Lavorare stanca. Chi non ricorda la raccolta di poesie pubblicata nel lontanissimo 1936 da Cesare Pavese? Da allora le cose non solo non sono andate migliorando, ma, casomai, l'opposto. I ritmi frenetici che nemmeno un Cynar riuscirebbe ad evitare il logorio della vita moderna come recitava una vecchia pubblicità di Carosello, stroncano la vita quotidiana e alzi la mano chi ne è indenne. Si corre sempre più veloce per andare non si sa bene dove e si arriva alla sera senza nemmeno essersi accorti che il tempo è passato e la mattina successiva sarà, né più né meno, la stessa cosa. Lo stress è il re delle nostre giornate, l'imperatore delle nostre malattie, il sovrano della nostra infelicità. Un'iperbole? Può darsi, ma se qualche volta si sceglie di rinunciare a recitare la solita scena tutti i giorni che dio o anche qualcun altro, comandano, beh, non se ne può che trarre giovamento. O no?
Pensate un po' se una mattina di un giorno da cani, tanto per richiamarsi a quel bellissimo film di Sidney Lumet con uno straordinario e giovanissimo Al Pacino uscito nelle sale 50 anni fa, nonostante il tempo inclemente - anzi, proprio per quello - un gruppo di amici, di quelli che non si arrendono mai o che, almeno, ci provano, decide di dare un calcio alla ripetitività delle giornate, si tuffasse in una sorta di avventura gastronomico-turistico-culturale recandosi prima che chiuda i battenti per la stagione invernale, a fare colazione presso l'Augustus Hotel & Resort, una struttura da urlo a cinque stelle lusso dove il pasto più importante della giornata, almeno per gli anglosassoni, è una specie di cerimonia pantagruelica. Ebbene, il tuffo c'è stato. Eccome.
In realtà il gruppo doveva essere più robusto, ma il senso del dovere, all'ultimo momento, si è impadronito delle anime pie che hanno rinunciato e rimandato ad altri tempi dimenticando che... carpe diem, cogli l'attimo, più o meno fuggente o, meglio ancora sfuggente, perché si vive una volta sola a meno che non ci sia qualcuno che è ancora convinto che di vite ne avremo anche qualcun'altra. Per carità, opinione o anche convinzione rispettabile, ma, nel frattempo e nell'attesa di un mondo e di una vita migliori, beh, facciamo il possibile per vivere questa che, in fondo, è l'unica certa di cui possiamo provare, scientemente e scientificamente, l'esistenza.
Inutile perdersi in ciance, ne abbiamo già accennato in altro articolo e anche di recente. All'Augustus si sta non certo come le foglie sugli alberi d'autunno, ma molto, molto meglio e molto più ancorati alle comode sedie sulle quali stare durante la consumazione di un buffet che definire sontuoso è un eufemismo. C''è di tutto e c'è anche di più. Per tutti i gusti e per tutte le età. Magari non proprio per tutte le tasche, ma questo è un altro discorso.
Il direttore Umberto Grotti è una garanzia. Ci attendeva, avevamo prenotato. Sarà il nostro Cicerone e ci scorterà, a breakfast terminata, a visitare Villa Agnelli e, soprattutto, a percorrere il sottopasso che ci condurrà alla spiaggia dove si trova il Bambaissa, ex discoteca, bagno e ristorante top che completa la struttura dell'Augustus. Pensate: Edoardo Agnelli, in tempi non sospetti, riuscì a farsi fare un sottopasso che permetteva ai suoi figli e ai suoi nipoti di evitare di dover attraversare il viale a mare che si andava costruendo e che avrebbe collegato la provincia di Massa Carrara alla Versilia fino al Lido, per raggiungere l'agognata spiaggia.
