Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera inviataci da una nostra lettrice a proposito del problema dell'inclusione e della disabilità durante i mesi estivi:
Nonostante si senta parlare tanto di inclusione – come dice un proverbio: "le parole le porta via il vento" e all'atto pratico - devo dire- che non si trovano molti riscontri anzi tutt'altro. Mi chiamo Giada Alessandri e sono la mamma di un bambino di 14 anni che ha una diagnosi di autismo con alto funzionamento e, durante il periodo estivo, ho notato che - anche per mia diretta esperienza – l'inclusività, questa tematica sociale così importante, rimane solo una parola vuota e sono i fatti purtroppo a testimoniare questo e a darmi ragione. Mi spiego meglio.
Nella fascia d'età dai 6 ai 14 anni viene data la possibilità ai bambini e ai ragazzi di poter usufruire solo di 100 ore di scuola estiva con operatori specializzati, che, in termini pratici con una frequenza di cinque ore giornaliere sono 20 giorni di frequenza a fronte dei tre mesi di scuole chiuse, oppure viene dato un contributo di mille euro alle famiglie per pagare un operatore specializzato che comunque sono sempre circa 50 ore (e coprono quindi solo 10 giorni circa).
Mettetevi nei panni di famiglie come la mia e come quella di molti altri con due genitori che lavorano e che vorrebbero, anche per una naturale crescita e arricchimento del figlio, che potesse frequentare ugualmente i ragazzini della sua età in progetti realmente inclusivi.
Finora ho "parlato" di situazioni che riguardavano solo bambini dai 6 ai 14 anni ma dopo è anche peggio. Infatti dai 14 anni in poi si fanno progetti definiti "ad hoc" solo per i ragazzi con disabilità, progetti che di inclusivo non hanno niente e - secondo il mio parere – servono solo a creare un ulteriore divario tra i ragazzi considerati normodotati e quelli con disabilità.
Sempre con la scusa che la scuola è obbligatoria mentre in estate no, ma che senso ha? La disabilità non va in ferie (magari), non ci sono interruttori delle persone in base alle stagioni.
Allora che dovrebbero fare gli studenti disabili durante il periodo estivo?
I genitori dovrebbero perdere il lavoro?
I ragazzi con disabilità dovrebbero stare rinchiusi in casa? Tutto ciò porterebbe inoltre a una regressione dei progressi fatti durante l'anno scolastico dagli studenti.
In più, i bandi d'interesse per le attività estive si aprono sempre a tempo ristretto e per associazioni o cooperative sociali che si occupano di disabilità quando in realtà potrebbero participare alla manifestazione d'interesse tutte le associazioni che organizzano attività estive ma non lo fanno. Come mai?
È un argomento spinoso e nessuno ne vuole parlare, ma da mamma sono stanca di tutto ciò, sono anni infatti che questa problematica si procrastina nella nostra Piana e non trova soluzione.
Si parla di percorsi individualizzati ma ho notato che in realtà i percorsi risultano tutti uguali, sono progetti "fotocopia" per tutti, cambia solo il nome e il cognome del ragazzo/a.
Le famiglie devono rincorrere gli enti sempre a ridosso del fine scuola, per avere le informazioni che non sono mai trasparenti e definite.
Spesso poi i luoghi dove trovano posto i ragazzi sono difficilmente conciliabili con la vita delle famiglie; il fatto di non poter scegliere a quale scuola portarli diventa un'ulteriore discriminazione.
In più, mi chiedo: "I comuni dell'intera Piana lucchese si sono adeguati all'erogazione del contributo (in base all'isee) che viene dato alle famiglie con disabilità?" Perchè questo non è chiaro. Se qualcuno me lo spiega, sarei felice di capirlo.
Tante famiglie, se non tutte, sono sole ad affrontare tutto questo.
A ridosso della campagna elettorale di Lucca mi domando se i candidati sindaco tutte queste problematiche le sanno.
Vogliono darci mano finalmente? Vorrei delle risposte. Se mi contattano ben lieta di spiegare tutto questo. Lascio qui il mio numero di cellulare: 331 7558091