Due parole sulla cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici di Parigi ci vogliono. Innanzitutto, visto che gli organizzatori hanno tanto sottolineato il loro rispetto per la libertà di fare e essere qualsiasi cosa, il nome della capitale lo scrivo con la minuscola, certo che non possano prendersela.
Lasciamo perdere lo scarso garbo istituzionale di far assidere parte dei capi di stato sotto la pioggia: l’educazione – direbbe forse Totò applicando uno dei suoi più celebri parametri dialettici – o ce l’hai o non ce l’hai e Macron non ce l’ebbe.
E non stiamo a criticare neppure quello che qualcuno ha visto come un insulto all’arte di Leonardo, del quale quelli che cugini d’oltralpe non sono – come ho spiegato in passato – sono correttamente e lecitamente custodi della Gioconda o Monna Lisa. Tanto meno inutile criticare l’evidente insulto della religione cattolica. A quell’ultima cena – cui viene annesso un fortissimo contenuto teologico dalla Chiesa cattolica – oltre a Gesù Cristo parteciparono un bel gruppo di futuri santi, ma c’è anche la libertà di essere atei o laici, e quindi il diritto a scherzare e parodiare su tutto e tutti. L’artista, poi, ha una sorta di “terzo occhio”, vede ciò che altri non possono, e quindi bisogna fidarsi di lui.
Quindi un paese, o paesotto, che ritiene di poter svillaneggiare a piacimento, deve essere libero di poterlo fare, e anche di approfittare dell’Olimpiade, in cui si celebrano i valori della sportività, dell’amicizia, del rispetto, per farlo a modo proprio. Perché la libertà è il bene più importante che ci è stato tramandato dalla nostra civiltà occidentale che affonda le radici nella cultura classica e cattolica. Quella cui si abbeverò la cultura araba ai tempi di Avicenna e Averroè, ma dovette essergli indigesta.
Del resto il 7 gennaio 2015, quando fu attaccata la sede di “Charlie Ebdo”, periodico satirico reo d’aver svillaneggiato la religione musulmana, fummo tutti “Charlie”, come tutti fummo parigini quando sempre terroristi musulmani fra 13 e 14 novembre del 2015 compirono una serie di attacchi, fra i quali quello più simile ad una mattanza in tonnara, al “Bataclan”.
A proposito, peraltro, mi sorge un dubbio, anzi due.
Non è che gli organizzatori si siano divertiti a sparare sulla Croce Rossa, intendo sulla religione cattolica, proprio per via del carnaio multiplo del 2015? Guardandosi bene dallo sfiorare il mondo islamico, che rispetto per il mondo LGBTQ+ (e scusate se mi scordo qualche pezzo) mi pare non nutra.
Lungi dall’augurarmi il sorgere di una nuova crociata d’integralisti cattolici novelli Goffredo di Buglione, che ripeta l’exploit del 2015 a colpi di spadone a due mani, mazza ferrata e ascia bipenne, mi chiedo: quanto abbiano cercato di mostrarci gli organizzatori della cerimonia è stato frutto di coraggio delle proprie idee, o sicurezza dell’impunità?
E chiudo con una notazione. Continuiamo a celebrare la Rivoluzione Francese come uno dei momenti più alti della storia della civiltà. Bene, ricordiamoci che partorì anche Napoleone, uno dei più grandi autocrati e massacratori, in cabina di regia per più di 15 degli oltre 20 anni in cui l’Europa grondò sangue come mai era stato prima.
La storia va presa in blocco, non certo eliminando ciò che stona.