Nel 1963 Pierre Boulle scrisse il romanzo “Il Pianeta delle Scimmie” dopo aver visto il comportamento e le espressioni umane di alcuni gorilla in uno zoo.
Il romanzo nelle intenzioni dell’autore voleva essere di satira sociale, più che di fantascienza, descrivendo un mondo nel quale gli uomini, simili ad animali, sono dominati da una società di scimmie: accade, qualche volta, che i racconti anticipino la realtà.
Qualche richiamo di ominazione è necessario.
Ci siamo separati dall’orango circa 16 milioni di anni fa, dal gorilla 8/9 milioni di anni fa e dallo scimpanzé da 4/5 milioni di anni.
Dopo il distacco dallo scimpanzé ci sono stati tanti tentativi di evoluzione, in parallelo o successivi, a partire da 2 milioni di anni dopo con l’Homo - habilis, ergaster, erectus, rhodesiensis, neanderthalensis - e, poi, provando e riprovando ancora con tanti insuccessi, fino ad arrivare, 200 mila anni fa, all’homo sapiens. Noi.
Dopo tutta questa fatica durata milioni di anni condividiamo ancora il 99% della sequenza di DNA (il marchio di fabbrica)con lo scimpanzé e il bonobo, il 97% con il gorilla e il 96% con l’orango. Se non la meniamo troppo per il sottile sono, nell’ordine, i nostri fratelli, cugini, cugini di secondo grado.
E l’homo sapiens, dopo, non è che abbia fatto grandi cose per almeno 190 mila anni, anzi quasi nulla di rilevante, se non ci autoesaltiamo troppo per qualche utensile, qualche capanna e qualche scarabocchio nelle grotte.
Fino a 6 mila anni fa. Poi ci siamo impegnati e quello che è successo dopo, a grandi linee, lo sappiamo.
Senza risalire all’origine della vita, fatto 100 anni il tempo trascorso dal divorzio con lo scimpanzé e il bonobo, ci siamo dati da fare, per distinguerci dai nostri fratelli e cugini, nell’ultimo mese e mezzo. Poco.
È evidente che siamo ancora ai primi passi della nostra storia anche se siamo convinti di essere nel futuro o, meglio, siamo in un futuro troppo complicato per i cugini del gorilla. I cambiamenti degli ultimi 6 mila anni nella nostra vita non sono avvenuti di pari passo con la nostra evoluzione, troppo lenta, ma ci hanno sorpassato.
E consapevoli di non essere molto diversi da uno scimpanzé e incapaci di gestire da individui un mondo diventato improvvisamente troppo complesso, abbiamo introdotto le regole sociali: migliaia di leggi da sommare agli usi e alle consuetudini non scritte, ma codificate per limitare le derive individuali dovute ad una evoluzione allo stadio iniziale. Una montagna di condizionalità per poter far funzionare la nostra società e contenere un cervello non all’altezza del futuro.
Infatti a fronte di un QI medio dell’uomo di 100 - misurato secondo nostri parametri - attribuiamo al fratello scimpanzé un QI di 50 con punte di 70/80 e le differenze tra noi e loro non sono tanto strutturali quanto indotte dall’apprendimento. Se qualcuno non ci insegna le cose torniamo ad essere simili a un bonobo, scimmia più mansueta dello scimpanzé.
Ci accomunano ai nostri parenti stretti gli stessi istinti ancestrali di socialità della famiglia e del branco e la stessa area del cervello - l’area di Broca - che sovraintende al linguaggio parlato e gestuale. Ecco perché, a noi come a loro, piace comunicare e con loro condividiamo la passione per i social e per i media.
Credo di aver motivato a sufficienza quanto siamo simili allo scimpanzé per spiegare dal punto di vista comportamentale quanto accaduto con il Coronavirus.
Abbiamo sottovalutato sin dall’inizio, frequentando i social o i media soprattutto in questo periodo di grande attività su internet, gli scimpanzé poco meno intelligenti, ma molto più aggressivi dell’homo sapiens.
Ed è accaduto che i nostri con-primati scimpanzé - seppure con un QI solo di 50 - ci hanno conquistato con la strategia del terrore ingabbiandoci a casa nella Fase 1, come aveva immaginato Boulle 60 anni orsono, e ora nella Fase 2 ci governano, tanto noi homo sapiens, anche se abbiamo un QI di 100, siamo remissivi come i bonobo.