Anna Vagli nasce nel 1989 a Forte dei Marmi, da sempre appassionata lettrice di libri noir e gialli, ha fatto della sua passione una professione diventando criminologa forense. Un lavoro che definisce "affascinante e misterioso".
Come è nata l'idea di diventare criminologa e farlo diventare il suo lavoro?
La mia passione per il crimine risale a quando ero bambina. Ho sempre letto molto, ma fin da subito ho mostrato una predilezione per i libri gialli. Sono sempre stata curiosa per natura e con il tempo la mia curiosità mi ha spinto a chiedermi: perché i cattivi sono cattivi? Tolta l'opzione del peccato originale, è partita la voglia di accedere agli strumenti giusti per scoprirlo. La svolta è arrivata all'università. Mentre frequentavo giurisprudenza ho capito che dovevo coltivare la mia passione. Unitamente a quella della scrittura. L'essere giornalista mi ha aiutata ad assumere incarichi importanti a livello nazionale. Così, è iniziata la mia storia professionale.
Parliamo di persone scomparse: una legge che semplifichi la ricerca, togliendo allontanamento volontario?
Una legge imprescindibile quanto necessaria. Anno dopo anno aumenta l'esercito degli scomparsi, spesso invisibili. Proprio perché c'è l'ombra, talvolta ingiustificata, dell'allontanamento volontario. Un'ombra che non consente di intervenire come si dovrebbe.
Parliamo di cronaca giudiziaria: Yara Gambirasio. Lei ha sempre sostenuto che Bossetti ha ucciso la ragazza?
Non solo io. Ma tre gradi di giudizio ed una prova schiacciante come quella scientifica. Massimo Bossetti ha ucciso Yara Gambirasio al di là di ogni ragionevole dubbio. Il suo dna è stato rinvenuto sul suo cadavere perché lui, dopo un tentativo di approccio sessuale fallito, l'ha lasciata morire di freddo e di stenti in una fredda notte d'inverno.
Il caso Alice Neri: per risolvere il giallo lei sostiene che è fondamentale fare l'autopsia.
Si, l'autopsia psicologica. Una tecnica forense che consente di ricostruire le ultime ore di vita di una vittima dal punto di vista psicologico ed emozionale. Credo che nella sua storia sia determinante per comprendere chi e perché l'abbia uccisa.
La mamma di Milano che spruzza a sua figlia di 17 mesi spray profumato, un atteggiamento insolito.
Difficile classificare queste condotte maltrattanti come insolite. Perché si tratta di comportamenti tenuti da madri afflitte da depressione post partum. Donne incapaci di chiedere aiuto o di denunciare il malessere che le assale. E che quindi ricorrono ai maltrattamenti sul figlio, o la figlia come in questo caso, per riversare tutto il loro dramma e la loro frustrazione.
Lei ha subito da colleghi calunnie e attacchi gratuiti, si è mai soffermata su questo?
Fin da quando ho iniziato. Colleghi e colleghe più anziani, con un gap generazionale di almeno vent'anni. Cattiverie gratuite e ingiustificate. Hanno messo in discussione il mio curriculum, le mie attività. Ho subito attacchi relativi alla mia persona, al mio modo di essere e alle mie scelte professionali. Mi sono sentita dire "Hai il ciuccio, nelle aule di giustizia non puoi far altro che spazzare". E ancora. "Scoprirò chi ti raccomanda", "Sei senza titoli". La verità, che sanno anche loro, è che sono raccomandata da me stessa. E a differenza di tanti altri sono consapevole che tutto quello che ho fatto l'ho fatto potendo contare sulle mie capacità. E così sarà ancora. Hanno provato a scoraggiarmi, ma il mio passato mi ha forgiata. Ed è solo l'inizio rispetto ai miei progetti futuri. Sarò scomoda ancora per molto tempo.