Castracani degli Antelminelli, figura emergente della politica italiana ed europea in quegli anni?
Castruccio Castracani, il lucchese che anticipò i Medici
Castruccio Castracani nasce a Lucca nel 1281 da Puccia Streghi, sposa del ricco banchiere Gerio Castracani. È un borghese, Castruccio. Figlio di quel ceto comunale senza complessi, spregiudicato, abituato da tempo a gestire il potere e ad assurgere ai più alti incarichi di governo nella propria città. Guelfo bianco in origine, come Dante, per più di metà della propria esistenza, insieme alla propria famiglia conosce un destino d’esilio per motivi politici: una vicenda che gli consentirà una formazione non angustamente municipale, ma europea. L’esilio, infatti, lo vede prima in Inghilterra alla corte di Edoardo I, dove Castruccio diventa uomo. Edoardo I (1239-1307) è un grande sovrano: spezza le resistenze feudali, afferma il potere centrale monarchico, avvia una rigorosa politica di espansione territoriale, limita la giurisdizione ecclesiastica. Un modello per il futuro Signore di Lucca. Né meno utile fu la successiva permanenza di Castruccio nella Francia di Filippo IV il Bello (1268-1314): anche il re francese è un grande modernizzatore, difensore delle prerogative della monarchia e di un forte potere centrale, impegnato in un aspro scontro con le pretese universalistiche di papa Bonifacio VIII. Probabilmente rappresenta un altro punto di riferimento per il giovane Castruccio, che, mentre definisce meglio la sua appartenenza al ghibellinismo, matura l’idea di un solido potere centrale monarchico, fondato sulla forza delle armi e su una spregiudicata abilità politica. Perché questo è soprattutto Castruccio: un condottiero, un abilissimo comandante che sa unire al “mestiere delle armi”, svolto con feroce competenza e spietata professionalità, non comuni doti di iniziativa politica che due secoli più tardi lo renderanno benemerito agli occhi di Niccolò Machiavelli, che nella breve Vita di Castruccio Castracani da Lucca del 1520.riconobbe in lui non pochi tratti del suo Principe.
Non un rozzo soldataccio…
Quindi non un rozzo soldataccio di ventura, magari più abile e fortunato di altri, ma una figura affascinante, capace di fare strage non solo di soldati nemici, ma anche di cuori femminili. Un uomo che, a giudicare dalle rare immagini di lui rimaste negli affreschi del ciclo del Trionfo della Morte nel Camposanto di Pisa, appare attraente, giovane, bello e biondo, descritto dai contemporanei come arguto narratore, poeta a sua volta e abile declamatore di versi propri. Capo ghibellino, sconfigge i Guelfi di Firenze guidati da Filippo d’Angiò e i loro alleati napoletani nella battaglia di Montecatini del 1315. Dal 1316 è Signore di Lucca, soppiantando Uguccione della Faggiola grazie a una rivolta popolare. Valoroso condottiero, politico abile, fu il primo a tentare la creazione di una signoria territoriale in Toscana, come più di un secolo più tardi faranno i Medici, ma non poté proseguire nella creazione di uno stato regionale perché muore, probabilmente di malaria, nel 1328. Alla sua memoria non è giovato, certo, il fatto di essere stato ghibellino in una fase storica in cui le vicende di questa parte politica andavano decisamente declinando in Italia e il ghibellinismo si andava configurando come “famiglia perdente”, “un ramo secco” della storia, suscitando, di conseguenza, entusiasmi via via sempre più blandi e sempre più rari seguaci sia sul terreno politico, sia su quello della difesa della memoria. Non farà meraviglia, poi, che in età risorgimentale la storiografia patriottica, fin troppo nutrita di sentimenti antitedeschi, abbia rimproverato a Castruccio un accesso di contiguità agli imperatori germanici. Troppo ostile alla Chiesa, poi, Castruccio per essere apprezzato dalla storiografia neoguelfa e cattolica. Amico di sovrani, fidato luogotenente di imperatori, invincibile sul campo di battaglia, privo di scrupoli morali sul terreno politico, eppure sempre mosso da una sua fedele coerenza ai principi del ghibellinismo, Castruccio sembra davvero incarnare, forse anche meglio del duca Valentino, il Principe machiavelliano, le famose caratteristiche della “golpe” e del “lione”...