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Scritto da Luciano Luciani
StoricaMente
04 Dicembre 2023

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Greve il clima di umiliazione, di frustrazione e di rabbia in cui versava il nostro esercito dopo l’8 settembre ‘43. Scoramento, sfiducia e comprensibile smarrimento di ufficiali e soldati; difficoltà materiali e logistiche; confusione; reticenza e sospetto degli Alleati nei nostri confronti, tutto sembrava congiurare, per impedire che si ricostituisse anche una piccola parte dell’esercito italiano in grado di contribuire alla cacciata dei tedeschi dalla penisola.

I comandi alleati diffidavano del nostro esercito, rilevandone le precedenti prove di scarsa efficienza e insufficiente combattività. E, purtroppo, il disastro dell’8 settembre, conseguenza della viltà della corona e dall’inerzia degli alti comandi, sembrava dare ragione a tali giudizi negativi. Eppure, le prove di eroismo fornite dai nostri soldati di quella tarda estate del ’43 a Roma, in Corsica, in Grecia, in Jugoslavia testimoniavano di una rinnovata vitalità antitedesca dell’esercito italiano proprio mentre la spinta offensiva alleata, dopo lo sbarco di Salerno, si andava rapidamente esaurendo poco al di là del Sangro e si arrestava sul Garigliano e sul Rapido. Fu a quel punto che il Comando Supremo alleato finalmente permise che si ricostituisse, a Brindisi, con mezzi esclusivamente italiani, un piccolo corpo combattente, il I° Raggruppamento motorizzato.

Limitato a 5500 uomini, in massima parte volontari, il Raggruppamento risultava piuttosto eterogeneo costituito da un battaglione anticarro proveniente dalla Divisione ‘Piceno’, da tre battaglioni di fanteria, da un reggimento di artiglieria, da genieri, carabinieri, autieri, mentre il quadro ufficiali veniva completato con i giovanissimi allievi dell’Accademia Navale di Livorno. Toccava al generale Dapino il compito di riorganizzare, coordinare, amalgamare uomini dalla provenienza e dalla esperienza assai diverse, vincendo al tempo stesso disorientamenti, sfiducia, diffidenze.

Trascorso un breve periodo di addestramento presso Lecce, gli Alleati decidevano di portare in linea di combattimento il Raggruppamento Motorizzato integrato tra le truppe della V° Armata Americana agli ordini del generale Clark.

Nella notte tra il 6 ed il 7 dicembre, gli uomini di questo primo embrione di un rinnovato esercito italiano, prendevano posizione attestandosi a cavallo della importante rotabile Napoli-Cassino-Roma, sostituendosi agli ormai logorati soldati americani del 142° Reggimento.

Eravamo ormai alla vigilia del battesimo del fuoco.

Obbiettivo del Raggruppamento era la conquista di Monte Lungo, punto chiave di ogni altra successiva volontà offensiva: un dosso scabro, roccioso, privo di vegetazione saldamente tenuto dal III° Battaglione del XV° Regg. Panzergrenadiere e da esperti reparti della divisione Goering, sistemati lungo posizioni quasi imprendibili scavate nella roccia e nelle caverne. All’alba dell’8 dicembre, tra la nebbia, l’assalto: l’azione, in un primo tempo riuscita, veniva arrestata quando i soldati italiani, scoperti sul fianco sinistro e privi di un valido aiuto da parte dell’artiglieria americana, subivano un violentissimo contrattacco tedesco. Fanti e bersaglieri si inchiodavano allora sulle proprie posizioni, resistendo, attaccando di nuovo, misurandosi in feroci, cruenti corpo a corpo con gli sperimentatissimi veterani della Goering. Pur duramente provato il Raggruppamento rimaneva in linea fino al giorno 16 dicembre, quando, nel contesto di un’azione più ampia e meglio concertata, realizzava il proprio obbiettivo: la conquista della quota 343 di Monte Lungo su cui, per la prima volta nella guerra, si videro sventolare assieme il tricolore e la bandiera americana.

Da parte americana non mancarono riconoscimenti alla condotta delle nostre truppe. Così si esprime in un messaggio al comando del Raggruppamento il gen. Clark: “Desideravo congratularmi con gli ufficiali e soldati al vostro comando per il successo riportato nel loro attacco a Monte Lungo e su quota 343. Questa azione dimostra la determinazione dei soldati italiani a liberare il loro paese dalla dominazione tedesca, determinazione che può ben servire come esempio ai popoli oppressi d’Europa”. Gli fa eco il gen. Walker, comandante la 36° Divisione americana, scrivendo al gen. Dapino: “L’operazione combinata per l’occupazione di Monte Lungo, che è stata recentemente condotta a termine, è un grande successo. Il modo col quale tutte le truppe partecipanti hanno svolto il loro compito merita il più grande elogio. Nell’adempiere al loro compito operativo le vostre truppe hanno agito con grande prontezza e vigore e hanno dimostrato una ferrea volontà di battersi con il nemico”.

Anche la stampa internazionale si impadronisce della notizia del positivo esordio delle nostre Forze Armate nella guerra a fianco degli Alleati, confortando quanti, negli U.S.A e in Gran Bretagna, avevano avuto fiducia nel nostro popolo e nei suoi soldati. Lo stesso quotidiano conservatore Times, sempre fedele alla linea del governo inglese di ridimensionare la portata del contributo italiano alla guerra, non può, in una corrispondenza ‘a caldo’ del 15 dicembre, tacere della volontà di combattere e dell’eroismo dei nostri militari: “Molto è stato detto circa la prima apparizione degli italiani in linea, ed è ora possibile riconsiderare la loro prova. Hanno sofferto perdite pesanti, una circostanza che è stata messa a carico della inabilità nei primi stadi dell’attacco. Fu tuttavia una prode inabilità. Essi avanzarono per la salita, alpini e bersaglieri, marciando diritti e cantando. Incontrarono un fuoco imprevisto di mitragliatrici e mortai sul loro fianco sinistro, che ritenevano sicuro; l’errore può essere come può non essere stato loro. Essi medesimi dicono che iniziarono l’azione troppo presto dopo il loro arrivo in linea per riconoscere il terreno su cui dovevano avanzare… Nonostante le perdite sotto le mitragliatrici essi si avvicinarono tanto al nemico per venire al combattimento alla baionetta e a bombe a mano, Guadagnarono terreno, e poi dovettero ritirarsi, ma si aggrapparono a una zona del terreno che avevano guadagnato, e tuttora vi si aggrappano”.

Il prezzo pagato dai nostri soldati, in questa vicenda bellica, definita da qualcuno un secondo Monte Grappa della Patria, fu di 76 caduti, 263 feriti, 166 dispersi. Senza retorica e con la semplicità che deriva dall’essersi battuti per una causa giusta, così suona la lapide apposta presso il cimitero militare di Monte Lungo: “Quando era per i fratelli smarriti vanità sperare, follia combattere, noi soli quassù accorremmo, invitti per te cadendo, Italia!”.

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