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Scritto da luciano luciani
StoricaMente
14 Novembre 2024

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In occasione dell’anno bicentenario della sua nascita, merita di tornare a parlare di Antonio Ghislanzoni? Figura minore del Risorgimento politico e letterario, il Ghislanzoni (Lecco, 1824 - Caprino Bergamasco, 1893) sembra riassumere in sé tutti gli elementi di un Ottocento retorico e appassionato, romantico e scapigliato, ardito nelle speranze politiche e sociali, modesto nei risultati pratici. Nato in provincia di Lecco, è figlio di un medico ammiratore di Napoleone e di sentimenti liberali. Di carattere indocile, nel 1841 viene espulso dal seminario. Termina gli studi liceali a Pavia e qui si iscrive ai corsi universitari di medicina, presto interrotti per seguire una diversa vocazione: quella di cantante. Baritono in modeste compagnie melodrammatiche tocca i teatri italiani e francesi, incontrando raramente il successo, più spesso “i fischi, le grida, le contumelie”. Partecipe della vicenda risorgimentale su posizioni mazziniane nel ’48-’49, è costretto all’esilio in Svizzera da cui rientra avventurosamente per prendere parte alla difesa della Repubblica Romana. Preso prigioniero dai francesi sotto le mura della Città Eterna è condotto in Corsica, per trasferirsi a Parigi una volta liberato. Nel 1856 si scopre giornalista e scrittore: inizia così una frenetica attività letteraria che lo porta a collaborare con riviste e giornali, non tutti di eccelsa qualità. La critica giudica la sua produzione “ora dilettantesca ed estemporanea, ora sorvegliata e non priva di originalità”, capace di passare con facilità dalla critica letteraria e musicale alla parodia, dal romanzo sociale al racconto comico, dalle memorie autobiografiche ai libretti per i melodrammi. Ed è la Scapigliatura milanese, vivace e confusa, generosa e velleitaria il suo ambiente naturale. E le sue amicizia si chiamano Rovani e Cletto Arrighi, Praga e Boito, Tarchetti e Faldella, ovvero il cuore stesso dello sperimentalismo letterario e dello scontento politico postunitario. Ma anche un tale periodo di eccessi, letterari e non solo, è destinato a non durare a lungo. E così, Antonio Ghislanzoni, rivisitati gli eroici furori, artistici, politici, giornalistici della prima parte della sua esistenza e, a partire dalla fine degli anni Sessanta sceglie di vivere in piccole località della Lombardia profonda alla ricerca di quella tranquillità che gli era sempre mancata. Poligrafo al limite della grafomania, cantante d’opera, cospiratore e patriota, librettista di qualche fama (suo il testo drammatico per l’Aida verdiana), nel 1884 rielabora materiali di taglio avveniristico sull’onda dei successi editoriali di Jules Verne in Francia. Nasce così Abracadabra Storia dell’avvenire, uno dei primi “fossili” della fantascienza italiana, romanzo eccentrico e paradossale, appesantito, però, da troppi intenti didascalici, digressioni moraleggianti, intenti di palese, contingente, polemica politico-sociale. 
Per il resto, gondole volanti, treni che muovono tra le nuvole, piogge artificiali, gli straordinari progressi delle tecniche fotografiche, leggi alquanto cervellotiche e i progressi nella condizione della donna, non riescono a riscattare un plot ancora fortemente debitore al romanzo d’appendice ricco di colpi di scena e discutibili trovate: “il Ghislanzoni fantastica a caso senza la profetica illuminazione di un Giulio Verne o una qualsiasi preparazione scientifica”, scrive Edoardo Villa, l’ultimo dei suoi commentatori. 
Ci interessa ancora, Ghislanzoni? Intanto, direi, che è doveroso ricordare un animatore letterario e politico del nostro Ottocento a due secoli dalla sua nascita. Poi, merita di essere rammentato che, ai primordi dell’esperienza musicale di Giacomo Puccini, in almeno tre/quattro occasioni, i versi, magari non particolarmente memorabili, dell’ormai maturo librettista lombardo, fornirono trame, comunque sensate, al compositore lucchese ancora allievo del Conservatorio milanese. Ne ricordiamo almeno i titoli: Salve Regina, 1882; Ad una morta “Spirto gentil, 1883; Storiella d’amore, 1883; Melanconia, 1883 (?).

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