A Verona, di recente, un immigrato irregolare e con precedenti – numerosi – per reati violenti, dà di testa per l’ennesima volta e aggredisce un agente della Polizia di Stato. Questo, vista la lama – magari rammentando la storia vissuta dal collega ferito gravemente nella metro di Milano e salvo per miracolo, o dal brigadiere dei carabinieri, sì quello con l’aria non troppo intelligente che invece, a Roma, non ce l’ha fatta – gli piazza tre colpi in petto con l’arma d’ordinanza. Considerazioni:
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il poliziotto era addestrato bene: 3 colpi esplosi e tutti a bersaglio grosso. Non v’è cinismo in tale constatazione: lo paghiamo per difenderci e ha dimostrato di saperlo fare. Il dato ha una sua impertinente pertinenza;
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nulla da dire sul magistrato che ha indagato il tutore dell’ordine. La legittima difesa o l’uso legittimo delle armi vanno riconosciute in giudizio, non da me o al bar dello sport dei social.
Mi dedico invece ad altro, alla solita pletora di soloni, abbigliati in casual chic, con giacca di tweed, camicia a piccoli scacchi, cravatta – a volte presente – intonata in lanetta, capello distrattamente scarmigliato, sciarpa di cachemire, Clarks, pantalone di velluto a piccole coste. Quelli con sguardo perduto e suadente, che se una lama gliela puntano gli si sciolgono le budella.
Naturalmente per questi saggi del salotto buono della cultura l’immigrato, irregolare e con numerosi precedenti – ormai è un mantra e i tre concetti si possono spesso incollare l’uno all’altro, come certe “cravatte intonate alle camicie”, doveva essere curato e integrato, e invece – per far rima – gli hanno sparato. Ebbene. non ce l’ho manco con loro: ignorano.
Non ci si son mai trovati con uno incazzato nero che agita coltello, machete, piccone, e ti vuol sfondare e affettare petto e cranio. Loro frequentano solo gente perbene dei centri sociali, con l’occhialetto cerchiato in oro, che aborrisce la violenza, come tutti ben sanno.
Non sanno invece che quando stai lì, e magari hai trascorso ore a immaginarti in quel frangente, come il collega cui non è andata del tutto bene, una serie di domande te le sei fatte, e hai dato pure una risposta: “a me no!”
Non sanno che il tempo per decidere cosa sia giusto o meno fare è ridotto al minimo, comunque meno di quello che avrà un magistrato per decidere se fu legittima difesa o meno, meno di quello che hai tu – solone – per dire cosa dovrebbe fare il policeman nostrano, meno di quello del giornalista iper-presenzialista dei talk show, pagato per dire che sia errato tutto ciò che alla maggioranza di governo e dei votanti alle politiche nostrane ed europee, potrebbe andare bene.
Non sanno che quella coltellata, se entra in petto o nell’addome, ti squarcia come un agnello, ti lede qualche arteria e vena che spurgherà un bel botto di sangue, ti macella fegato o stomaco o pancreas, e se ne esci vivo nulla sarà come prima. Non sanno che la moglie, la fidanzata, il marito, il figlio, magari non li vedrai più. Loro invece lo vedranno per sempre il loro morto, in quell’ultima volta che li ha salutati uscendo di casa, e in quella foto che porranno sulla lapide della sua tomba.
E allora, sapete, verrebbe una gran voglia di riunire questi soloni, magari capitanati da chi nulla ha da dire se macellano il brigadiere dei carabinieri o il poliziotto a Milano, ma deplora due manganellate – quelle sì – ben date anche perché nessuno straziano e mandano ai cipressi. Metterli in un bel cinema d’essai, quelli da dotti cineforum che tanto gradiscono, con l’intervallo allietato da un bicchiere di Sangiovese e due tartine di rustico salame e grana, e fargli scorrere davanti una bella serie di foto di gente in uniforme massacrata.
E magari poi cercare di spiegargli tutto ciò che succede fra percezione della situazione di pericolo, pompaggio di sangue e adrenalina, pupille che si dilatano, respiro e battito cardiaco che s’intensificano, e reazione. Quest’ultima nell’ambito di quanto più o meno consentito dalla legge. Che spetterà al giudice valutare. Non a loro.
E che se devono proprio dire che il fatto è stato determinato dall’aver sottoposto a controllo – spinti da razzismo – un uomo con la pelle “d’un altro colore”, provino a pensare che normalmente si deve controllare chi costituisce maggior pericolo per il vivere sociale, non i vecchietti di 80 anni, o i bimbetti di 5. E anche siu tale argomento le statistiche sono eloquenti.