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Scritto da Michele Belfiore
Vite reali
05 Novembre 2023

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Elisabetta Cametti è nata nel 1970 a Gattinara e dopo la laurea in economia e commercio all'Università Bocconi di Milano ha iniziato a lavorare nell'editoria, prima come direttore generale della divisione collezionabili della casa editrice De Agostini e, successivamente, nel gruppo Eaglemoss a Londra. È una famosa scrittrice soprannominata dalla stampa "la signora italiana del thriller".
I suoi libri sono stati pubblicati in 12 paesi. È opinionista in programmi televisivi di attualità e cronaca su Rai 1 e sulle reti Mediaset. Ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta di Lucca sui casi di cronaca giudiziaria e il racconto del suo ultimo libro "Una brava madre".
 
Parliamo del caso di Saman Abbas. «Ho visto tutta la scena. Io ero alla porta. Mia sorella camminava, mio zio l'ha presa dal collo e portata dietro alla serra. Ho visto i cugini, solo in faccia». Sono queste le parole del fratello di Saman davanti alla corte di assise mentre racconta quelli che sarebbero stati gli ultimi momenti di vita della vittima, uccisa a Novellara il 30 aprile 2021, tornando ad accusare lo zio e i cugini. Una sua congettura?
Il fratello di Saman è sempre stato centrale in questa storia. Aveva il compito di controllare la sorella e di passare informazioni ai genitori, ed era presente nei momenti in cui veniva decisa la sua sorte. Per la famiglia ha rappresentato l'anello debole della catena, l'imprevisto. È stato lui a mettere in crisi il piano omicidiario studiato a tavolino, raccontando di un delitto e non di un allontanamento volontario, come tutti gli altri avrebbero voluto fare credere. All'epoca dei fatti era minorenne, oggi è un giovane uomo in una situazione complicata. Da un lato, vive schiacciato dalla paura nei confronti della famiglia e sente il peso dei sensi di colpa per essere stato coinvolto nella condanna a morte della sorella. Dall'altro, è spinto dal bisogno di parlare, di spiegare la propria verità. La sua testimonianza è importante: potrebbe essere dirimente per l'individuazione dell'assassino materiale di Saman, per definire i ruoli di chi ha concorso all'omicidio, per fare luce sulla dinamica e per chiudere il cerchio con una pena esemplare per i soggetti che si sono macchiati di un reato tanto terribile.
Come agire contro la violenza sulle donne?
Serve un cambiamento di cultura, che avverrà solo se riusciremo a educare i bambini di oggi alla non violenza. È fondamentale insegnare il valore del rispetto già dall'infanzia, per stimolare relazioni positive e paritarie. Solo così si potrà incentivare un clima accogliente e non giudicante, decisivo per prevenire i fenomeni di discriminazione. I più giovani devono essere aiutati a capire che l'amore non è possesso e che la solidità di una relazione non si basa sulla forza di dominare l'altro. Nel breve, invece, servono azioni preventive importanti, interventi tempestivi, braccialetti elettronici, misure cautelari efficaci.
Morte della piccola Diana, si farà la perizia psichiatrica sulla mamma Alessia Pifferi. La corte d'Assise ha disposto l'esame chiesto dalla difesa dell'imputata. Il pubblico ministero e i legali di madre e sorella della donna erano contrari. Il suo pensiero ?
