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Scritto da Redazione
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13 Maggio 2020

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Con Natale Mancini ci conosciamo da qualche anno, invero non pochi, ma la frequentazione non è mai andata al di là di un caffè, di una chiacchierata o di una consultazione, da me richiesta, di natura tecnica e professionale. La sua agenzia immobiliare, Casamica, da 25 anni sempre nello stesso posto, in quella Chiasso Barletti che sua moglie Paola Granucci ha saputo rimettere a nuovo, è una chicca di efficienza e di buongusto oltreché di serietà e innovazione.

Mario Tobino, scrittore e psichiatra, il sottoscritto lo ha intervistato e conosciuto appena piovuto a Lucca, nel 1990, nella sua casa di S. Anna, lui che, nato nel 1910 a Viareggio, apparteneva a quella generazione che, cresciuta durante il fascismo, aveva, poi, finito per diventare la classe dirigente politico e intellettuale del secondo dopoguerra. Una sera, a cena, era stato capace di declamare i versi della Divina Commedia che conosceva a memoria e del cui autore, il sommo poeta, aveva scritto una sorta di biografia di successo: Biondo era e bello. Già, ma cosa c'entra Natale Mancini con lo psichiatra direttore per lunghi anni del manicomio di Maggiano?

C'entra eccome, se si pensa che nel suo libro Zita dei fiori, apparso nei primi anni Novanta del secolo scorso, Tobino aveva dedicato un intero capitolo, Demetrio grecista, all'amico Augusto Mancini, papà di Natale e, all'epoca e per decenni, avvocato presso la Cassa di Risparmio di Lucca a fianco di King Arthur, al secolo Arturo Lattanzi che della Cassa è stato direttore e presidente. Il libro lo avevamo acquistato e regalato alla nostra ex suocera che, originaria di San Paolo di Jesi, si chiamava, incredibilmente, proprio Zita e la prima cosa che fece quando ci trasferimmo a Lucca fu di andare in San Frediano a visitare le spoglie della santa.

Il nostro libro di Tobino, come tutti i suoi libri rigorosamente autografati, ci è, così, ricapitato tra le mani per leggere con maggiore attenzione il capitolo di cui sopra. E, sinceramente, questa figura, Augusto Mancini, di un padre rimasto, invero, ragazzo padre in una Lucca così perbenista e bigotta da mettere paura, ci ha commosso. Bellissimo il ritratto che dell'amico traccia il grande scrittore viareggino e, nelle ultime righe, c'è spazio anche per un  ricordo di Alfredino, alias Natale Mancini, all'epoca alunno delle elementari, ma già sveglio, arguto e con un promettente avvenire.

A Lucca esiste, a S. Anna, via Augusto Mancini, una delle figure intellettuali più importanti del passato lucchese, nonostante fosse originario di Livorno e della città labronica conservasse, in fondo, una sana abitudine a fregarsene del giudizio degli altri. Nella famiglia mancini, da secoli pare, addirittura, dal 1789, si è soliti trasmettersi, alternativamente, di padre in figlio, i nomi di Augusto e Natale. Il Natale che oggi compie 49 anni, però, non potrà fare altrettanto, avendo una figlia di nome Matilde, grande atleta e imminente maestra di sci. Così come, le ultime tornate dei Mancini avevano sempre prodotto un avvocato nelle proprie fila, ma il Natale di oggi, arrivato ad un passo dalla laurea - mancava l'ultimo esame - abbandonò la carriera forense per seguire la allora fidanzata Paola Granucci che aveva scelto di intraprendere la professione di agente immobiliare.

L'Augusto Mancini cui è stata intestata la strada sulla Sarzanese era figlio di Natale Mancini, di origini, appunto, livornesi. Nato anche lui a Livorno, si era, poi, trasferito con la famiglia a Lucca. Si era, poi, laureato in lettere antiche alla Normale a Pisa e, successivamente, prese la cattedra a Messina succedendo nientepopodimeno che a Giovanni Pascoli. E quando Pascoli si spostò a Pisa, finì per sostituirlo anche lì e, fino al 1947, fu rettore della più prestigiosa università italiana, la Normale.

