Le tre figure femminili che amarono Napoleone, i veri riferimenti affettivi, solidi e sinceri, al di là di ogni interesse politico o di potere, furono la prima moglie Joséphine, la sorella Paolina e la madre Letizia Ramolino.
Colpisce la storia di una donna giovanissima, appena quattordicenne, che, mentre allatta un neonato accanto a un bivacco, attende il ritorno del giovane marito diciottenne, Carlo Maria Buonaparte (cambiato in Bonaparte da Napoleone nel 1796). Lei è Maria Letizia Ramolino, nata ad Ajaccio il 24 agosto 1749. Proveniente da un’antica famiglia toscana stabilitasi in Corsica da generazioni, era figlia dell’ispettore capo delle vie di comunicazione di Ajaccio. Sposò un uomo ambizioso e convinto patriota, Charles Marie Bonaparte, nato ad Ajaccio il 29 marzo 1746. Egli aveva studiato giurisprudenza a Roma e a Pisa, guadagnandosi l’amicizia di Pasquale Paoli per aver partecipato alle lotte di liberazione della Corsica contro i genovesi, i quali, ormai incapaci di conservarla, la cedettero alla Francia nel 1768.
Letizia era una donna moderna, coraggiosa e di forte temperamento. Accompagnava con fierezza il marito, che militava a fianco di Pasquale Paoli, e lo seguiva a cavallo attraverso monti e boschi, portando con sé il primogenito in braccio e il secondogenito ancora nel grembo, fino a pochi giorni dalla nascita. Più tardi racconterà: «Sovente mi spingevo, uscendo dal nascondiglio tra i monti, sino al campo di battaglia, pur di avere notizie, e udivo fischiare le palle, ma nulla temevo, protetta dalla Madonna».
Dopo la sconfitta dei corsi contro i francesi nella battaglia di Ponte Nuovo, l’8 maggio 1769, Pasquale Paoli fu costretto all’esilio in Inghilterra e la Corsica divenne un possedimento francese. Carlo Bonaparte, sconfitto, dovette rifugiarsi sulle montagne del Monte Rotondo insieme alla moglie Letizia e al primogenito Giuseppe, ancora in fasce. Solo grazie a un armistizio, tutti i ribelli poterono rientrare ad Ajaccio.
Il giorno dell’Assunzione, Letizia si recò alla Cattedrale di Ajaccio per la celebrazione della Madonna, ma un dolore improvviso la costrinse a lasciare la cerimonia di corsa. Non ebbe neppure il tempo di raggiungere la sua stanza che il suo secondogenito venne al mondo. Erano circa le 12 del 15 agosto 1769, e quel neonato, che la famiglia chiamava affettuosamente Nabulio, venuto alla luce con irruenza, quasi a voler imprimere fin da subito il proprio destino, in soli vent’anni avrebbe rivoluzionato l’Europa.
Donna di austera eleganza, di bellezza fisica e soprattutto morale, Letizia Ramolino affrontò con equilibrio tanto la gloria quanto la sconfitta. Mantenne sempre il suo passo regale, sia come Sua Altezza Imperiale Madame Mère—titolo conferitole da Napoleone con decreto del 23 marzo1805—sia negli anni di difficoltà economica, dopo la morte del marito nel 1785. Dedicò la sua vita alla famiglia. Aveva dato alla luce tredici figli, ma solo otto sopravvissero: cinque maschi e tre femmine. Di lei, Napoleone dirà nel Memoriale di Sant’Elena: «Era un eccesso di previdenza da parte sua. [...] La sua terribile paura era di ritrovarsi un giorno senza niente [...]. Questa donna, alla quale ben difficilmente si sarebbe strappato uno scudo, era la stessa che nel mio ritorno dall’isola d’Elba e dopo Waterloo avrebbe gettato ai miei piedi tutto quanto possedeva per venirmi in aiuto [...]. Sarebbe stata disposta a mangiare, per la vita, il pane del povero senza muovere un lamento, lieta di contribuire alla mia fortuna».
Napoleone riconosceva nella madre la fermezza, il rigore negli affari e l’amore per il lavoro.
La considerava una donna di cuore e coraggio, a cui attribuiva i suoi successi. Pur vivendo a Parigi, scelse di rimanere lontana dai palazzi del potere. Rifiutò di abitare nel Palazzo delle Tuileries, preferendo stabilire la sua residenza nel Castello di Pont-sur-Seine, donatole dal figlio imperatore. Contraria allo sfarzo dell’Impero, ripeteva spesso: «Pourvu que ça dure!» (Purché duri!).
Madame Mère era madre dell’Imperatore Napoleone I, di Maria Annunziata Carolina Bonaparte regina di Napoli, di Maria Anna Bonaparte, detta Elisa, principessa di Lucca e Piombino e granduchessa di Toscana, di Maria Paola Bonaparte, detta Paolina, principessa Borghese, del re Giuseppe I di Spagna, del re Luigi d’Olanda, del re Gerolamo di Vestfalia.
Nel momento più drammatico della sua vita, quando Napoleone venne esiliato sull’isola d’Elba dopo la sua abdicazione l’11 aprile 1814, Maria Letizia trovò la forza per raggiungerlo, sostenendolo nel dolore
Il 29 giugno 1815, dopo la disfatta di Waterloo, madre e figlio si salutarono per l’ultima volta. Letizia fissò il figlio con gli occhi colmi di lacrime, che scivolavano silenziose sul suo volto. La voce le tremò nel pronunciare quelle parole che contenevano tutto l’amore e la disperazione di una madre: «Addio, figlio mio». Napoleone la guardò un’ultima volta. «Addio, madre mia». Nessuno dei due sapeva che quello sarebbe stato il loro ultimo saluto.
Tentò invano di rivederlo durante il suo esilio a Sant’Elena, ma le potenze europee le impedirono ogni contatto. Le lettere inviate al figlio venivano aperte e censurate. Napoleone, nel suo Memoriale, si rammaricava: «È una lettera di mia madre. Sta bene e vuole raggiungermi. Povera mamma!». Non potendo raggiungerlo, Madame Mère si adoperò con il cardinale Fesch e Papa Pio VII affinché a Napoleone fosse garantita una vita dignitosa in esilio. Grazie ai loro sforzi, fu inviato un medico, il dottor Francesco Antommarchi, quando ormai la sua salute era gravemente compromessa. A Longwood, Isola di Sant’Elena, il 5 maggio 1821, dopo una giornata tempestosa, Napoleone esalò il suo ultimo respiro.
Quando, dopo un mese e mezzo, giunse la notizia della morte del figlio, Letizia ne rimase annientata. Trascorse quindici anni nella solitudine del dolore. Già inferma e quasi cieca, seppe che il re Luigi Filippo, duca d’Orléans, aveva ripristinato la statua di Napoleone sulla Colonna Vendôme. Fu la sua ultima e unica gioia. Il 2 febbraio 1836, all’età di ottantasei anni, Madame Mère, madre dell’imperatore Napoleone I, si spense, dopo una vita vissuta senza clamore, ma sempre in prima linea, parsimoniosa nella gioia, forte e coraggiosa nell’avversità e nel dolore.
Nel 1859, il nipote Napoleone III, fece traslare le sue ceneri nella cappella imperiale di Ajaccio, rendendole l’onore che aveva meritato.