Politica
Folgore... e si moriva: la più bella divisione e la più bella brigata
Nella notte fra 23 e 24 ottobre 1942 iniziava quella che viene chiamata 3^ battaglia o battaglia finale di El Alamein. La divisione “Folgore”, che proteggeva l’estremità meridionale della linea, fu ripetutamente e violentemente attaccata per 5 giorni, ma resistette
Quando capiamo il valore... Lucca come l'ho lasciata e come la rivedo oggi da lontano
Direttamente, si fa per dire, dalla Repubblica Domenicana dove ormai vive da diversi anni, un lettore avido della Gazzetta di Lucca avverte il bisogno di scrivere ai giovani lucchesi di oggi che non sanno com'era, tanto tempo fa, la loro città
Terrore ad Ankara: esplosioni, morti e ostaggi
Un nuovo attacco terroristico scuote la capitale turca, con una serie di esplosioni e scontri a fuoco presso la Turkish Aerospace Industries (Tusas). Non si tratta di un evento casuale: colpire l’industria aerospaziale significa colpire il cuore della produzione tecnologica e militare della Turchia, un Paese che negli ultimi anni ha consolidato la sua presenza come attore chiave nel settore degli armamenti. Le ipotesi sono tante, ma tutte puntano a una strategia ben studiata che va oltre la semplice azione terroristica
Il calo demografico è un problema sociale o patologico?
L’Istat, l’istituto nazionale di statistica dello Stato, ci conferma che il calo delle nascite nel Belpaese continua. Lo scorso anno la soglia è calata di un ulteriore 3,5 per cento per ogni mille italiani
Medici quanti e quali... cambia l’Universita
La commissione Cultura del Senato ha approvato il disegno di legge delega che consentirà agli studenti di potersi iscrivere alla Facoltà di Medicina senza il preventivo concorso di ammissione
Fantozzi (FdI): "Centro di accoglienza straordinaria ad Antraccoli : progetto da rivedere, ma non possiamo mettere in discussione l'attività della Misericordia"
Vittorio Fantozzi cerca di accattivarsi le simpatie della Misericordia sul progetto di Antraccoli che prevede l'arrivo di 40 immigrati. E lo fa cercando di ridimensionare la portata…
Mercanti (Pd): "I frati del Nelli dicono addio a Lucca. Sarà un Natale un po' più amaro"
"Addio ai bomboloni del Nelli che per decenni hanno segnato l'arrivo delle feste, dei momenti più belli. Addio a Stefano Zini e alla sua attività, costretta, per…
Consiglio Europa. Pro Vita Famiglia: inaccettabile richiesta di promuovere Agenda LGBTQ nelle scuole italiane
«La richiesta del Consiglio d'Europa di aumentare la promozione dell'ideologia gender e dell'Agenda politica LGBTQ nelle scuole italiane è un'ingerenza vergognosa e inaccettabile che viola la libertà e…
Successo e partecipazione per gli Stati Generali del Turismo: secondo i dati Lucca rappresenta un'eccezione virtuosa per la crescita anche sul mercato nazionale
Grande partecipazione e interesse la giornata degli Stati Generali del Turismo, che è in corso di svolgimento oggi (mercoledì 23 ottobre) a Palazzo Guinigi, con il tutto esaurito nella sala dedicata
Si conferma che su Unifil si è sempre parlato
Stavolta, prima di dire la mia, vi porto la testimonianza di vecchio Amico di “Folgore” e lanci, e poi elicotterista militare, fra l’altro pure là. E c’è di che pensare. “Carmelo ho fatto più di un anno nel 1992 in Libano e con l’elicottero ho soccorso decine di uomini ONU, per lo più nepalesi, ghanesi e figiani caduti "per il solito errore" dell’Israel Defence Force e di Hezbollah che tutte le mattine aprivano il fuoco con due o tre salve di artiglieria su vari siti giusto per fare capire chi comandava
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Le aziende che svolgono commercio e attività d’impresa nel mondo, spesso non arrestano i loro tentativi d’espandere il proprio giro d’affari di fronte a situazioni di rischio dovuti a guerre, conflitti locali, situazioni d’instabilità interna. Per far ciò hanno fatto ricorso all’invio di proprio personale addetto alle vendite, alle pubbliche relazioni, o con funzioni tecniche e di progettazione, non certo in possesso di sensibilità al particolare scenario o addestramento alle tecniche militari di scampo, evasione e fuga. Le grandi imprese in genere provvedevano a costituire una struttura in grado di prender contatti con le istituzioni locali, preferibilmente con l’aiuto del nostro ministero degli esteri, e anche con warlords o soggetti locali capaci anche a tutolo privato a garantire una cornice di sicurezza. Le aziende meno articolate, o con minori disponibilità, in qualche caso non hanno fatto assolutamente nulla, nel tradizionale affidarsi allo stellone italico, o hanno fatto ricorso all’arte dell’arrangiarsi, altrettanto diffusa.
