La campagna d’Egitto non fu solamente una esperienza militare che portò alla Francia, malgrado la finale disfatta, prestigio internazionale ma fu, per volere personale di quel giovane generale Bonaparte, una importante impresa culturale.
Oltre che organizzare gli aspetti miliari Bonaparte costituì un vero e proprio esercito di studiosi, composto da 167 intellettuali delle più svariate discipline - botanici, zoologi, antiquari, storici, ingegneri, tipografi, astronomi, pittori, musicisti, scrittori, artigiani - che seguì tutta la spedizione.
Durante i mesi delle campagne di Egitto e Siria gli studiosi ebbero come obiettivi quello di raccogliere dati di natura antropologica, botanica, faunistica, storica, fare disegni dei monumenti, mappare il territorio, raccogliere reperti archeologici promuovendo vere e proprie campagne di scavo.
Da questa spedizione nacque a partire dal 1802 la monumentale pubblicazione dei venticinque tomi di testo e undici di tavole, tra cui una carta dell’Egitto in 47 fogli, della Description de l’Égypte, una serie di volumi in cui sono raccolti dati relativi ad aspetti culturali, botanici, faunistici, storici, archeologici della cultura egiziana dall’età dei faraoni sino all’età contemporaneità che oggi sono preziosissimi poiché ci danno testimonianza di aspetti relativi a quel paese che ad oggi sarebbero andati perduti.
Durante la spedizione fu inoltre scoperta nei pressi di Rosetta, una cittadina nei pressi di Alessandria d’Egitto, dal capitano francese Pierre François Bouchard, la famosa stele di Rosetta, oggi conservata presso il British Museum di Londra.
Il ritrovamento di questa stele, che riporta un decreto emesso nel 196 a.C in onore del faraone Tolomeo V Epifane in geroglifico, demotico antico e greco, permise, dopo l’iniziale intuizione dell’inglese Thomas Young, al francese Jean François Champollion di decifrare la lingua egizia imprimendo una spinta fondamentale allo sviluppo dei moderni studi egittologici che cominciarono così a potersi avvalere dei testi scritti di questa millenaria civiltà rimasta sino a quel momento muta.
Al Cairo fu inoltre fondato per volere di Napoleone l’Institute d’Égypte con lo scopo di promuovere la conoscenza di questo paese attraverso la pubblicazione dei dati raccolti durante la campagna militare.
L’arrivo in Francia delle prime notizie attraverso i dispacci ed i giornali del misterioso Egitto oltre che disegni, mappe, reperti archeologici inviati al Louvre fecero nascere una curiosità smodata verso l’antica civiltà leggendaria dei faraoni innescando una vera e propria mania d’Egitto.
La ieraticità delle figure degli antichi dei e sovrani egiziani, i numerosi significati simbolici attribuiti alle composizioni pittoriche e scultoree egizie oltre la graziosa e semplice bellezza dei piccoli animali e delle piante acquatiche che caratterizzavano le decorazioni di oggetti e soprattutto i caratteri geroglifici furono accolti in Francia come una folgorazione.
L’arte egizia, su diretta indicazione dello stesso Bonaparte, diventò linguaggio comune per gli artisti e gli artigiani francesi sul finire del XVIII secolo. Un vasto repertorio figurativo, fatto di sfingi, ibis, piante di papiro, scarabei, figure ieratiche nella tipica posizione stante egizia divennero elementi caratterizzati dei più preziosi oggetti mai realizzati nel periodo Neoclassico.
Lo stile egizio divenne così una sfaccettatura del grandioso stile impero che fu il marchio che Napoleone volle imprimere nella storia delle arti. A questo stile decorativo Bonaparte fu particolarmente affezionato, lo volle anche nella sua residenza della villa di San Martino all’isola d’Elba dove sulle pareti nella sala egizia è rappresentato un superbo paesaggio nilotico impreziosito da figure umane in abiti etnici sui cammelli, piramidi, isole ed elementi vegetali visibili attraverso un peristilio composto da colonne nel più puro stile egizio decorate con elementi vegetali stilizzati e raccordate da elementi architettonici completamente coperti da geroglifici.
Sul soffitto è rappresentato il cerchio con i dodici simboli dello zodiaco e quattro dischi solari alati, simbolo del dio Ra colui che nella religione egizia garantiva la vittoria contro i nemici e rappresentava il sole di mezzogiorno quindi la vita.
Anche nel suo esilio Bonaparte volle con sé un ricordo di quel deserto egiziano così aspro ma così importante per la sua epopea e come ebbe a dire «fra tutti gli oggetti rimastigli impressi nella vita, le piramidi d’Egitto e la stazza del gigante Frion erano quelle che lo avevano meravigliato di più».