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Scritto da Redazione
Sport
06 Marzo 2020

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La squadra femminile del Rugby Lucca, le Duchesse (come amano definirsi), fatica ancora ad affermarsi ma non demorde: tra mille difficoltà c’è un gruppetto di irriducibili ragazze che continuano ad allenarsi con grande impegno, sognando una squadra tutta loro dove poter crescere non solo individualmente ma anche come collettivo.

Ormai da qualche anno la società rossonera ha al suo interno una realtà femminile che negli anni ha sempre cercato di crescere e migliorare. Si è sempre trattato di una realtà eterogenea: studentesse universitarie, lavoratrici, mamme e imprenditrici hanno sperimentato il rugby e se ne sono appassionate ma, purtroppo, non sempre è possibile conciliare vita privata e professionale con uno sport che chiede grande impegno e dedizione, per questo motivo molte delle persone che hanno conosciuto la realtà lucchese si sono poi ritirate. Pertanto, con le ragazze rimaste, la società del presidente Andrea Lombardi ha attivato una bella e producente collaborazione con la vicina squadra del Cus Pisa che disputa il campionato nazionale di Serie A, un’opportunità fantastica per le giocatrici lucchesi che possono così confrontarsi con squadre di livello alto.

Fortunatamente, e in modo del tutto spontaneo, sono state anche tante le ragazze più giovani, studentesse dei licei e degli istituti della provincia di Lucca tra i 14 e i 18 anni, che si sono avvicinate a questo sport e, coinvolte dall’attività regionale e non solo, si sono innamorate del rugby e dell’ambiente che lo circonda. Grazie a questo piccolo ma forte movimento giovanile, anche le ragazze in forza al Cus Pisa possono continuare ad allenarsi a Lucca, allo stesso modo gli allenamenti congiunti con la società pisana coinvolgono spesso anche le giovanissime lucchesi. Sicuramente c’è ancora molto da fare per sviluppare una vera e propria squadra rossonera, capace almeno di disputare un campionato a 7, ma l’obiettivo della società è ben chiaro: puntare sul movimento femminile e sulle giovanissime e perché no, diventare un polo attrattivo anche per le città vicine.

Oggi conosciamo più da vicino due tra le giovanissime rugbiste lucchesi, Giulia e Lorenza.

Chi sei e come hai conosciuto il rugby?
Giulia: Mi chiamo Giulia Sodini, ho 16 anni, sono studentessa al liceo Vallisneri di Lucca e da grande mi piacerebbe fare il medico. Ho scoperto il rugby grazie alla mia compagna di squadra Victoria Cowie che all’epoca mi faceva ripetizioni di inglese e mi propose di venire a provare. Da quel momento mi sono appassionata e non ho più smesso. Gioco come ala, cioè la giocatrice che dovrebbe finalizzare le azioni d’attacco della squadra. 
Lorenza: Sono Lorenza Cavallini ho 15 anni e frequento il liceo delle Scienze Umane. Da grande mi piacerebbe fare il giudice o l’architetto, non ho ancora deciso.  Ho scoperto il rugby grazie ad alcuni ragazzi del Rugby Lucca che vennero nella mia scuola a farcelo provare. Il mio ruolo è quello del mediano di mischia, cioè quella giocatrice che, insieme al mediano d’aperura, organizza il gioco della squadra.

Il rugby è ancora considerato uno sport prevalentemente maschile, che effetto vi fa?
G.: A me piace l’idea di fare uno sport “da maschi”, non credo che tolga niente alla femminilità di una ragazza. Lo consiglierei tranquillamente anche alle amiche. Volevo iniziare a giocare già da quando ero alle medie ma le mie compagne di scuola dell’epoca mi dissero che il rugby era uno sport “da lesbiche” e mi scoraggiarono un po’. In realtà non è così: il rugby è uno sport per tutti, è lo sport inclusivo per eccellenza. Nel rugby ogni ruolo richiede abilità diverse e ognuno può essere utile alla squadra in base alle proprie caratteristiche, fisiche e caratteriali.

L.: Personalmente non ho mai avuto problemi come quelli di Giulia ma anche se fosse non è un problema: mi piace quello che faccio, mi fa sentire forte. Se dagli altri qualche volta arrivano delle battute poco importa.

Il rugby femminile in Toscana è ancora poco sviluppato. È difficile per voi riuscire a giocare?
L: Noi ci alleniamo regolarmente qui a Lucca con la nostra società. Purtroppo però le ragazze che giocano qui da noi sono ancora poche e non si riesce a fare una squadra solo lucchese. Anche altre realtà hanno lo stesso problema, così molte società si sono unite per poter formare una squadra unica che ci dia la possibilità di giocare. La squadra è quella delle Puma Bisenzio con cui partecipiamo a tornei di livello interregionale con formazioni provenienti dal centro e nord Italia. Le Puma riuniscono giocatrici da un po’ tutta la regione ma riusciamo ad allenarci tutte insieme soltanto una volta ogni due settimane. La sede degli allenamenti cambia sempre per cercare di venire incontro alle esigenze di tutti ma comunque non è semplice allenarsi bene e con continuità in questo modo.

G.: Accanto a questo c’è l’attività portata avanti dal comitato regionale della Federazione italiana rugby, anche in questo caso circa una volta ogni due settimane. Qui lavoriamo prevalentemente a 15, mentre nel club giochiamo a 7. Con la selezione regionale partecipiamo a tornei con cui ci confrontiamo con le altre regioni, in particolare con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

L’obiettivo è quello di farvi giocare il più possibile ma non è semplice.
Tutte e due: Esatto. È vero che rispetto ad altre regioni, come il Veneto, siamo indietro ma in Toscana le ragazze non mancherebbero. È chiaro che se una ragazza per giocare deve prendere ed andare dall’altra parte della regione diventa difficile, soprattutto per noi che non abbiamo ancora la patente. Il nostro sogno è quello che presto si possa avere a Lucca una squadra interamente nostra che magari faccia anche da polo di attrazione per le ragazze delle città vicine.

Voi cosa fareste per aumentare il numero delle giocatrici?
Sappiamo che la nostra società si sta impegnando molto per invogliare le ragazze a venire a provare ma crediamo che la cosa migliore sia ancora il passaparola. Se hai qualcuno già dentro la squadra che ti aiuta a inserirti e a comprendere il gioco e le sue regole, sicuramente tutto diventa più facile ed immediato. È anche un modo, magari, per superare un po’ di timore iniziale. Per noi è stato così.  

 

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