Un improvviso mutamento l’ha generato la “sentenza Bonatti”. Nel 2016 il rapimento di 4 tecnici italiani in Libia si concludeva con la morte di due di essi. In questo caso il giudice ha riconosciuto la responsabilità dei vertici della società come datori di lavoro, per non aver “preparato” il proprio personale al tipo di scenario. Non si accusava la ditta di non aver addestrato i propri uomini che, non essendo dei “Rambos”, avevano dovuto soccombere, ma di non averli proprio “preparati”. Non esisteva documentazione afferente lo svolgimento di specifici corsi, prima di essere inviati in quello scenario a rischio, ciò è stato sufficiente per una scarica di condanne.
L’Italia, paesotto – qui tale va definito – ove spesso è importante solo “mettere a posto la pratica”, ha visto risolvere immediatamente la problematica. Il personale che andava all’estero era comunque motivato dall’aspetto salariale, di norma invitante. Bastava a questo punto, prima della partenza, farlo partecipare a qualche conferenza, fornirgli qualche documento a carattere informativo, proiettargli filmati e slides in numero adeguato, e – soprattutto – fargli firmare “per presa visione” una semplice dichiarazione, e sapeva tutto di “Travel Security”
Le grandi aziende, con più mezzi e diverso peso, hanno per fortuna continuato ad operare come fatto in precedenza, mettendo da parte le dichiarazioni firmate di chi stava per partire. Quelle piccoline, purtroppo, di massima … pure. Un corso di travel security costa, e ancor di più prendere i dovuti contattati in area di crisi, comportanti a volte la necessità di “ungere” qualcuno per fruire di sicurezza degna di tale nome.
Ho trattato il problema per ragioni professionali, e per quel che ho rilevato resta la tendenza a cercare di costruire un quadro burocratico a prova di responsabilità penale. Che poi si intenda veramente incrementare la cornice di sicurezza in cui opera il nostro inviato, è un altro paio di maniche. I grandi soggetti come – per esempio – l’ENI, spendono e costruiscono una “bolla di sicurezza” di spessore, i piccoli proseguono a farsi venire i crampi per incrociare scaramanticamente le dita.
Per questo ritengo utile per il nostro “inviato all’inferno”, prima di firmare quanto di dovere per sollevare le responsabilità dei propri vertici, formarsi una propria specifica coscienza alla “Travel Security”. Non c’è molto di scritto in giro, per questo ritengo interessante il lavoro dell’ing. Fabiano Manzan, “Italian Packaging Contractors” di recente dato alle stampe. Viaggiatore d’impresa per società che piazzano sul mercato internazionale macchinari per il confezionamento, anche nei posti più caldi, ha tentato di rendere fruibile, in italiano e in inglese, le sue esperienze. Strano e vivace resoconto in cui all’iconico “veni – vidi – vici” di giuliocesariana memoria si sostituisce un sornione “mi han mandato – ho visto – non so come sia tornato”. E gli errori sono quanto di meglio sia – se si ha tempo per riunirli, teorizzarli in sistema e raccontarli – per trovare “best practices” da proporre per limare il margine fra la buona sorte e il successo pianificato. Fino a capire che il miglior modo per uscire dai guai, sia prevenire di scivolarci dentro fino ai capelli, adottando adeguate contromisure.
Lungi dal voler pubblicizzare, mi pare corretto che, seguendo le problematiche di chi è impegnato nella vigilanza e nella sicurezza private, io dedichi attenzione a chi voglia migliorare la preparazione del singolo. Del resto nella pratica addestrativa del soldato e del poliziotto, allo sforzo dell’istituzione perché apprenda tecniche e tattiche, non va disgiunto l’impegno di ciascun allievo per arricchire la propria preparazione attraverso letture, allenamento, studio, coerenti con il messaggio formativo-addestrativo che gli viene somministrato.
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Oggi è data discussa, in base alla fede politica c’è chi la vede come la fine di tutto, chi come l’inizio, ma forse potremmo ricordarla anche per qualcosa di diverso, al di fuori dei luoghi comuni, e può indurre a riflessioni.