Augusto Mancini era un intellettuale di prim'ordine, autore di una bellissima storia di Lucca più volte stampata da Maria Pacini Fazzi editore, e scelse Lucca come sua città d'elezione alla quale fu sempre legato da grande affetto per la verità corrisposto dai cittadini lucchesi che lo elessero tre volte in parlamento.

Carlo Azeglio Ciampi, ex presidente della Repubblica e anche lui di Livorno, fu suo allievo e nel 2002, ai tempi di Andrea Tagliasacchi, Pietro Fazzi e Maria Eletta Martini, decise di venire a Lucca per rendere omaggio al bisnonno di Natale Mancini.

Il figlio e padre del nostro Natale era il famoso Demetrio immortalato da Mario Tobino, per 50 anni avvocato e legale della Cassa di Risparmio di Lucca, amico per 25 anni di Mario Tobino.

"Io - racconta, finalmente, Natale Mancini, a proposito tanti auguri - sono cresciuto nelle trattorie di Solferino, di Vipore, da Mariano a Stabbiano dove mio padre mi portava a cena insieme a Tobino, a Giuseppe Pera giuslavorista e professore di diritto del lavoro e ad altri amici. In realtà sono stato sballottato tra il manicomio di Maggiano e la Cassa di Risparmio di Lucca. Si andava con mio padre a prendere Tobino a Maggiano e poi si andava nelle trattorie intorno alle 17. Le aprivano apposta per loro. Da Solferino c'era, ricordo, Padella. C'era un'atmosfera di spensieratezza che aleggiava sulle note di Bacco. Gli animi si scioglievano e volavano ricordi vita e racconti. Era un gruppo di amici che si godeva la vita. Mi ricordo Tobino. Con me aveva una veste diversa dallo psichiatra e dallo scrittore. Era un familiare. Un onore essere ricordato nel capitolo di un suo libro Zita dei fiori".

Natale Mancini, l'Alfredino figlio di Demetrio nelle pagine tobiniane, era un ragazzino vispo, intelligente, per nulla intimorito dalla vita nonostante una situazione familiare non proprio idilliaca e tradizionale. In una Lucca sicuramente ipocrita e attenta alle forme oltreché alla sostanza, l'essere rimasto con il padre a seguito  della separazione dei genitori non deve essere stata una cosa semplice. In realtà Natale non subisce traumi e il tutto grazie sia all'affetto paterno, ma, in particolare, alle circostanze della vita.

"Cresco da solo o quasi - va avanti nel racconto - e abitavo prima a Lucca poi a Cerasomma con una tata che non aveva avuto figli e che rappresentò, a tutti gli effetti, per me, la figura materna. In casa mia tutti avevano fatto il liceo classico, io, al contrario, volli fare lo scientifico e già lì dimostrai che ero un po' sopra le righe. Poi mi iscrissi a giurisprudenza e all'ultimo salto mi imbatto e innamoro di Paola che sta per aprire la sua agenzia immobiliare. Avevo davanti, se avessi voluto, una promettente carriera da avvocato civilista avendo la mia famiglia un nome e uno studio avviato da  decenni. Invece ho scelto quella che era la via più difficile. Mio padre non la prese bene, ma, più tardi negli anni, comprese la mia scelta".

Ho cominciato con Paola senza alcun aiuto. Avrei potuto averli mentre io sono voluto partire da zero. In questo 25 anni sentivo l'esigenza di fare qualcosa di mio e di slegarmi dalla continuità di questi studi giuridici. Ho preferito ripartire da zero. Questi 25 anni mi hanno ripagato. Non ero conosciuto e non potevo presentarmi non avendo alcun titolo. Ora la gente mi viene a cercare.Oggi posso fare una selezione io degli immobili e dei clienti mentre all'epoca dovevi raccomandati per avere un mobile in vendita o venisse un cliente in agenzia. In questi 25 anni qui è stato molto importante perché ho sempre puntato sulle persone e non sugli immobili. Dietro alle case ci sono persone e non solo mattoni. 

