Non sarà un'avventura, cantava Lucio Battisti, ed è quello che ho sperato anch'io quando ho preso la decisione di provare a vivere almeno sei mesi l'anno in Portogallo. Una decisione che già da qualche tempo mi frullava nella testa e che qualche amico, che già l'ha intrapresa, mi ha consigliato a provare.
Non è stata certo una scelta facile, perché chi, come me, secondo la versione di mio figlio Matteo "è ora diversamente giovane", deve e dovrà cambiare usi e abitudini. E' difficile farlo quando siamo giovani e spensierati, figurarsi farlo adesso che sei un pensionato con moglie, figli e un nipote.
Io, poi, non è che sia, come si suol dire, un grande "uomo di casa", di quelli che se manca per qualche giorno la moglie si arrangiano e vanno avanti. Io, un po' per carattere, un po' per la fortuna di avere una moglie che in cucina è una regina, mi limito ad un piatto di pasta semplice e poco più. Ma anche questo diciamo "disagio culinario" sarà, con quello di tener presentabile la casa e di organizzarsi le piccole cose quotidiane, la sfida che dovrò e voglio provare a vincere.
Salendo sull'areo, non nego che ho avuto la voglia di dire: ma chi me lo fa fare, io torno indietro e non nego neppure le lucciole nelle stomaco e qualche lacrima vigliacca. Poi, però, ho messo i bagagli in stiva e sono partito.
In Portogallo ho scelto di abitare a Vila Real do Sant'Antonio, l'ultimo paese portoghese prima del confine con la Spagna, nel sud del paese, nell'Algarve, terra di pescatori e di amanti del surf. I primi giorni sono volati per cominciare a capire come muovermi e come organizzarmi anche nelle piccole cose: il supermercato, dove prendere un caffè, dove fare due passi. Insomma tutte quelle cose che si affrontano quando si cambia non solo città, ma, addirittura, nazione.
Il portoghese non è una lingua facile, tutt'altro e anche se musicale non si capisce quasi nulla al volo. Quindi col traduttore google mi porto sempre dietro un'amico fedele, silenzioso, ma che non sbaglia mai. Quando, poi e negarlo sarebbe una bugia, mi viene la nostalgia di casa, grazie alla tecnologia chiamo e come per incanto mi pare di essere nella stanza accanto ad Angela o a Matteo invece che a chilometri di distanza.
Mi sono prefisso di fare quelle cose che non ho mai fatto finora, e di migliorare su tutti quei limiti che mi porto dietro da anni. Ce la farò? Sinceramente non lo so, ma sicuramente ci proverò anche per orgoglio personale. Non voglio tornare indietro da sconfitto, magari con un bel pareggio.
Non ho fatto un programma su quanto starò qui, la prima ipotesi condivisa con i miei è di arrivare a dicembre 2021 per tirare le somme e fare un primo bilancio. Troppo, poco, non lo so, intanto sono partito e adesso guardiamo dove arrivo.
Il direttore, nonché mio cugino, mi ha chiesto di tenere una specie di diario o se vogliamo essere più ambiziosi, una specie di rubrica, di pagina aperta, su cui scrivere a ruota libera quello che accade in questa parte di mondo. Ho detto che ci provo e che se non annoio nessuno e se lo spazio c'è sempre, sarà uno stimolo quasi quotidiano per avere un impegno a cui non macare.
Una cosa da fare sicuramente dopo il mio primo rientro e la nuova ripartenza dall'Italia, sarà portarmi dietro il decoder per vedere un po' di Tv italiana, che se a volte può non essere di grande qualità aiuta almeno a farti passare qualche ora in compagnia di chi, quando parli, capisci.
Non mi sento come gli emigranti anni fa, non sento il notturno dall'Italia, commuovendomi all'inno di Mameli, ma magari vedere qualche film o qualche trasmissione mi farà compagnia.
Ora basta, altrimenti mi gioco tutte le carte e le cose da dire. Per il momento un abbraccio a tutti e grazie per questa opportunità. E siccome qualcosa ho imparato: "Obrigado"