E', veramente, una mattina di un giorno da cani, senza un raggio di sole, ma l'entusiasmo e l'atmosfera sono quelli di una gita di studenti liceali. Ad accogliere la truppa Emanuele Bertoni da Pietrasanta, responsabile del servizio colazione il quale ci ha preparato un tavolo all'esterno sufficientemente distante dagli altri così da non rischiare di urtare il silenzio che regna, sovrano, in questa sorta di oasi tropicale. Piante ovunque, gigantesche.
Il primo assalto alla... baionetta è, in realtà, una processione attenta e guardinga: non si sa cosa ci attende, ma si sa che non è sicuramente un pericolo annunciato, tutt'altro. Dolci dappertutto, c'è un forno nell'albergo, persino un reparto vegano, poi la frutta e se l'altra volta restammo basiti per la presenza del cosiddetto frutto della passione, ora c'è, addirittura, il dragon fruit oltre ad un cocomero così dolce che sembra impossibile vista la stagione.
Ma il salato è un regno che attira come una calamita. Il salmone è unico, con il burro demi-sel, poi, è una roba da degenerare in quantità. E le uova strapazzate? In realtà sono così delicate che di strapazzo non sembrano aver avuto alcunché. E poi formaggi, salumi, una infinità di tipi di pane.
A tavola la goliardia è di rigore. Se ci fosse un registratore, altro che esposti e querele, ma siamo in libertà. Amici miei mezzo secolo dopo.
Finalmente l'ultimo assalto con cui si riempie anche gli ultimi spazi rimasti disponibili all'interno del nostro apparato dirigente pardon, digerente. Sempre il salmone in vantaggio, ma non mancano le fragole con lo yogurt per chi sceglie di non osare o, addirittura, un po' di frutta che, al contrario, andava mangiata all'inizio. Comunque sia è giunto il momento tanto atteso: dalla gastronomia alla cultura e via verso villa Agnelli con un accompagnatore di eccezione, appunto Umberto Grotti che qui all'Augustus è da oltre dieci anni e che conosce tutti i meandri, storici e non, della struttura. Villa Agnelli è appena fuori il cancello d'ingresso dell'Augustus, vi si accede attraverso un arco che dà su uno splendido giardino dove ci sono ancora tracce tangibili di quell'epoca e di quella famiglia che ha fatto, indubbiamente,. la storia d'Italia. Mai ci era capitato di assistere a una cosa del genere: è l'unico punto per chilometri di asfalto, in cui esiste un sottopasso, nemmeno tanto claustrofobico, mediante il quale, a piedi o anche portando seco una bici, si raggiunge il versante opposto della strada. Una meraviglia così nascosta dalla vegetazione che nemmeno si immagina possa esistere.
La villa è bellissima ed è adibita anch'essa a resort con tanto di camere extralusso per chi non vuole farsi mancare alcunché. Senza sole assale la malinconia, ma il momento è da immortalare, in particolare perché, giunti al Bambaissa, ci si imbatte in quello che, una volta, era il salone adibito a discoteca all'interno di un capannone le cui soffitta sono originali e che rappresentavano il luogo in cui Edoardo Agnelli giungeva, così come il genitore Giovanni Agnelli senatore del Regno, con il suo idrovolante e dove lo parcheggiava in attesa di ripartire. Un grave incidente stroncò la sua vita, a soli 43 anni. Era il 14 luglio 1935, una domenica estiva, Edoardo era decollato proprio da Forte dei Marmi sull'idrovolante del padre, un Savoia-Marchetti S.80 pilotato dall'asso dell'aviazione Arturo Ferrarin, diretto a Genova per poi raggiungere Torino in treno. Durante l'ammaraggio all'idroscalo i galleggianti del velivolo urtarono un tronco vagante sullo specchio d'acqua e il mezzo si ribaltò. Il pilota ed Edoardo rimasero illesi, ma quest'ultimo si alzò in piedi nell'abitacolo posto sotto il motore montato su una gondola e morì colpito alla nuca dall'elica rimasta in movimento a seguito dell'incidente. Una tragedia.