L’8 settembre 1943 l’Italia del re Savoia e di Badoglio, suo primo ministro buono per tutte le stagioni, vide entrare in vigore l’armistizio firmato di nascosto a Cassibile il 3. In quei 5 giorni comunque tanti soldati continuarono ad essere mandati contro gli alleati a farsi uccidere, uno per tutti il pilota, asso dei “tuffatori” e pluridecorato, Giuseppe Cenni. Normale, in effetti: la firma c’era, ma cessavamo le ostilità l’8.
Re, Badoglio e rispettivi entourage lasciarono Roma, dopo che il secondo aveva emanato direttive sibilline e poco chiare alle Forze Armate. Fu un disastro per un sacco di soldati, impacchettati nei vagoni piombati e internati in Germania. Da allora chi non ama per partito preso le stellette accomuna quel simbolo allo sfascio, dimenticando con quelle 24 ore secoli di sacrifici, vittoriosi o meno, ma comunque sostenuti con dignità.
Eppure non fu dappertutto così, infatti ricordiamo i combattimenti di Roma-Porta S. Paolo, finiti peraltro con l’internamento e la sconfitta.
Non fu così in Jugoslavia, specie per le unità che costituirono la “Garibaldi”. Già, ma quella era divisione partigiana, quindi benedetta dai marziani sbarcati per liberarci dal tedesco, mentre gli alleati ballavano il boogie-woogie a Napoli.
Non fu così in Corsica ed è da lì voglio partire. Il generale Giovanni Magli, comandante il VII Corpo d’Armata che riuniva le divisioni Cremona e Friuli e altre unità di minore livello, decise che in quel marasma di ordini a metà e fughe al completo rimaneva valida una serie di concetti.
Ogni comandante ha la responsabilità dei propri uomini, e non può dire “Tutti a casa!”, uscita infelice divenuta titolo di popolare film di Alberto Sordi. Da casa li ha avuti e a casa li riporta, lui.
Lui dava ordine alle divisioni, e non chiedeva di mettere ai voti le sue decisioni.
I comandanti le divisioni comandavano le stesse, e non dovevano mettere ai voti le decisioni prese e gli ordini ricevuti.
I comandanti di reggimento a quel punto seguivano analogo criterio.
E così fino in fondo, fino al sergente e al caporal maggiore, con la loro squadra.
E le “Legioni” Camicie Nere, inserite di rinforzo alle divisioni, avrebbero dovuto adeguarsi.
Applicando il più antico dei criteri alla base di un esercito: uno dà ordini e tutti si obbedisce, quei soldati rimasero a combattere i tedeschi di stanza in Corsica e quelli provenienti dalla Sardegna. Fecero la loro parte, uccisero e caddero, ma almeno a testa alta.
Non finirono dietro un reticolato da prigionieri o internati, e buona parte fecero parte in seguito dei Gruppi di Combattimento che parteciparono alla fase conclusiva della Guerra di Liberazione. Quella portata avanti dai militari, che, come tutti sanno, non è mai avvenuta, roba da no-vax e terrapiattisti.
Non è questa la pagina per metterla in retorica. Ho scritto queste poche righe per ricordare che quel sistema riassunto nei concetti “Chi comanda se la deve sbucciare da solo, non mette nulla ai voti ma al limite sente i pareri e poi decide, non scappa e dice cosa fare” ha funzionato. Tutti hanno fatto – bene o male, ma l’esecuzione non è un problema – ciò che gli è stato detto di fare.
Magari non hanno localmente conquistato la posizione o non l’hanno tenuta, ma nel complesso sono stati una struttura che si è mossa come un corpo solo per fare ciò che era stata addestrata e equipaggiata – bene o male – per fare.
Dovremmo pensarci quando ci autoflagelliamo come italiani, che forse il vero problema non fu solo la fuga di Badoglio e del Re – che ebbero le loro colpe gravissime – ma anche di istituzioni militari ove di capi con la schiena davvero diritta forse non vi era gran copia. E di un sistema-paese dove dopo 20 anni di retorica e chiacchiere, vi erano troppi capi – con e senza stellette – che del capo nulla avevano.
Forse fu questo il grave male lasciatoci in eredità da quel periodo.
Quel generale Giovanni Magli doveva essere un’eccezione, ma è stato sufficiente a innescare un processo virtuoso, che era nelle corde dei gregari, evidentemente. L’uomo fa ciò che gli si dice di fare. Se si sa cosa fare, se si dà l’esempio, se non si sta a mettere tutto ai voti.