Non metto in dubbio che Alessia Pifferi abbia un quoziente intellettivo inferiore alla media. Ma questo non significa che il deficit cognitivo sia di una gravità sufficiente a indebolire le sue capacità di intendere, di volere e di capire le conseguenze delle proprie azioni. In attesa che la perizia faccia chiarezza, appare comunque evidente che si tratti di una donna che ha anteposto se stessa e il desiderio di avere una relazione e di essere apprezzata dagli uomini ai bisogni vitali della figlia. E lo ha fatto con lucidità. Conosceva le conseguenze di ogni azione, tant'è vero che, quando è passata da Milano e avrebbe potuto correre a casa per verificare le condizioni di Diana, ha scelto di non tornare perché temeva di fare arrabbiare il compagno. Ha scelto. Ed è lei stessa ad ammetterlo durante il primo interrogatorio: era consapevole che la figlia avrebbe potuto morire per disidratazione. Del resto, se avesse pensato che lasciare Diana a casa da sola per tutti quei giorni non sarebbe stato pericoloso, perché mentire al compagno dicendogli che la bambina era con la sorella? Alessia non è stata "una brava madre". È responsabile della morte della piccola Diana. Ma ci sono delle domande che continuano a martellarmi nella testa. Perché quando Alessia si è presentata in ospedale, dopo avere partorito in bagno, nessuno si è preoccupato di avvisare i servizi sociali per controllare se fosse in grado di prendersi cura della bambina? Perché nessuna delle persone che aveva intorno si è mai fatta venire dei dubbi? Diana non era in salute, ma denutrita, emaciata. A diciotto mesi non camminava e non parlava ancora. Eppure è passato tutto inosservato. Questa storia fa male, molto male. Da qualsiasi punto la si guardi.
Perché si cerca sempre il colpaccio, magari col titolo straniero modaiolo, e non si lavora di più sui long seller? Quella attuale non è per caso una strategia di breve respiro?
Per quanto mi riguarda, dietro la scelta di un titolo c'è sempre un pensiero approfondito. Per i miei romanzi della Serie K, thriller contemporanei il cui mistero ruota attorno a importanti enigmi della storia, ho scelto dei titoli che, messi in sequenza, formano una frase. I guardiani della storia... Nel mare del tempo... Dove il destino non muore. I titoli della Serie 29 sono brevi per sottolineare il ritmo serrato della narrazione e i protagonisti che animano le storie: i serial killer. Il regista. Caino. Per la nuova serie di thriller psicologici, ho valutato l'importanza di titoli in grado di esprimere emozioni e sensazioni forti.
Muori per me. Una brava madre.
La stampa l'ha definita "la signora italiana del thriller'. Il suo ultimo libro: "Una brava madre". Due strade lastricate di bugie, tradimenti e verità inconfessabili. Un unico segreto, taciuto per oltre trentacinque anni. Può raccontarci alcuni retroscena?
E' un romanzo che ha richiesto quasi tre anni di impegno. Il mio obiettivo era creare una trama avvincente e ricca di personaggi, per catturare l'interesse del lettore e portarlo a riflettere su un tema che diamo troppo spesso per scontato: la famiglia. È in famiglia che si esprimono i sentimenti più profondi, sia quelli positivi sia quelli negativi: amore, conforto, sostegno, ma anche solitudine, rabbia e ostilità. Sono i sentimenti profondi a segnare le nostre vite. «La famiglia può essere luce o buio assordante. Il pilastro che regge il nostro futuro o l'abisso in cui sprofondiamo. Non scegliamo i familiari, prendiamo quello che ci spetta: alcune volte sono una benedizione, altre un inferno». Ci tengo a raccontarvi la trama. Fabrizio Ravizza e Aria si sono incontrati solo una volta. Lui è un editore di successo, appartenente a un'importante famiglia milanese, lei una tatuatrice molto seguita sui social, che vuole cancellare il proprio passato.
Pochi giorni dopo quell'incontro, Fabrizio svanisce senza lasciare traccia. Della sua storia si occupa Giorgia Morandi, la conduttrice del programma televisivo che ha colmato il vuoto istituzionale in tema di persone scomparse. Per lei ogni caso è una missione, ogni vita un enigma da risolvere. E non si ferma alle apparenze, nemmeno quando la famiglia di Fabrizio sostiene che si sia allontanato volontariamente. Aria viene trovata accanto al cadavere di un uomo, in una stazione di servizio abbandonata. Impugna l'arma del delitto e confessa l'omicidio. Ha evidenti disturbi della personalità e si sospetta che abbia ucciso altre volte: i media la soprannominano "la serial killer dell'inchiostro", la procura la considera un soggetto socialmente pericoloso. Ma Annalisa Spada, capo della Squadra Mobile di Milano, non crede nella sua colpevolezza. Due casi paralleli. Due strade lastricate di bugie, tradimenti e verità inconfessabili.  
