Due notizie che si accavallano e rendono più serena la vita di noi comuni mortali, impegnati a campare con dignità e onore, lontani dalle piazze e dalle piazzate.
Il M5S come lo conoscevamo è defunto. Giuseppe Conte, il disinvolto cuculo della politica italiana, ha conquistato il nido di Giuseppe Grillo e vi ha deposto le sue uova.
Milioni di italiani avevano riposto le loro speranze in questo Movimento/partito partorito dalla fantasia di Grillo, che coglieva alcuni bersagli condivisi dalla maggioranza degli italiani e in democrazia la maggioranza ha sempre ragione.
Tale Alfonso Bonafede, ex D.J. siciliano, esumò dagli studi legali fiorentini un ignoto avvocato pugliese: si chiamava Giuseppe Conte e divenne Presidente del Consiglio di due Governi che partorirono una classe politica composita: accanto a ministri competenti figurarono Toninelli, Azzolina, Lezzi, Bonafede, Di Maio, Crimi, Catalfo e via andare, la cui competenza appare dubbia: al di là delle buone intenzioni, dei proclami sulla pubblica piazza, furono autori dei disastri del non fare: il blocco di ogni opera infrastrutturale, le nuove norme sugli appalti e sulla responsabilità penale degli amministratori locali, lo stop alle trivellazioni, la condanna della acciaieria di Taranto, la guerra a TAV e TAP (per fortuna persa): l’Italia ferma per anni.
Con l’aggiunta dei decreti del fare: i banchi a rotelle, i miliardi spesi nelle inefficaci mascherine cinesi, la firma dell’accordo della Via della Seta, il ridicolo obbligo delle mascherine all’aperto (con il contestuale divieto di uscire di casa), la mancanza di un piano pandemico/sanitario, il reddito di cittadinanza con la sconfitta della povertà,
Ne derivò il tramonto di Matteo Salvini e della sua Lega che paga col calo dei tre quarti dei suoi voti il delirio di onnipotenza del suo segretario e la sua corresponsabilità nelle bufale del Governo Conte I che si concluse non solo col benservito ma – nel pieno spirito levantino che distingue il cinismo politico di Giuseppe Conte - con l’abbandono del Matteo milanese nelle unghie dei magistrati militanti siciliani, dicendo che lui non c’era e se c’era non sapeva e se sapeva non si ricordava: mazziato e cornuto il povero Salvini, altro che i pieni poteri dalla cattedra del Papeete
E poi il Conte II: i disastri si moltiplicarono col capolavoro del superbonus edilizio.
La miscela del populismo plebeo grillino col populismo paludato del PD, del suo sindacato e dei suoi salotti buoni, diede agli italiani una suonata cui pose una pezza Mario Draghi, il tecnocrate che da solo vale l’intera compagnia giallo rossa; finchè la gente fu lasciata libera di votare, con gli esiti previsti, mortali per il M5S e penosi per la sinistra.
Gli stracci e i vaffa volano oggi nelle mura domestiche, vola fuori dai piedi il Fondatore: da ’”elevato” a “levato”. Da tempo sono volati i voti. Anche questa “gioiosa macchina da guerra “ voleva aprire il Parlamento come una scatola di sardine, si è ridotta a una scatoletta ammaccata con qualche sardina residua: poca roba, che naturalmente si collocherà “a sinistra”: e dove se no? Va bene così: la confusione nel campo di Agramante continuerà, la maggioranza dei consensi resterà lontana.
Ora c’è un altro che vuole “risvoltare il Paese come un guanto”. Si tratta del così detto sindacalista Maurizio Landini che insieme a tale Bombardieri ha messo insieme un siopero generale che doveva fermare l’Italia e intimidire il governo, come d’uso nella storia delle debolezze politiche della DC di sinistra e del compiacimento dei governi di sinistra centro: si trattava di sostenersi a vicenda.
Non sembra andata bene; il siopero ha coinvolto dall’1,5 al 6.3% degli addetti alla scuola, meno del 3% degli addetti alla sanità, il 4% di quelli delle Poste, il 6% del pubblico impiego, alcune fabbriche private, ma davvero alcune perché tutte le altre, i ristoranti, i negozi, i supermercati, i bar, erano aperti. Era come al solito un venerdì ed era il quasi seicentesimo sciopero dall’inizio del governo Meloni. Due dei 4 sindacati nazionali (CISL e UGL) non aderivano, lo sciopero di per sé non era generale, doveva far vedere i sorci verdi al governo fasista che nel momento in cui autorizzava 43 manifestazioni sindacali in tutto il Paese soffocava la libertà di manifestare e minacciava il diritto di scioperare.
Landini dice di aver portato in piazza 500 mila manifestanti, le questure parlano di meno di un terzo. Quale che sia il numero, il Paese non si è accorto dello sciopero, ma si è accorto delle violenze torinesi del “centro sociale Askatasuna”, qualche centinaia, forse solo decine, di “rivoltosi” professionisti sempre presenti, dal funesto G7 di Genova, al No TAV, all’assalto alla polizia, alle bombe carta, fino all’altro ieri al corteo “ProPal” di Roma. Il processo a loro carico per associazione per delinquere è oggi sospeso e nessuno ha capito il perché.
Questo, assieme alla signorina Salis e al suo partito, è l’alleato a sinistra di Landini che vuole scalare il PD, alla sua destra c’è il PD che condanna ogni forma di violenza, “però”,,,,, con la comprensione democratica, con il rifiuto di isolare i “compagni che sbagliano” come già successe a CGIL e PCI con i compagni delle Brigate Rosse che sbagliavano quasi 50 anni fa: attenti a cavalcare la tigre, diceva il compagno Mao Tse Tung: la tigre prima o poi morde anche te.