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Scritto da Redazione
Cronaca
26 Aprile 2020

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Abbiamo sempre avuto una grande considerazione per le forze di polizia. Indistintamente e salvo, rare, eccezioni. Pagate sulla nostra pelle. Soprattutto, non abbiamo mai mancato di far sentire loro l'appoggio di chi, osservando la realtà, ne scrive per quello che vede e non per quello che pensa. Li abbiamo visti, polizia e carabinieri, vessati e maltrattati, provocati e assaliti da decine e centinaia di teppisti che si definiscono anarchici o insurrezionalisti o militanti di estrema sinistra. Li abbiamo anche difesi quando erano, vergognosamente, dileggiati e accusati soltanto per aver cercato di applicare la legge in un mondo dove la legge procede su binari diversi a seconda di quali sono i viaggiatori. E anche qui non abbiamo avuto esitazioni. In fondo, coloro che li criticavano e massacravano, sui giornali del pensiero unico dominante, altro non agivano e scrivevano se non in nome dell'Ideologia, di chi vuole applicarla e adeguarvi la realtà e non, come dovrebbe essere, casomai, il contrario.

Questa volta, però, facciamo fatica a comprenderli e, tantomeno, a giustificarli. Assunti e pagati per combattere la criminalità - per proteggere la gente comune ossia quella che lavora, paga tasse e imposte e si danna l'anima per sopravvivere in questo mondo di ladri - durante questo assurdo e maledetto lockdown sono stati costretti a diventare i guardiani del Potere, i pasdaran di un Governo dittatoriale che ha maciullato ogni libertà costituzionale financo la più antica, importante e mai toccata: quella di lavorare.

Agenti, carabinieri, fiamme gialle e altri ancora, tutti contenti e convinti di stare operando per chissà quale missione, in realtà per fare contravvenzioni, inseguire, sanzionare, bastonare tutti coloro che, dopo quasi due mesi di carcerazione preventiva, non ce la fanno più a sopportare l'insopportabile, l'incomprensibile e l'ingiustificabile. Facile fare gli sceriffi quando, a fine mese, si ha lo stipendio garantito con tanto di accredito sul conto corrente, Coronavirus o non Coronavirus. Ma che cosa farebbero questi servitori di uno stato che, bene attenti, quando si tratta di tutelarli li abbandona a se stessi e a doversi pagare gli avvocati per potersi difendere nelle aule dei tribunali, qualora si trovassero nelle condizioni di milioni di italiani i quali non sanno più come fare ad andare avanti?

Lo abbiamo visto, il sottoscritto, Colombini Andrea e pochi altri ieri in piazza del Giglio. Sono bastati cinque minuti di presenza ed ecco l'invito a andarsene altrimenti denunce per tutti. Eppure non c'era alcun assembramento, nessuna protesta, nessuna radicalizzazione, soltanto persone che, timidamente, si erano affacciate per condividere l'amarezza e la disperazione oltreché il dissenso e la rabbia repressi per quanto stanno imponendoci, a queste latitudini, senza alcun motivo plausibile.

Cosa avrebbe dovuto fare il sottoscritto? Sdraiarsi per terra e lasciarsi trascinare via? Incitare a restare in strada e chissenefrega sapendo che lui può permetterselo perché giornalista e gli altri, invece, no? E, poi, come fai a non pensare che se fai, si fa per dire, casino, se, cioè, disobbedisci, metti nei guai anche agenti che conosci da una vita, che hai difeso mille volte e con i quali hai condiviso anni di vicinanza professionale?

Tuttavia, una profonda lacerazione si è venuta a formare all'interno della coscienza di questo scribacchino di provincia dalle assurde velleità rivoluzionarie. E' vero, abbiamo difeso le forze dell'ordine quando venivano prese di mira dai bastardi legionari del Pensiero Unico Dominante, colpiti da bastoni, sassi, catene, ma in quel caso si trattava di gente che diceva di voler rovesciare un sistema, che pretendeva di far entrare in questo Paese cani e porci soltanto perché volevano trasformarlo in un canile e in un porcile senza alcuna legge né regola. Ma questi alfieri del (dis)ordine organizzato, figli di una sinistra che detiene le leve del potere mediatico, avevano, in fondo, una possibilità di scelta. 

