La tragica morte di Giovanni Iannelli, ciclista di 22 anni morto il 7 ottobre del 2019 durante l'87^ edizione del "Circuito Molinese",
una gara per velocisti che si svolge in provincia di Alessandria, a Molino dei Torti. A poco più di 100 metri dal traguardo il corridore impattò contro lo spigolo del muro di un'abitazione privata dove non c'era nessuna transenna. Il presidente di giuria, nel comunicato a fine gara, scrisse che non c'era "nulla da segnalare".
Carlo Iannelli, padre di Giovanni, ha accettato di rilasciare una lunga intervista alle Gazzette, ripercorrendo dinamiche sconvolgenti. Gli appelli per una celebrazione di un processo. Abbiamo raccolto anche la testimonianza, del grande Silvio Martinello, attualmente opinionista e dirigente di ciclismo. Nel 2020 è stato candidato alla presidenza della Federciclismo .
Il Regolamento, Uci Ciclismo sulle transenne e recinzioni recita così: 1 aprile 2021, prevede ; l'obbligo di transennare gli ultimi 300 metri prima dell'arrivo e i 100 metri seguenti, l'UCI impone ora che questi 400 metri siano continui, senza alcuna interruzione neanche nella zona del traguardo stesso. Nel caso di necessità per i membri dell'organizzazione, è possibile inserire delle porte, ma queste devono essere ad almeno cento metri dalla linea del traguardo, mentre evidentemente un eventuale deviazione per le auto deve essere al di fuori di questa zona di transenne finali. Soprattutto, le barriere dovranno essere saldamente connesse fra loro, nonché zavorrate in modo che non possano spostarsi o volare per aria nel momento in cui vengono colpite. Vengono così inoltre vietate le barriere in materiale leggero, ad esempio in plastica, non solo nella zona di arrivo ma nell'intero percorso.
Carlo, chi era suo figlio Giovanni Iannelli?
Giovanni era un ragazzo esemplare, uno sportivo esemplare sotto tutti i punti di vista, prima ancora che fisicamente, mentalmente. Era leale, corretto, rispettoso, altruista, intelligente. Era la bontà, la bellezza fatta persona. Era il figlio che tutti i genitori vorrebbero avere. Per me fare il babbo di Giovanni è stato il mestiere più semplice di questo mondo. Ho imparato tanto da lui.
La tragica tappa a Molino dei torti, 7 ottobre 2019, dove suo figlio perse la vita. Lei ha provato in tutti i modi a chiedere la celebrazione di un processo equo, richiesta mai ascoltata. Perché?
Ho provato e proverò in ogni modo, poiché questa è una vera e propria vergogna nazionale, un crimine anche giudiziario che si sta compiendo sulla pelle di un ragazzo innocente di 22 anni per la cui morte non si vuole neppure celebrare un giusto processo. Bisogna accertare la verità ed assicurare davvero la giustizia. La richiesta di un processo non è un mio "capriccio". Ci sono elementi a iosa, inequivocabili! Nello specifico, dopo l'incredibile archiviazione caratterizzata da tanti aspetti oscuri ed allucinanti, ho presentato ben due istanze di riapertura indagini con investigazioni suppletive che sono state respinte in maniera assurda.
Lei ha affermato: "Ci sono stati omissioni e depistaggi". Cosa intendeva dire?
Ci sono stati non solo molteplici omissioni, ma persino depistaggi, insabbiamenti, menzogne di ogni genere. Inizialmente con i carabinieri che, giunti sul luogo di un sinistro mortale, non hanno effettuato i rilievi, non hanno ascoltato le decine e decine di testimoni presenti, neanche gli altri corridori coinvolti nella caduta, non fanno nemmeno una foto con il cellulare. Nulla di nulla! Sentono solamente una testimone, una componente del collegio di giuria, la quale fa tutta una serie di dichiarazioni che lasciano di stucco. Il presidente di quel collegio di giuria, con Giovanni steso a terra sull'asfalto, praticamente morto, emette un comunicato con su scritto "nulla da segnalare". Quella gara ciclistica mortale viene omologata in fretta e furia.
Lei ha scritto varie lettere al presidente della Repubblica Mattarella, ma non ha avuto mai nessuna risposta. Un suo ennesimo appello?
Al presidente della Repubblica, al quale mi sono già in precedenza rivolto, reitero il medesimo appello. Chiedo che venga celebrato un giusto processo affinché nel dibattimento, nel contraddittorio ed in condizioni di parità, venga accertata la verità e sia assicurata davvero la giustizia per la morte di mio figlio Giovanni.
La Federciclismo è la controparte nel caso Giovanni Iannelli. Cosa vuole dire al presidente Cordiano Dagnoni?