"Con Paola che divenne, poi, mia moglie - prosegue Natale Mancini - abbiamo condiviso 25 anni di amore e lavoro. Lavorare gomito a gomito non sempre è facile, ma con la stessa visione conduce, evidentemente, a buoni risultati. A casa siamo sempre stati capaci di staccare, andava fatto, per forza, altrimenti diventava una intossicazione. Che cosa mi aspettavo dalla mia attività? Di migliorare sempre, altrimenti se non migliori sei finito. Per tutti questi anni abbiamo cercato di non restare fermi e di far crescere la nostra agenzia sotto tutti i punti di vista. Abbiamo privilegiato l'aspetto umano nel nostro lavoro e oggi posso dire con orgoglio che tanti amici sono diventati clienti e altrettanti clienti sono diventati amici".

Questi due mesi di lockdown non hanno fiaccato l'energia e l'entusiasmo di questo avvocato mancato che ha il pregio di non abbattersi mai e di riuscire a vedere, costantemente, il bicchiere mezzo pieno invece di molti suoi concittadini che lo vedono, sistematicamente, sempre mezzo vuoto.

"Oggi è necessario ripartire cambiando in volo - spiega - Cosa vuol dire? Quello che è avvenuto non era previsto per cui io, se voglio sopravvivere e rilanciarmi, devo mettere subito in atto delle strategie che non erano in programma. Prima, ad esempio, avevamo puntato anche sul reparto degli affitti turistici, oggi sono spariti perché disdetti tutti e, allora, li abbiamo convertiti in affitti residenziali o immobili in vendita. Tutto cambia velocemente e noi ci adeguiamo".

"Se emaniamo positività? - domanda Mancini - Noi si cerca sempre di prendere il meglio anche da una situazione negativa. Sfruttiamo anche a nostro vantaggio le situazioni negative. In questi due mesi non siamo stati propriamente fermi, abbiamo portato a termine quello che c'era da portare a termine, formazione, aggiornamenti, fidelizzazione clienti e rafforzamento del brand. Dimenticavo, abbiamo riprogettato il sito Casamica.com in questa quarantena. In più mi sono dedicato ad una raccolta fondi per l'ospedale San Luca, raccogliendo oltre 100 mila euro grazie, mi auguro alla mia credibilità e alla indispensabile collaborazione di Francesco Bovenzi, un caro amico. Ho trovato tanta fiducia nei lucchesi che non mi aspettavo". 

"Il mercato si sta rimettendo in moto - aggiunge Mancini - La nostra percezione è di positività, la gente è tornata e abbiamo visto che ha voglia di ritorno alla normalità. Ripartiamo, cioè, da dove eravamo rimasti. Ci vorrà tempo, certo, ma ci riusciremo. Noi a Casamica lavoriamo in team, io non sono un individualista anche se ho il mio 'branco', ma non sono un lupo solitario. Un lupo solitario è pericoloso perché non ha branco, non ha niente da proteggere e da perder mentre io ho il mio branco al quale voglio bene e con cui mi metto sullo stesso piano. Siamo in sei tutti di età diverse e di differenti esperienze, però, questo è un gruppo che ho creato con passione e devo dire che i risultati si vedono eccome. Tanti in questo mestiere sono individualisti, e non hanno una visione. Io ho una prospettiva diversa da molti miei colleghi".

Poteva avere, uno come Natale Mancini, hobbies normali? Assolutamente no e non è un caso, infatti, che sia un pilota provetto e dal 2006 viaggi, regolarmente, sugli aerei che partono da Tassignano. Fin o a qualche anno fa ne aveva anche uno di proprietà della sua società, poi è stato venduto. In casa sua non mancano i libri, anzi. Così come la musica. Lo sport praticato maggiormente è lo sci e i coniugi Mancini hanno trascorso mesi su e giù con l'Abetone o, in estate, con i ghiacciai del nord per permettere a Matilde di sciare a livelli elevati e poter gareggiare. "E' vero - conclude - Ho pilotato e viaggiato moltissimo, non mi sono fatto mancare niente. E adesso, in età matura, mi dedico anche all'agricoltura. Amo il vino e le cose belle della vita. Da quest'anno curo una piccola vigna alla quale mi dedico con passione. La vite ha una potenza incredibile, cresce con forza, è vita. Ho fatto tante cose in poco tempo. Le possibilità le ho trovate, non mi sono piovute addosso e credo che ognuno sia l'artefice del proprio destino".

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