Napoleone Bonaparte fu certamente un soldato, come amava personalmente definirsi, dotato di una impareggiabile capacità strategica, ma fu anche uomo dotato di raffinata cultura nata soprattutto dal suo spirito indomito caratterizzato sia dal voler emulare le memorabili imprese dei grandi uomini del passato sia dalla inesauribile curiosità di esplorare e conoscere l’esotico. Emblematica di questa sua personale poliedricità fu la famosa spedizione in Egitto.
Approvata dal Direttorio, dopo una accesa discussione avvenuta nell’agosto del 1797, la spedizione militare per occupare l’Egitto, a quel tempo sotto la dominazione dei turchi ottomani del sultano Selim III minacciati dai mamelucchi, nacque, come hanno ormai dimostrato le ultime ricerche storiche, non solo dalla volontà di Bonaparte di trovare uno scenario di guerra dove affermare ulteriormente la sua persona ma soprattutto dalla volontà di ridurre l’influenza inglese nel Mediterraneo orientale con il fine ultimo di minare i loro interessi commerciali nel contesto indiano rimpiazzandoli con quelli francesi. La nomina a comandante di tale impresa fu affidata in segreto il 5 marzo 1798 ad un giovanissimo generale Bonaparte, dopo le vittorie ottenute nella prima campagna d’Italia (1796-1797), con l’incarico di progettare da zero ed in sole undici settimane l’intera missione. Napoleone dovette occuparsi di raccogliere i fondi, costituire l’esercito e soprattutto organizzare una flotta. Brillantemente, il ventinovenne Bonaparte riuscì a portare a termine questi obiettivi raccogliendo otto milioni di franchi, costituendo un esercito di 38.000 soldati, dei quali personalmente scelse gli alti ufficiali, organizzando una flotta di 280 navi e 16.000 marinai oltre a tutti i rifornimenti necessari.
Partita dal porto francese di Tolone il 19 maggio 1798 la missione raggiunse il 10 giugno l’isola di Malta dove, giocoforza la situazione di debolezza dei cavalieri di san Giovanni, Bonaparte riuscì ad entrare al porto della Valletta senza resistenze. Sull’isola diede prova di grande capacità di governo politico e civile istituendo un nuovo consiglio esecutivo, in sostituzione delle istituzioni medievali dei cavalieri di san Giovanni. Fece, inoltre, costruire strade, fontane, ospedali, lampioni per l’illuminazione. Stabilizzata la situazione di Malta, divenuta così roccaforte dell’esercito francese l’esercito si spostò a largo di Alessandria d’Egitto dove sbarcò la sera del 1 luglio, la città presa d’assedio la mattina seguente cadde in mano francese senza difficoltà. L’esercito il 7 luglio cominciò la sua marcia di 250 chilometri verso il Cairo, una marcia durata diciassette giorni che le cronache raccontano drammatica a causa delle difficoltà estreme poste innanzi dal torrido deserto egiziano. Giunti il 21 luglio nei pressi della cittadina di Embaleh, a quindici chilometri dal Cairo e dalla piana delle piramidi di Giza, i francesi si trovarono ad affrontare l’esercito dei mamelucchi e riportarono, dopo circa due ore di combattimento, una vittoria definitiva. La famosa battaglia delle piramidi, mirabilmente immortalata in un vivido dipinto del pittore francese Louis François Lejeune (1755-1848), si era conclusa. Osservando il dipinto, di particolare bellezza e realismo, possiamo rivivere gli ultimi istanti concitati del confronto tra i due eserciti; sullo sfondo delle grandi e maestose piramidi di Cheope, Chefren e Micerino vediamo la cavalleria francese, difesa dalla fanteria e dall’artiglieria, di cui ci pare sentire il rimbombo dei colpi di cannone, fronteggiare i mamelucchi durante la loro ritirata. Di questi ultimi cattura l’attenzione la bellezza dei cavalli arabi, che colpirono a tal punto Napoleone da diventare da quel momento in poi i suoi preferiti, adornati da elaborate finiture dorate e soprattutto la particolarità delle loro divise, la testa fasciata da bellissimi turbanti e gli ampi pantaloni in stile arabo realizzati in seta, la scimitarra, le lance e gli archi e soprattutto le micidiali carabine.
Entrato al Cairo il 22 luglio Bonaparte esportò, in prima persona, la razionalità del governo francese riorganizzando le istituzioni di governo costituendo, una volta abolito il feudalesimo, sedici consigli circoscrizionali denominati divano, dipendenti da un gran divano di nomina francese, costituendo nuove vie di comunicazioni, la via postale, l’illuminazione. Dimostrò inoltre una particolare affinità culturale con il mondo musulmano, dettata da un profondo rispetto per questa religione e non da mero interesse politico, con cui ebbe modo di intessere uno scambio intellettuale fruttuoso. La seconda parte della campagna d’Egitto si dimostrò più complessa per l’esercito francese, il duro attacco alla flotta francese da parte della Royal Navy inglese di Horatio Nelson, l’impossibilità di conquistare la roccaforte di San Giovanni d’Acri per contrastare in Siria l’esercito ottomano proveniente da Costantinopoli, l’instabilità della situazione egiziana portarono Bonaparte alla decisione di abbandonare il paese nel 1799. L’occupazione francese terminò nell’agosto 1801 quando, a seguito dei continui attacchi ottomani ed inglesi, la Francia capitolò.
La campagna d’Egitto non fu solamente una esperienza militare che portò alla Francia, malgrado la finale disfatta, prestigio internazionale ma fu, per volere personale di quel giovane generale Bonaparte, una importante impresa culturale. Avrò modo di approfondire questo aspetto, che costituisce un ampio capitolo ricco di significato e fascino della campagna d’Egitto indispensabile per capire la personalità di Bonaparte, in un prossimo contributo.