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Scritto da luciano luciani
StoricaMente
04 Marzo 2025

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L’Italia entra nel secondo conflitto mondiale il 10 giugno 1940 dichiarando guerra alla Gran Bretagna e alla Francia, già invasa a nord dai tedeschi. Nell’agosto dello stesso anno le truppe italiane invadono la Somalia britannica, mentre, partendo dall’Albania, alla fine di ottobre, le divisioni italiane tentano di occupare la Grecia. Ai lutti propri di ogni conflitto si aggiungono, per le popolazioni civili, due inedite negative, novità: l’incubo dei bombardamenti e la fame. Il 30 settembre 1941 la razione giornaliera di pane viene portata a 200 grammi a testa per scendere a 150 g. nelle settimane successive. Nella primavera del 1942, dieci milioni di persone sono al di sotto del livello alimentare minimo.

È dura, per gli italiani: di più per quelli in uniforme, ma anche i civili non se la passano tanto bene. E allora come provare a sdrammatizzare realtà tanto difficili e drammatiche? Ricorrendo a un’espediente semplice squisitamente italico… Cantando! Già, cosa cantano gli italiani, donne e uomini, giovani e meno giovani, per distrarsi dai pensieri cupi e allontanare le tristezze? Per esempio, nel 1941, Mattinata fiorentina, che evoca una Firenze vagamente medioevale mai esistita, un messer Aprile rubacuori, madonne fiorentine tanto generose delle loro grazie, quanto distratte: al punto da disseminare i prati in fior delle Cascine di forcine per capelli… Un testo così poteva portarlo al successo, in tempi come quelli, solo un cantante che fosse anche un personaggio! È il caso del milanese Alberto Rabagliati, sfortunato epigone di Rodolfo Valentino, scelto dalla casa cinematografica Fox tra più di 800mila candidati a raccoglierne l’eredità. Cantante nell’orchestra “Blu Star” di Pippo Barzizza a partire dal 1930, si era esibito anche a Parigi in un complesso sudamericano. Tornato in Italia aveva conseguito un meritato successo radiofonico - ogni famiglia possiede una radio - con la celebre trasmissione “Canta Rabagliati”,1941, l’unica capace di allontanare, almeno per un po’, le preoccupazioni della guerra.

Ma, in quegli anni bui, c’è un’altra canzone, meno vacua, destinata a lasciare una traccia significativa nel cuore e nella memoria degli italiani anche delle generazioni successive. S’intitola Ma l’amore no, l’ha scritta il sempre prolificissimo Giovanni D’Anzi e sarà la colonna sonora non solo del film di Mario Mattioli Stasera niente di nuovo del 1942, ma anche di eventi epocali per il nostro Paese. Lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la caduta del fascismo, il governo Badoglio, l’armistizio, l’8 settembre, la lotta per la riconquista della dignità nazionale sono vicende destinate a rimanere nella memoria dei nonni di oggi legate alla voce triste e sensuale di una giovanissima e bellissima Alida Valli.

Poi, non farà certo meraviglia se nei giorni confusi e tormentati dell’immediato dopoguerra, testi e sonorità, parolieri e musicisti sentiranno l’esigenza di ricollegarsi con la tradizione, con la migliore tradizione nazionale, quella napoletana.

È del 1945 la dolente Munasterio ‘e Santa Chiara, che rievoca sia il terribile bombardamento della basilica partenopea dell’agosto 1943, sia i veloci e non sempre comprensibili mutamenti in corso d’opera nel costume, nei comportamenti, negli stili di vita dei napoletani, degli italiani, della gente.

Cantano Napoli e le sue rovine materiali e morali, Giacomo Rondinella e Roberto Murolo: e mai, come in questo caso, la città del golfo è veramente metafora di tutta l’Italia.

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