È di pochi giorni orsono la salace e puntuale esternazione del ministro della Difesa Guido Crosetto, che da un lato informa l’inclito pubblico che sta accarezzando l’idea di realizzare a fine mandato un libro sul fenomeno dei figli di personaggi politici assunti nei servizi di sicurezza, i volgarmente definiti “servizi segreti”. Dall’altro un’informazione sufficiente l’ha data in quanto, pur non scendendo in particolari con nome, cognome e patronimico d’omerica memoria, ci fa sospettare che ve ne siano, in numero tale da non poter essere considerato “normale” nella vannacciana accezione del termine, in quanto abnorme in base a analisi puramente statistica.
Un altro dato ce lo ammannisce per logica deduzione: quelli che godono di questi posti di lavoro pregiati, o almeno quelli di cui ha notizia, non sono legati a FdI.
“Bella forza – dirà il lettore – i melonidi (matronimico) sono al potere da poco e non hanno fatto in tempo!”
Corretta l’eccezione, ma non troppo, visto che il processo alle intenzioni non si deve fare, per cui intanto parliamo di chi c’è. Oltretutto la figlia del PdC “non ha l’età” (di cinquettiana memoria), e l’attenzione della citata PdC per evitare che le affibbino etichette trite e fonte di critica fa ritenere che non ci caschi. Almeno lei. Una per tutte la recente “bocciatura” di consigliera (o “consigliori” di mafiosa memoria) di titolare di dicastero, che sospetto abbia visto correttamente intervenire il suo zampino.
Ultima eventuale traccia alla tagliente battuta che mi sovviene, è che essa sia servita a scoraggiare qualcuno dei nuovi giunti nei “palazzi del potere” dal provare a seguire le orme, ma non quelle dei padri, bensì dei predecessori, “con una divisa di un altro colore” (De André). Sulla scorta del sempre (apparentemente) valido ragionamento che se una volta poteva entrare il figlio di quello della DC o del PD, ora tocchi al/la suo/a pargolo/a.
Per carità, nulla vieta che chi nasca in una famiglia inserita nelle istituzioni si accosti ad esse più facilmente, avendone interiorizzato – per imprinting da pluriennale frequentazione domestica e familiare – valori, meccanismi, procedure, modus operandi e vivendi. Una volta la vecchia Armata Sarda, poi Regio Esercito o Regia Marina, erano tutto un pullulare di Morozzo della Rocca, Pes di Villamarina, La Marmora, Thaon di Revel, Barbasetti di Prun, Incisa di Camerana etc., che si passavano sciabola e reggimento. E stesso dicasi per magistratura e magari pure università, e per il mondo dei media. Avveniva anche qualche incrocio, col figlio del generale che puntava alla diplomazia e il figlio del politico che s’illustrava in un ateneo. L’elencazione, sia chiaro, è indicativa e suscettibile d’ampliarsi. E poi in politica ci si passa il bacino di elettori di padre in figlio e da marito a moglie, come accade negli States (Roosevelt, Bush, Kennedy, Clinton, Obama ci ha tentato) e anche in Gran Bretagna. E non dimentichiamo che al Quirinale il dipendente può andare in pensione e far assumere il figlio: caso unico nel settore della dipendenza pubblica. Giusto? Chi può meglio servire la massima carica dello Stato se non il figlio di chi l’ha servito? Così è … se vi pare.
Alla fine, a ben pensarci, va tutto così bene, il fenomeno si diffonde impalpabile, che la cosa che sembrerebbe essere sfacciata, finisce per non dare neppure nell’occhio. E sistemare un figlio diventa un obbligo. E all’eventuale campagna di stampa “contro” si replica con atteggiamento da Marchese del Grillo, che sia “tutto nelle regole”, il giovanotto ha studiato. E ci mancherebbe pure!
Non riesce il giochino nello sport: li conti sulla punta delle dita di una mano i figli di gran campioni pedatori, capaci di essere come o meglio di papà. Ricordo Maldini, Mazzola, non considero Chiesa, Weah e i Thuram che hanno ancora da dare.
Ma i servizi di sicurezza son prateria appetibile: stipendi ottimi, nessun vero concorso, selezione basata su colloqui e informazioni, sicuramente condotti bene per tutti, ma – ammettiamolo – addomesticabili per chi interessa aiutare.
Ma forse il ministro voleva sottendere anche dell’altro, chissà?
Ad esempio che sia il caso d’attendere prima di criticare altro ministro incappato in disavventura sentimentale. Chi nell’esercizio delle proprie funzioni si sia sempre guardato dal profittare dello scranno, per sistemare i propri giovani virgulti, scagli la prima pietra. E i figli “so’ piezz’ e core” come tutti i proli e le prole.
Meglio non inquinare le acque. Ci son tante nomine in giro cui ambire, posti che fan digerire la perdita per sempre dello scranno a Palazzo Madama o a Montecitorio, con appannaggi cui pochi rinunciano, altrettanto “per sempre” degni della pubblicità di una nota ditta di diamanti.
In proposito, poiché l’aspirante saggista due anni fa rinunciò a posto fisso e pregiato, gli auguriamo vendite da best seller.