Gentile sig. Grandi,
La ringrazio di aver pubblicato il breve pezzo di cronaca su Mario Rocchi, una persona senza dubbio unica. Una sessantina di anni fa Mario ed io eravamo andati separatamente con l'autostop in Svezia, una specie di paradiso delle Urì per i giovani maschi italiani del tempo. (Spero che la situazione in Italia sia migliorata per i giovani d'oggi.)
Incontrai Mario nel "Giardino del Re" al centro di Stoccolma, luogo preferito per incontri con potenziali Urì. Scrissi del nostro incontro in un mio libricino, "Redacinta - Memorie di un giovane scapestrato", camuffando Mario col cognome Andreucci:
Al Kungsträdgården incontrai anche Mario Andreucci, un giovane giornalista di Lucca. Al passaggio di ogni bella ragazza si voltava e facendo buon uso della sineddoche salmodiava una sua giaculatoria: "Bella mi' topa, bella mi' topina...", una tradizionale invocazione toscana al sacro tabernacolo della femminilità. Poi si metteva a cantare mezzo in inglese e mezzo in francese "Darling, je vous aime beaucoup - Je ne sais pas what to do...". Le prodezze canore degli italiani hanno un potere di seduzione preternaturale, soprattutto sulle straniere. Lina Wertmüller ce ne ha dato un saggio col personaggio di Pasqualino Settebellezze.
Una sera, in macchina con un altro italiano, Mario ed io inseguimmo per le strade che tagliano i boschi della periferia di Stoccolma un'altra automobile con tre ragazze.
Il sole di mezzanotte era ancora alto quando le ragazze, impressionate dalla nostra ostinazione, come gazzelle inseguite dai leopardi alla fine si arresero e ci accolsero nelle tende di un loro campeggio. Furono amplessi al sapore di sale, le ragazze non avevano avuto il tempo di fare la doccia . . .
Incontrai Mario di nuovo a Lucca nel 2014, arzillo come non mai.