Tempo fa, colloquiando con amici leghisti (da spirito libero ne ho d’ogni colore), suggerii di proporre a Salvini d’organizzare un bel tour del meridione, in torpedone per meglio apprezzare paesaggi e scomodità d’itinerari, con sindaci, presidenti di enti locali e elementi di spicco del partito, rigorosamente polentoni. Sarebbe stata l’occasione per consentire di valutare de visu, non solo attraverso l’eloquente cartografia che di per sé lo dimostra, il divario infrastrutturale fra Nord e Sud. Già ampiezza e tipologia delle arterie che s’irradiano da Milano nulla hanno a che vedere con buona parte di quelle che hanno origine in Roma, ma se si prosegue verso Sicilia e Calabria si vede davvero il meglio. Finito il giro, un breve discorsetto, da inserire nel programma politic, per spiegare che per un quinquennio basta nuove semi-deserte BRE-BE-MI (Autostrada Brescia-Bergamo-Milano che stava per fallire in quanto inizialmente poco frequentata perché pressochè inutile) o quarte corsie sulle grandi statali brianzole e venete. Tutto doveva essere concentrato al Sud per estendere ferrovie e autostrade, e magari tirare su pure il benedetto ponte dello stretto di Messina, se tecnologia e scienza l’avessero permesso. Sarebbe stato un successone per rastrellare voti nelle regioni del meridione.
Ora l’attuale ministro delle infrastrutture, che sicuramente neanche ricevette tale mia ideuzza a metà fra il turistico e il politico-didascalico, pare ci abbia pensato da solo, e va benissimo, in quanto oltre allo sbandierato – da entrambe le parti con propositi opposti – ponte, sono stati programmati molti interventi infrastrutturali per il semplice, straovvio motivo, che costruire un manufatto di quelle dimensioni, e non raccordarlo con opere viarie e ferroviarie sarebbe una enorme fesseria.
Non sono in grado di valutare l’aspetto tecnico, ingegnere non sono. Ma dubito che tecnici di vaglia portino avanti un progetto irrealizzabile, ancorché di pareri se ne sentano tanti.
Sorrido poi a chi ritiene che il ponte, semplicemente, non serva. Analizzi i costi di viaggio e i tempi di attesa – circa 1 ora fra imbarco, navigazione e sbarco se si è in auto o a piedi – per superare km. 3. Per non parlare di quando il pienone di turismo e rientri determina code di ore, o delle interminabili operazioni di carico e scarico per il traghettamento di un convoglio ferroviario.
Sorrido anche alle obiezioni di chi vede nell’opera, o meglio, nel complesso di opere, una splendida opportunità per le mafie. Dimostra di aver fermato il calendario a 20 anni fa, quando qualcuno sosteneva che le mafie operassero solo al sud.
In questi 20 anni in effetti è stato acclarato che le mafie guadagnassero all’EXPO di Milano, che tutti sanno essere capoluogo di regione della Calabria, a Parma e Modena, ridenti cittadine rivierasche della Sicilia occidentale, e in vari paesini dell’hinterland delle precitate località rigorosamente calabro-sicule.
Beh, siamo seri: non investire nelle regioni che hanno dato i natali alle Traditional Italian Mafias, serve a nulla. Lascia solo l’attuale disagio a viaggiatori, turisti e residenti. E le mafie riescono ad arricchirsi altrove.
Invece le mafie vanno combattute e possono esserlo. Con sforzo integrato.
Come si devono investire fior di quattrini al Sud, per avvicinarlo al livello del Nord, allo stesso modo si deve procedere con una vigilanza assidua dei cantieri e degli appalti, e con attività aggressiva di polizia giudiziaria, come lo Stato ha dimostrato di saper fare. Basta scegliere con cura i vertici locali, privilegiando personalità che intendano condurre una vera guerra, fornire loro lo strumento affilato per combattere, e sostenerli da Roma.
Non sto parlando di utopie. Lo si è fatto per l’emergenza terrorismo, e in alcuni periodi della lunghissima lotta alle mafie. Nei tempi (anni ’20 del secolo scorso) del prefetto Mori in Sicilia e del maggiore dei CC Anceschi nel casertano, alla stagione che seguì gli omicidi del generale Dalla Chiesa e dei magistrati Falcone e Borsellino. La mafia oggi, al Sud, non è forte com’era un secolo fa, anche perché almeno una buona parte della popolazione sostiene lo Stato.
Infine, lo Stato per risollevare un’area del territorio deve investire, lo sosteneva un grande economista come John Maynard Keynes, che ispirò gl’interventi del presidente U.S.A. Franklin D. Roosevelt dopo la terribile crisi del ’29. Il Sud richiede uno sforzo grande corale, occupazione, investimenti. Non so se il ponte potrà essere realizzato, ma spendere altrove per paura della mafia consentirà solo a questa di andarsi a prendere altrove i quattrini.