Un unico segreto, taciuto per oltre trentacinque anni.
Cosa pensa dei libri saga su Harry Potter?
La saga di Harry Potter ha rilanciato il fantasy e ne ha cambiato le sembianze. Esiste un prima di Harry Potter e un dopo. Le avventure del giovane mago sono riuscite a incuriosire un'intera generazione di ragazzi che rischiava di allontanarsi dalla lettura.
Come crea personaggi efficaci in un racconto?
Sono sempre stata convinta che ciò che connota un romanzo non sia la trama, ma il modo in cui i personaggi riescono a esprimerla. La storia acquisisce significato solo se i protagonisti hanno l'intensità necessaria per coinvolgere il lettore. Così, la costruzione dei personaggi si è trasformata nel momento più importante della stesura di un libro. I miei protagonisti non sono solo i pilastri su cui si basa la narrazione, ma vivono oltre la narrazione stessa. Dedico ore alla ricerca del nome giusto. Senza un nome, nessuna cosa esiste. Il nome identifica il soggetto e, attraverso il suono, la lunghezza, le lettere da cui è composto e le assonanze che crea, suscita sensazioni. Alcune volte mi faccio ispirare da lingue e culture diverse, altre dalla mitologia, e altre ancora mi lascio guidare dall'immaginazione: unisco parole o parti di esse, aggiungo, tolgo o cambio le lettere finché non trovo il nome che mi convince per rafforzare la personalità che ho in mente. Dopo aver battezzato il personaggio, inizio a "disegnargli" la vita. Passo molto tempo a osservare la gente che mi circonda: gli amici che frequento, persone che conosco appena e, soprattutto, chi incontro per caso al ristorante, in aeroporto, sul treno, in coda alla cassa del supermercato. Ognuno di loro ha qualcosa che lo caratterizza: un dettaglio fisico, la pronuncia, una parola che ripete senza accorgersene, movimenti inconsulti, sguardi o espressioni che esprimono lo stato d'animo di quell'istante o di tutta l'esistenza. Ognuno di loro ha un passato, una quotidianità da affrontare tra problemi, gioie, esperienze, ansie e delusioni, e un futuro alimentato dalle aspettative più disparate. Ognuno di loro è mosso da qualcosa e ha sogni inconfessati. Traggo spunti guardandomi intorno perché non c'è fiction migliore di quella in cui siamo abituati a muoverci.  Rivolgo un'attenzione particolare all'ideazione dei "cattivi". Il male può essere affascinante e nei miei romanzi gli antagonisti sono sagaci, brillanti. Hanno uno spessore intellettivo notevole perché devono essere degni rivali. È la loro crudeltà a far apprezzare al lettore i valori trasmessi dai protagonisti positivi. Mi piace dare un volto anche alle "comparse" che appaiono solo per qualche riga, come il barista, l'agente dietro la scrivania, il conducente del taxi, l'infermiera di turno. Sebbene siano figure di contorno, penso che caratterizzarle arricchisca il contesto e dia qualità alla scena. Per dirla in altre parole, i personaggi dei miei scritti sono l'essenza della storia. Non sono mai finalizzati alla trama del libro, ma li immagino come se esistessero davvero. Ne approfondisco gusti, abitudini, manie... ogni sfumatura da cui può scaturire un atteggiamento. E la parte che li vede protagonisti nel romanzo è il punto a cui li conduce la strada che hanno imboccato, la scelta che hanno fatto, o il destino. E in quel punto incontrano il lettore, comunicano con lui, accendono emozioni e lo trascinano dentro gli eventi, portandolo ad amare, soffrire e lottare insieme a loro.
Il talento nella scrittura viene premiato o faranno strada solo scrittori che hanno conoscenze?
Credo molto nel talento e sono sicura che il talento riesca sempre a trovare la strada per esprimersi.
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