Che questo Covid 19 ci stia annientando più dal punto di vista economico e sociologico che sanitario è praticamente un dato di fatto.
Se la percentuale dei contagiati e dei morti deceduti in età avanzata o conseguente a patologie preesistenti è alta, quella legata a una sorta di follia collettiva rischia di diventarlo molto di più.
Abbiamo una quantità abnorme di screening preventivi su tumori e altre malattie gravi rimandate a data da destinarsi per effetto del virus che, di questo passo, condurrà a miglior vita tanti di noi a cui è negata ogni possibilità di precorrere l’evoluzione di un qualsivoglia disturbo. (Non sono io a dirlo, basta leggere uno dei tanti articoli che compaiono sui quotidiani, tipo quello a firma di Tino Oldani su Italia Oggi del 20 ottobre.)
Per non parlare degli effetti economici devastanti, in quanto non si può vivere di solo assistenzialismo in Italia. In primo luogo, perché gli interventi promessi raramente trovano riscontro tra la platea dei richiedenti. Ma soprattutto perché non ha senso impedire alla creatività e al genio italiano di mostrarsi per quello che è e per ciò che sinora ha consentito a tutti di vivere degnamente.
Fatto questo personale inciso vorrei focalizzare il motivo per cui ho deciso di scrivere queste poche righe.
Tra le tante incongruenze su come viene gestita questa epidemia non capisco perché sia necessario ogni santo giorno minacciare i cittadini con lo spettro delle chiusure per un periodo il cui protrarsi non è chiaro a nessuno.
Sono state date delle linee guide da seguire scrupolosamente alle quali chiunque abbia a cuore se stesso e gli altri ha provveduto. Tutto questo non a gratis o a spese dello Stato, ma di tasca propria: ognuno per il settore economico cui appartiene.
Ad esempio oggi, come utente giornaliera della locale piscina Iti, ho letto della preoccupazione del Presidente Pietro Casali che, dopo aver già subito la chiusura forzata di oltre tre mesi, rischia di dover nuovamente dare un giro di chiave sine die. La domanda che mi viene spontanea è questa: perché impedirci di fare quell’esercizio fisico che proprio i medici ci raccomandano per il nostro benessere fisiologico e psichico? Che rischi ci sono quando vengono prese tutte le precauzioni del caso e per di più non si registrano casi di contagio da covid? Qual è il senso?
Ovviamente questa preoccupazione è condivisa da tutti coloro che, come me, vivono lo sport come una necessità quotidiana. A chi non interessa sicuramente la troverà esagerata, paragonata al rischio di contagiarsi. Ma allora se dobbiamo vivere da reclusi … tanto vale tirarci subito di calibro 9 e non parlarne più..
Concludo dicendo che se una persona ha il terrore di incappare nel covid 19 è bene che se ne stia in casa aspettando la manna dal Cielo per campare …
Mentre chi per necessità o semplicemente voglia di vivere desidera farlo nel rispetto delle precauzioni prescritte … è giusto che esca di casa ogni mattina per svolgere tutte quelle attività che fino a febbraio scorso erano concesse in piena libertà ed autonomia.