aldo
   Anno XI 
Giovedì 26 Dicembre 2024
- GIORNALE NON VACCINATO
scrittore
scrittore2
aldo1
scrittore1
scrittore3
scrittore4
scrittore5
storia
storia2
Spazio disponibilie
storia1

Scritto da luciano luciani
StoricaMente
09 Dicembre 2024

Visite: 547

Malacucina” era il toponimo che, a Firenze, più di mezzo millennio or sono, designava lo spazio esclusivo riservato ai tenutari, ai ruffiani, alle meretrici… San Frediano era il quartiere a più alta densità di personaggi siffatti e luoghi deputati. Designato nel gergo furbesco e malandrino del tempo come “Camaldoli” per via di un convento camaldolese ospitato proprio in quella zona. Fino al 1403 toccava a una speciale magistratura, gli Ufficiali dell’Onestà, sovraintendere alle attività connesse al sesso a pagamento, inteso come un servizio necessario alla comunità e, soprattutto, un’occupazione che, al pari e più di altre, rappresentava una fonte di lauti guadagni che potevano essere convenientemente tassati e diventare così occasione di introiti per la collettività. Gli Ufficiali, oltre a vigilare sui lupanari, sulle prostitute e i ruffiani, imporre tasse e concedere licenze, svolgevano anche visibili compiti di ordine pubblico: giravano infatti in coppia, armati e accompagnati da una scorta.

Per il trasgressivo Antonio Beccadelli, detto il Panormita, (Palermo, 1394 – Napoli, 1471), esponente di rilievo dell’Umanesimo italiano, non era Roma, ma Firenze il cuore della civiltà culturale e artistica che stava rifiorendo: e il cuore di Firenze era, secondo lui, rappresentato proprio dalle sue cortigiane. “Lì”, non lontano dal Mercato Vecchio assicurava questo letterato nomade dalla penna colta ed elegante, esisteva “un posto gioioso” dove è possibile incontrare “puttane e signore dalle quali potrete avere molti piaceri”. E non sorprenda la spregiudicatezza del Beccadelli che, tra la generale condivisione e in tutta tranquillità, era solito affermare che le cortigiane sono più utili al mondo delle monache più devote.

Abili, abilissime, le fiorentine e soprattutto le cortigiane famose, quelle che come si suole dire “facevano tendenza” in città, a mantenere ben desto il desiderio maschile, richiamandolo su zone erogene certo consuete, ma da loro sapientemente valorizzate. Per esempio, il seno spinto verso l’alto da un corsetto attillato e reso ben visibile da vertiginose scollature. Se ne lamenta, un po’ moralisticamente come suo solito, Dante, che, per bocca dell’amico letterario e avversario politico Forese Donati, condanna l’impudicizia delle sue concittadine:

O dolce frate, che vuoi ch’io dica?

Tempo futuro m’è già nel cospetto

cui non sarà quest’ora molto antica

nel qual sarà in pergamo interdetto

alle sfacciate donne fiorentine

l’andar mostrando con le puppe il petto

(Dante, Purgatorio, XXIII, 97 – 102)

Ma era nell’alcova che ai frequentatori delle cortigiane era riservata la più audace delle sorprese erotiche. Stiamo parlando dell’uso delle mutande, considerate negli anni del Magnifico Lorenzo, un indumento lussuoso e lussurioso di esclusivo monopolio delle più raffinate dispensatrici dei piaceri di Venere: calzoncini in tela bianca nella versione più semplice, intessuti d’oro e d’argento nelle situazioni di maggiore raffinatezza.

Pin It
real

RICERCA NEL SITO