Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa osservazione inviataci da un saltuario e non fedelissimo lettore al quale, però, l'(ir)responsabile direttore delle Gazzette risponde senza indugio:
Buongiorno,
premetto che non vi leggo spesso e volentieri, ma vorrei sapere qual è lo scopo di inserire sistematicamente la nazionalità delle persone, autrice di reati o vittime, nelle vostre "notizie".
Leggo spesso "un marocchino" "un tunisino" "un egiziano", perché? Che utilità, se non alimentare l'odio di una città già abbastanza bigotta e povera di curiosità sul mondo circostante?
In più pubblicate articoli con errori di ortografia, dove sta la serietà di questa "testata giornalistica"? Scrivete "quadra" invece di "squadra" e altri errori simili.
Vi ringrazio in anticipo per le risposte che sono sicuro saprete darmi.
Risponde Aldo Grandi:
Caro Mingozzi innanzitutto grazie per aver formulato queste critiche in maniera cortese, senza offese e con richiesta, giusta, di delucidazioni. Non foss'altro che per questo lei meriterebbe una risposta immediata e, mi auguro, esaustiva. Parto dal fondo. Errori lei dice e cita quello che non è un errore, ma un refuso. Purtroppo non esistono più, nemmeno al Corriere della Sera se non erriamo, le figure dei correttori di bozze. Una volta ci pensavano loro a leggere gli articoli di una pagina e a dare il va libera alla stampa quando avevano controllato tutto. Oggi, purtroppo, non è più così e aggiunga pure che la colpa è, sicuramente, anche di noi giornalisti che non abbiamo l'abitudine saggia e utile oltreché umile, di rileggere e correggere i pezzi che scriviamo. Per questo le chiedo scusa, cercheremo di fare del nostro meglio, ma non confonda questa cosa con la serietà della testa che è ben altra cosa.
Venendo, poi, alla sua domanda principale, e rispondo con un'altra domanda: perché no? Perché non dovremmo citare la nazionalità di appartenenza di colui che commette un reato? Se si tratta di un italiano non esitiamo a scriverlo e, per gli arresti, cerchiamo anche di scrivere nome e cognome non fosse che una assurda e ridicola legge sulla privacy fornisce la scusa per non dare i dati anagrafici. Senza tenere conto che i criminali, macro o micro che siano, non hanno più paura dell'arresto o del carcere che, tanto, mai arriva, quanto dello sputtanamento mediatico del quale sono terrorizzati.
Tornando al clima di odio che susciteremmo in una città bigotta, ci lasci dire che il clima di odio lo producono coloro che si pongono al di fuori della legge, non quelli che, ci perdoni, subiscono reati e violenze. Attenzione a non rovesciare la frittata oltreché il mondo. Viviamo in una società politicamente corretta - e corrotta - nella quale dire la verità è vietato a protezione delle minoranze - etniche, sessuali, religiose e chi più ne ha più ne metta - e l'unico risultato prodotto è che la maggioranza, invece di essere tutelata, è sistematicamente sbeffeggiata da una volontà di omologazione-omogeneizzazione che tutto vuole annientare a cominciare dai confini e dalle identità finanxo personali. Bene, noi non ci stiamo.
Siamo in Italia, ma se fossimo in Marocco o in Tunisia scriveremmo allo stesso modo. La reciprocità è condizione fondamentale. E siccome ci pare che di delinquenti e spacciatori ce ne siano già abbastanza made in Italy, non riuscendo a comprendere la necessità di farne entrare o importarne altri potenzialmente in grado di fare altrettanto, sottolineiamo la nazionalità. Cosa c'è di male o di strano? Lei quando legge una notizia non vorrebbe sapere anche chi è il responsabile del delitto commesso?
In Francia, uno dei Paesi allo sfascio in quest'Europa che viaggia a velocità spaventosa verso il suicidio collettivo, vige la filosofia divenuta imperativo categorico del très bien vivre ensemble che è, ci perdoni il francesismo, una puttanata colossale. Non si scrive né si pubblica tutto ciò che, secondo un principio e un criterio erga omnes, può urtare la suscettibilità delle minoranze presenti - ormai maggioranze - sul territorio. E così facendo si opera una censura pazzesca e ingiusta che un giornalista serio e obiettivo non può né dovrebbe, a nostro avviso, accettare. Se si cominciano a porre dell distinzioni e ad eseguire delle rimozioni, si sa da dove si parte ma non si sa dove si arriva.
Siamo razzisti? Se esserlo vuol dire scrivere ciò che è sempre e comunque, allora sì, lo siamo e ne andiamo orgogliosi. Questo Paese e non solo questo, sta andando verso la deriva di una perdita totale della propria identità, perché quanto a indipendenza e autonomia, queste, le ha perse da un pezzo grazie a una classe digerente e politica priva di attributi e ignorante oltre ogni misura, contenta e soddisfatta di essere deresponsabilizzata dagli organismi sovranazionali economici, finanziari e politici che tutto decidono e tutto cancellano.
Siamo sovranisti? Certamente perché siamo stanchi di essere presi per il culo da chi ci accusa di non rispettare la Costituzione quando i primi a non rispettarla sono proprio loro. Sovranista perché, in fondo, è il popolo ad essere sovrano e prima di ogni decisione di una capillare e stratosferica importanza, bisognerebbe consultarlo.
A Lucca, finalmente, la Sinistra è stata presa a calci nel culo, metaforicamente s'intende, e ha finito, si spera a lungo, di fare danni. C'è adesso una giunta che i rossi sconfitti e ridicolizzati si ostinano ad accusare di fascismo o ignoranza storica senza ammettere che hanno perso e che hanno perso perché la gente non ne può più della loro volontà livellatrice, della loro volontà di distruggere ogni senso di italianità a favore di una popolazione meticcia le cui basi non solo non si conoscono, ma fanno a cazzotti anche con le altezze.
Noi, per intenderci, la pensiamo come Marcello Pera, Oriana Fallaci e Ida Magli. Ma non da ora, da sempre. Se non li conosce, li legga. E, nel frattempo, magari legga anche la Gazzetta se vorrà. Noi, comunque, le risponderemo sempre.