La Federciclismo è stata da sempre, da subito, la controparte di mio figlio Giovanni e si è immediatamente schierata dalla parte degli organizzatori di quella corsa ciclistica fornendo anche ben due avvocati ed un consulente agli organizzatori.Il consulente, addirittura, ad un certo punto è diventato persino il consulente del pubblico ministero di Alessandria che, dif ronte all'esito di quella relazione, in realtà una vera e propria memoria difensiva per la Federciclismo, ha chiesto l'archiviazione del fascicolo relativo all'omicidio colposo di mio figlio Giovanni. Tutto questo è inaccettabile se si pensa che questo processo, che non si vuole celebrare, servirebbe a focalizzare l'attenzione sul troppo spesso trascurato tema della sicurezza alle corse ciclistiche affinché non ci sia mai più un altro Giovanni, affinché l'estremo sacrificio di mio figlio Giovanni non risulti vano.
Silvio Martinello è stato candidato, nel 2020, alla presidenza della Federciclismo. Qual è il suo pensiero sul caso Giovanni Iannelli?
Ho espresso in molteplici occasioni il mio parere sull'argomento. La tragica vicenda legata alla morte di Giovanni Iannelli rappresenta una macchia sull'operato della FCI, che tramite i suoi organismi di giustizia ha dapprima sanzionato la società organizzatrice al termine dell'inchiesta sportiva e successivamente ha assunto tutte le iniziative utili a tutelare gli organizzatori in sede di giustizia ordinaria, mettendo a disposizione i propri legali e i propri esperti per le perizie di parte, dimenticando la vittima e la famiglia. Questo atteggiamento l'ho sempre considerato inopportuno per la federazione stessa, che avrebbe dovuto mantenere una posizione neutrale e supportare la famiglia della vittima nel, se mai possibile, percorso di elaborazione del grave lutto.
Martinello lei è stato un grande ciclista, dirigente e opinionista di ciclismo. La domanda richiede, se possibile, una grande sincerità. Quali sono le dinamiche che devono essere approfondite per dare giustizia a Giovanni?
Non sono un esperto di materie legali, però, ritengo che dal punto di vista della federazione, la stessa debba porre in atto ogni genere di iniziative per tutelare la sicurezza dei propri tesserati. La criticità legata alla sicurezza sta minando seriamente la sopravvivenza del movimento stesso alla propria base, i problemi di reclutamento sono riconducibili anche a questo tema. Nella vicenda specifica tutto ciò non è stato fatto, sdoganando il messaggio che correndo in bicicletta si può anche incontrare la morte per negligenza degli organizzatori. Tutto ciò è inaccettabile e controproducente per la federazione stessa.
Signor Iannelli, nonostante abbia perso un figlio nel modo più terribile lei ha scelto di battersi per la sicurezza e messa in norma delle piste ciclistiche.
La mia battaglia è incentrata sulla sicurezza dei corridori, di ogni età, categoria di oggi e domani, è una battaglia che sto purtroppo conducendo quasi da solo! Questo ciclismo è infastidito da questa vicenda estremamente imbarazzante, impaurito dagli effetti che potrebbero scaturire da un richiamo alle responsabilità degli organizzatori, dove la Federciclismo, che dovrebbe essere al mio fianco, mi sta avversando in ogni modo. Tuttavia io non demorderò, mai.
Una cosa mai detta che vorrebbe raccontare in esclusiva alle Gazzette?
Sono stato vigliaccamente diffamato, tramite un giornale, da un sindaco di un comune della provincia di Alessandria. Ho denunciato quel sindaco e il direttore di quel giornale. C'è stato un processo avanti ad un giudice (onorario) del tribunale di Alessandria. In quella sede mi sono costituito parte civile. Ma il giorno dell'udienza nessuno degli imputati, che nel frattempo non mi hanno mai neppure dato un colpo di telefono per scusarsi, si è presentato in aula. Sono peraltro comparsi i difensori degli imputati, due avvocati di Alessandria, con due assegni da mille euro in mano per risarcirmi. Li ho rifiutati non perché non fossero congrui, ma perché volevo fare quel processo. Tuttavia il giudice, un avvocato di Asti, ha ritenuto che quei due assegni integrassero una condotta riparatoria da parte degli imputati e ha dichiarato l'estinzione del reato.
Grazie a Giovanni, oggi molte persone hanno una seconda possibilità in quanto ha donato i suoi organi. Nel 2020, un'altra beffa, molto triste , ha sconvolto la sua famiglia. Cosa è successo?
Nel 2020, visto che la maglia bianca del giro d'italia Under 23 era sponsorizzata da AIDO, ho chiesto agli organizzatori di quella manifestazione di dedicare quella maglia alla memoria di mio figlio proprio per concentrare l'attenzione sul tema troppo spesso ignorato della sicurezza alle corse ciclistiche. Dopo circa un mese, dopo diverse traversie, i predetti soggetti, accampando motivazioni stravaganti, hanno respinto la mia richiesta. Quindi è emerso che AIDO era solamente sponsor tecnico di quella maglia, ma che lo sponsor economico era una importante casa farmaceutica.
Giustizia e verità per Giovanni!
Non smetterò mai di cercarle per la morte di mio figlio Giovanni. Sin dall'inizio tutti i soggetti coinvolti in questa orribile vicenda hanno mancato di rispetto, costruendo un castello di menzogne per far sì che l'unico responsabile della morte di Giovanni fosse Giovanni stesso. E questo non lo permetterò mai, semplicemente, perché non è vero.