Tutto era iniziato a Novi Ligure. Primi anni Duemila, in occasione della presentazione della biografia di Giangiacomo Feltrinelli pubblicata da Baldini&Castoldi. A fine serata due persone che avevano assistito alla manifestazione, Lorenzo Fazio, direttore della collana più prestigiosa della Einaudi, quella degli Struzzi e Federico Fornaro, futuro senatore del Pd, chiesero a chi scrive se sarebbe stato interessato a passare con Einaudi per un libro della stessa collana. Einaudi era, editorialmente, la Juventus e la domanda fu, subito, se si poteva dire no alla squadra più famosa del campionato. Accettammo, così, di recarci a Torino nella storica sede di via Umberto Biancamano per un incontro con Fazio. Si era, probabilmente, nel 2000 o nel 2001. Da quel momento è nata un'amicizia e una collaborazione professionale che non si sono mai interrotte e che durano ancora oggi.
Fazio non impiegò molto tempo a comunicare quale sarebbe dovuto essere il libro da pubblicare, la storia di Potere Operaio nel quale, a malapena, ci eravamo imbattuto scrivendo di Feltrinelli. Accettammo la proposta, non potevamo fare altrimenti, ma eravamo scettici dal momento in cui dei gruppuscoli della sinistra extraparlamentare non conoscevamo granché figuriamoci, poi, del più ideologizzato e complesso. Ci venne in mente la parola 'composizione di classe', la andammo a rileggere, ma non riuscivamo a capire.
Ebbene, nacque così quella che è stata una delle più straordinarie esperienze umane, professionali, politiche ed editoriali che abbiamo mai vissuto. Iniziammo a fare quello che, 20 anni prima, avevamo fatto con la generazione che aveva vissuto il fascismo in gioventù. Cercammo nomi, trovammo telefoni, ottenemmo decine e decine di interviste girando mezza Italia. E se venti anni prima avevamo imparato a comprendere che cosa fosse stato il fascismo per una fetta di generazione cresciuta senza alcun aiuto e travolta dalla guerra, ora avevamo davanti ex giovani che volevano abbattere il sistema dopo averlo contestato. Con molti nacque una sincera amicizia e, soprattutto, la consapevolezza di quanto la storia sia frutto anche di vicende umane e non soltanto di freddi documenti certamente importanti e imprescindibili.
Ripercorremmo gli anni della contestazione arrivando fino a Rosolina, nel 1975, quando Potere Operaio si sciolse definitivamente. E studiando questo periodo, conoscemmo personaggi che avevano e hanno, critiche a parte, fatto la storia d'Italia. Uno dei primi che contattammo fu Franco Piperno, lo storico leader della Sapienza, fraterno compagno di Oreste Scalzone, ma da questi completamente diverso. Piperno era stato uno dei fondatori di Potere Operaio, ma anche uno dei suoi leader per anni, coinvolto con le Brigate Rosse, una sorta di genio politico e non solo, grande tombeur de femmes, intelligente, figlio di buona donna, affascinante, dotato di una cultura umanistica incredibile, docente di fisica. Dopo diversi colloqui telefonici e invio di testi sul suo passato, riuscimmo ad allacciare un rapporto che ci permise di conoscere meglio un periodo particolare della storia di quel periodo. Molto disponibile, molto più di Toni Negri che, all'opposto, non ci volle mai raccontare di sé e di Potop. Piperno lo conoscemmo anche attraverso uno che, frequentandolo, lo aveva conosciuto molto, ma molto più di noi: Valerio Morucci con cui allacciammo un rapporto più stretto. Del resto Morucci era stato uno dei militanti dei Gap di Feltrinelli e così approfondimmo questo aspetto.
Quando il libro uscì, La generazione degli anni perduti, storie di Potere Operaio, edito nuovamente due anni fa per Chiarelettere, il sindaco dell'epoca Pietro Fazzi accettò di presentarlo e nonostante si trattasse di un argomento decisamente di sinistra e lui, al contrario, decisamente di destra, si comportò con grande libertà di pensiero. Tra gli invitati ci fu anche Franco Piperno e a prenderlo all'aeroporto ci andò un collega, Giulio Del Fiorentino, attuale direttore di Noi Tv. Glielo avevamo chiesto come favore essendo impossibilitati a farlo noi. Ebbene Del Fiorentino, quando ci raccontò come era andata, ci disse che era rimasto, letteralmente, basito dalla cultura di Piperno il quale, per tutto il tragitto, da Pisa a Lucca, aveva affrontato la tematica legata agli aspetti religiosi della città delle Mura a partire da S. Zita per passare a S. Gemma. Un estremista che aveva letto e studiato le due sante di Lucca o, quantomeno, che ne conosceva a sufficienza?
Nei documenti che riguardavano Piperno e che fuoriuscivano dagli archivi questa sua intelligenza appariva evidente. Se avesse evitato di tuffarsi nell'estremismo, probabilmente avrebbe avuto una carriera professionale e universitari straordinaria. Anche se, alla cattedra, ci è arrivato ugualmente.
Franco Piperno è morto qualche giorno fa e quando lo abbiamo appreso siamo rimasti male. Il tempo, tuttavia, è impietoso e se anche da giovani si pensa di essere eterni o quasi, poi le cose cambiano e molte appaiono sotto una luce diversa.