Grande, grandissimo. Peraltro, sono stati riconoscimenti inattesi. Sono stata davvero molto contenta.
Il suo libro "Sangue in Vaticano" tratta di una storia inconfessabile, del peggiore fatto di sangue nella guardia svizzera. Perché ha voluto scrivere questo libro?
Perché ho sentito il bisogno di denunciare le modalità con cui sono stata costretta a visionare un fascicolo archiviato da più di venti anni, con un colpevole certo, almeno secondo la versione ufficiale del Vaticano, Cédric Tornay. Tanto impegno profuso, un anno a visionare alcuni faldoni perché non mi è stato consentito di estrarne copia. Un anno passato in un'aula del tribunale vaticano, con due gendarmi che non mi hanno mai lasciata da sola. Mi è sembrato troppo. Non solo per me, ma soprattutto per la madre di Cédric Tornay, mia assistita che, di quel fascicolo, non ha mai potuto leggere neppure un foglio.
Parliamo del caso Vatileaks. Lei ha difeso la signora Chaouqui, la quale ha chiesto al Papa di essere sciolta dal segreto pontificio. Per rivelare alla corte quali fossero i suoi veri compiti in Vaticano e in seno alla Cosea (Pontificia Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull'Organizzazione della Struttura Economico-Amministrativa della Santa Sede).
Quello del secondo Vatileaks è stato un processo unico, perché furono portate alla sbarra cinque persone tra cui due bravissimi giornalisti di inchiesta, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Accadde di tutto. Anche la richiesta della mia assistita, a Papa Francesco, di essere sciolta dal segreto pontificio. Sua santità non rispose. Un avvenimento che mi ha creato molto dispiacere. Era assolutamente legittimo che il Papa non sciogliesse Francesca Chaouqui dal segreto, per questo avrei preferito un "no" secco, invece di un silenzio che dura fino ad oggi.
Renatino De Pedis sepolto nella cripta di Sant'Apollinare, poi traslato e cremato nel cimitero di Prima Porta. È una scandalo che ha smosso lo sdegno di molti italiani. Secondo lei perché gli venne concesso questo privilegio?
Bisognerebbe chiederlo al cardinale Ugo Poletti che motivò la sepoltura in quanto De Pedis era un "benefattore dei poveri". Purtroppo Poletti non c'è più, per cui io posso solo coltivare un mio pensiero che preferisco tenere per me. Certo, è una brutta pagina per la Chiesa.
Il magistrato Capaldo, che si era occupato del caso Emanuela Orlandi, ha dichiarato: "I due emissari del Vaticano venuti da me sapevano che non era più viva". Una sua riflessione?
Mi auguro che la magistratura faccia finalmente luce sul racconto del dottor Capaldo. Se ne parla da tanti anni. Credo sia giunto il momento di fare finalmente chiarezza sull'effettivo contenuto della conversazione avvenuta tra il magistrato italiano e i due emissari vaticani.
Il caso di Emanuela Orlandi è una storia d'amore e vicinanza, unisce la famiglia e le tante persone che seguono questa drammatica vicenda. Ancora oggi alcuni conoscono la verità, ma preferiscono il silenzio. L'omertà è il più grave problema in questa storia?
L'omertà è uno dei problemi, molto importante, ma non l'unico. Alcune persone a conoscenza dei fatti sono morte, altre preferiscono fare silenzio. A pagare è una famiglia che da quarant'anni cerca senza sosta una loro amata congiunta.
Il Vaticano ha aperto un inchiesta interna sul caso di Emanuela. Siamo alla svolta?
Lo saremo quando avremo delle risposte concrete...
L'aula della Camera dice sì, all'unanimità, alla proposta di legge per una commissione parlamentare bicamerale d'inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Il suo giudizio?
Manca ancora il "sì" del Senato che speriamo giunga a settembre. Una commissione di inchiesta potrebbe concretamente contribuire alla ricerca della verità.
Ha la possibilità di togliersi un sassolino dalle scarpe, il suo coraggio è sempre stato evidente! Una cosa mai detta che vuole raccontare in esclusiva alle Gazzette?
Faccio solo il mio lavoro e cerco di farlo al meglio. Per quanto riguarda i sassolini, le dico che sono sassi. Ma non è ancora tempo di toglierli dalle scarpe.
Il suo ricordo del grande giornalista Andrea Purgatori.
Andrea era un giornalista d'inchiesta straordinario. Era un uomo perbene, attento, preciso, coraggioso. Era un sodale, soprattutto, era un amico fidato.
L'ho intervistato a lungo, lo scorso aprile, per il mio libro "Cercando Emanuela". Abbiamo passato un pomeriggio divertentissimo. Mi spiace che non abbia avuto modo di leggere il libro, stava già male quando è uscito, a giugno, perché riservo a lui e alla nostra amicizia delle belle parole, sono sicura gli avrebbe fatto piacere leggere quelle pagine. Non ho ancora avuto il coraggio di riascoltare la registrazione di quelle ore. Sentiamo e sentiremo la sua mancanza. E quando troveremo Emanuela, sarà anche per merito suo.