Incazzati. Questa è la parola giusta. E schifati. Perché tutto si può accettare in questa esistenza già tribolata e tribolante, ma non la cattiveria umana, non la denigrazione fine a se stessa, non la sudicia passione per distruggere le persone. Conosciamo Roberto Vannacci da quando, poco più di un anno fa, lo abbiamo intercettato-intervistato al Bagno Biondetti e, da allora, lo abbiamo frequentato e apprezzato per la sua onestà intellettuale, sopportando la merda che, puntualmente, i colleghi invertebrati di questo universo dell'informazione a una sola dimensione, gli hanno rovesciato addosso. C'è, tuttavia, un limite che è imposto non soltanto dalla deontologia con cui il (dis)ordine dei giornalisti si riempie e si sciacqua la bocca, ma dal rispetto e dalla onestà intellettuale. Pseudo giornalisti che credono di essere alla ricerca perenne di uno scoop senza senso, che covano e coltivano verità preconfezionate, lanciano i propri strali suscitando dubbi e sospetti per infangare ogni cosa che non segue le loro aspettative e direttive, nemmeno si trattasse di una neo bocca della Verità sulla quale e con la quale decidono chi deve essere ammesso alla loro corte. Sono dei pezzenti, dei mediocri, degli squallidi interpreti di un settore, quello della comunicazione, che fa acqua da tutte le parti, che è schiavo di un politicamente corretto verniciato di rosso, che scambia informazione per obiettività, onestà per viltà, virtù per corruzione. Esempi classici di disinformazione-allusione-travisamento-invenzione con il solo e unico scopo di danneggiare politicamente e non soltanto il generale Roberto Vannacci che a noi interessa come persona ancor più che come ufficiale. Di quello che sono capaci, salvo rare eccezioni, le forze armate italiane, ne abbiamo avuto un doppio assaggio a Caporetto e l'8 settembre 1943 ed è per questo che non ci meravigliamo se l'attuale ministero della Difesa, retto da un ministro che si è inventato una laurea mai conseguita, ha sparato a zero contro uno dei suoi più alti rappresentanti. Ma di quello che sono in grado di fare i giornalisti non avevamo ancora scoperto: sono capaci di andare oltre l'inimmaginabile e, poi, dormire tra due guanciali come se niente fosse.
Noi ci vantiamo di essere stati sospesi, censurati, diffidati dall'ordine dei giornalisti per aver semplicemente scritto e detto quello che tutti pensano, ma che non si può scrivere perché il pensiero unico dominante che tutto equipara e tutto annienta omogeneizzandolo, così non vuole. Non ce ne frega niente. Siamo orgogliosi di essere quello che siamo perché se c'è da dire pane a pane e vino a vino non ci tiriamo mai indietro. L'ipocrisia è dei mediocri, la lealtà è di chi cerca la verità.
Così abbiamo deciso di recarci a Bruxelles a trovare Roberto Vannacci e a rappresentare le Gazzette è partito Loreno Bertolacci, collega della Gazzetta del Serchio che ha sempre difeso a spada tratta, per convinzione e non per piaggeria, i contenuti che Vannacci ha portato avanti nei suoi libri e nella sua attività.
Noi stiamo con Roberto Vannacci perché è l'unica e ultima novità del panorama politico italiano, perché è un uomo che ha il coraggio di dire la verità, perché è un incursore e, come tutti gli incursori, è abituato a pagare di persona quando sbaglia. Oltreché a scegliere sapendo bene che scegliendo si rinuncia sempre a qualcosa.
Le Gazzetta pubblicheranno articoli da Bruxelles per informare i lettyori che non vogliono le fette di prosciutto sugli occhi. E nemmeno sulle orecchie.