Ben diverso, oggi, quando a protestare, a uscire di casa, a incazzarsi, a gridare aiuto e a definire questo Governo un Governo di gente che ha messo alla fame i suoi migliori figli, sono proprio le persone che scelta non hanno perché se non lavorano non incassano e se non incassano non guadagnano (sic!) e se non guadagnano crepano. E perdono, prima di morire, l'unica cosa per la quale vale la pena di vivere persa la quale non resta altro che morire: la dignità.

Tre anni fa abbiamo difeso a spada tratta carabinieri e polizia con un articolo che, in due giorni, aveva fatto 110 mila visualizzazioni, attaccando comando generale dell'Arma e Viminale per lo stato di abbandono in cui vengono lasciati quando fanno il proprio dovere che non piace, però, ai buonisti della politica e che cosa ci abbiamo ricavato in cambio? Due sequestri preventivi, altrettante denunce per vilipendio delle forze armate e il tutto promosso da un ufficiale dei carabinieri che invece di congratularsi, ci massacrò.

Allora, care divise, di fronte alla gente che muore di fame o che morirà, probabilmente, nei prossimi mesi, dispiace, ma non ci sarà più la Gazzetta, per quel poco che vale e a quel poco che serve, a manifestare solidarietà. Abbiamo capito quel che, negli anni di piombo, un celerino disse a Guglielmo 'Billi' Bilancioni, all'epoca militante di Potop, durante un corteo: Lottate, lottate, che poi se vincete a noi ci mettono una stella rossa sopra il cappello e vi picchiamo lo stesso.

Non avete capito, cioè, che vi hanno mandato, come sempre, a fare il gioco sporco mentre loro stanno con la sedia sotto il culo a 12 mila euro al mese garantiti. Solo che questa volta il gioco sporco lo state facendo con la gente qualunque, indifesa, già prostrata da settimane di clausura che hanno mandato a puttane la loro capacità di resistenza. E' questo quello che volete veramente? Non vogliamo una risposta, ma che vi poniate la domanda.

Siamo sepolti vivi. Che è la peggiore condanna perché si può anche essere sepolti, ma da morti. 

Questa Italia, purtroppo e da sempre, è divisa in due, ma non soltanto geograficamente ché questa volta, tempi di Covid-19, almeno il sud avrebbe potuto riprendersi visto che era il nord a dover stare al palo. Invece no, anche questa volta il nord ha costretto il sud alla miseria e alla impotenza e mentre il primo sarà presto di nuovo al posto di comando, il secondo precipiterà ancora di più nella disperazione e nell'anarchia.

Divisa in due perché da un lato c'è una Italia statalista, fatta di gente che ha lo stipendio garantito qualunque cosa succeda, che vuole e può permettersi le stesse cose di chi statale non è e un'Italia produttiva, che lavora sulla propria pelle, che produce quel reddito necessario a foraggiare i parassiti della politica e i mandarini della pubblica amministrazione oltre a mantenere il settore pubblico il quale, invece di ringraziarla, la succhia come una sanguisuga, senza alcuna pietà. Dal 1 giugno, dicono, l'agenzia delle entrate invierà oltre 8 milioni di accertamenti. Avete idea? E sapete perché? Perché se non raccattano i soldi da chi lavora nel privato, non si possono pagare gli stipendi e finirebbero anche loro alla fame. Chissà, poi, se, virus o non virus, resterebbero barricati in casa senza protestare se non hanno di che mantenere i propri figli.

E allora, esattamente come nel Settecento le colonie americane si ribellarono alla madrepatria, anche oggi è valido il grido No taxation without representation (nessuna tassazione senza rappresentanza). Così cominciò la rivolta che condusse alla rivoluzione americana. Chi pagava voleva più diritti. In Italia chi paga, al contrario, non solo ha meno diritti, ma è anche spremuto come un limone da uno stato che ha visto crescere, tra le due Italia, quella più assistenzialista e garantita.

Bene gente, allora, se tutti insieme - quelli che producono ricchezza perché si spaccano la schiena dalla mattina alla sera senza sapere se, a fine mese, vedranno qualcosa - non paghiamo più le tasse e le imposte, il sistema farà la stessa fine che si auguravano i compagni marxisti dei tempi d'oro della contestazione: ossia imploderà su se stesso e sulle sue contraddizioni interne. 

Il fatto è che a Roma, questa fogna senza depuratore alcuno, mangiano in troppi anzi, mangiano tutti anche quelli che dovrebbero rappresentare i veri e unici produttori di reddito. E' la trasmissione del privilegio, una consuetudine che nessuna Tangentopoli riuscirà mai ad abbattere.

 

 

 

 

 

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