Chi firma questo articolo ha iniziato a scrivere su questo giornale proprio per recensire il concerto di Ezio Bosso tenuto nella chiesa di S. Francesco nel 2018 per la riapertura dell’omonimo convento, invitato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. L’evento, al di là del comunicato della Fondazione, era passato stranamente inosservato sulla stampa locale e così, spalmata su una sdraio al mare, il giorno dopo aveva scritto una recensione non certo tecnica, non essendo competente di musica classica, ma di cuore, tutta incentrata sulle emozioni che il Maestro (ma lui non voleva assolutamente essere chiamato così, “non ho niente da insegnare”, ero solito dire) aveva scatenato, come al solito, nel pubblico e l’aveva mandata al direttore della Gazzetta, spiegandogli che aver avuto a Lucca il Beethoven dei nostri giorni non poteva passare sotto silenzio. Tra l’altro quel concerto era stato uno degli ultimi in cui Ezio aveva suonato il pianoforte, anche perché prima di tutto era un direttore d’orchestra, un eccelso compositore e un pianista soltanto “all’occorrenza” come amava definirsi lui stesso. Il direttore della Gazzetta lo aveva pubblicato e, cosa apparentemente strana per un articolo di cultura incentrato per di più su un concerto di musica classica, aveva ottenuto migliaia di visualizzazioni. Ma non era strano, perché Ezio ha un seguito di pubblico enorme, per la sua capacità di attrarre e di spiegare la musica anche a chi non l’ha mai studiata.
L’avvicinare “gli ignoranti” alla musica classica era proprio uno dei suoi obiettivi, che aveva fatto suo il progetto di condivisione di Claudio Abbado, suo maestro e scopritore. E c’era riuscito, Ezio, ad avvicinare “il popolo” alla classica da sempre considerata settore di nicchia e riservata all’elite. Basti pensare al sold out di 9 mesi fa all’Arena di Verona con i Carmina Burana, prima volta nella storia di tutto esaurito per un concerto sinfonico. Di sicuro non tutti gli spettatori dell’Arena erano musicisti o appassionati di classica, ma il bello di Ezio era proprio che riusciva ad avvicinare la gente semplice alla musica classica, rendendola apprezzabile anche per coloro che non l’avevano studiata.
Del resto anche lui da piccolo, era stato vittima di questo pregiudizio di classe che vuole la musica classica privilegio per pochi e ricchi intenditori, poiché, figlio di operai, quando una sua zia che aveva colto sin da subito le sue eccelse qualità e potenzialità musicali sin da bambino lo aveva presentato ad un illustre professore di musica, gli era stato consigliato di fargli fare l’operaio, che studiare musica classica non era roba per figli di operai.
Ma lui non si era scoraggiato e aveva iniziato a studiare con costanza, serietà, passione, dedizione e impegno che lo hanno poi portato a raggiungere i livelli a cui è arrivato e ad ottenere i premi ed i riconoscimenti che ha avuto e che non citeremo perché basta digitare su Google “Ezio Bosso” per avere una lista lunghissima di tutti questi meritatissimi trofei.
Partecipare ad un concerto di Ezio era un’emozione unica, era, come diceva lui, respirare insieme, perché il concerto era composto dalla musica dei professori di musica che lui dirigeva con maestria e tantissima passione e dal silenzio, dai respiri trattenuti del pubblico che poi si fondevano in lunghissimi applausi e standing ovation. Ezio faceva volare l’anima tra le stelle quando dirigeva, quando suonava, quando sorrideva con quel sorriso luminoso.
Bosso amava fare le prove dei suoi concerti a porte aperte, per far capire alle persone come nasce e come si costruisce quella perfezione che sfocia nel concerto vero e proprio.
Poiché da quella visita a Lucca nel 2018 avevo avuto la grandissima fortuna di incontrarlo e poi di conoscerlo anche se attraverso semplici messaggi scambiati in privato, quello che più mi aveva colpito di questo grande uomo, a parte la bravura, era la sua grande umiltà, il suo essere rimasto sempre una persona semplice, che ringraziava sempre. Lui, un musicista di così alto livello, che aveva ottenuto così tanti riconoscimenti, ringraziava chi gli faceva gli auguri di buon compleanno, o di Natale, o chi gli faceva i complimenti per una particolare esibizione.. lui aveva anche ringraziato per quel famoso primo articolo di pancia sul suo concerto a Lucca, che aveva letto.
E non voglio menzionare la sua malattia che lo ha portato via di colpo strappandoci un pezzo di cuore, mi piace ricordare che con la sua vita, le sue parole, il suo bellissimo sorriso, il suo non arrendersi mai, è stato un grandissimo esempio di resilienza anche per tante persone malate a cui con il solo fatto di non fermarsi mai infondeva coraggio, forza e speranza.
Lo aspettavamo a Lucca a fine aprile per il concerto che avrebbe tenuto il 3 maggio dirigendo l’orchestra sinfonica dell’istituto superiore di studi musicali Boccherini nell’esecuzione della Sinfonia n.1 in Do maggiore Op. 21 e Sinfonia n.7 in La maggiore Op. 92 di Beethoven, ospite d’onore di Lucca Classica. Poi il lockdown aveva annullato l’evento, ma Ezio non vedeva l’ora di tornare qua, considerava Lucca una città bellissima e sperava di riuscire ad avere un po’ di tempo per visitarla meglio.
Così come non vedeva l’ora, alla fine del lockdown, di poter riabbracciare gli amici ed anche gli alberi.
Allora ciao caro Ezio, ti sei spostato nella dodicesima stanza, ma ti ritroveremo ogni volta che seguiremo il volo di un uccello, ascoltando la tua musica che parla al cuore, e la tua bacchetta, i tuoi 27 grammi di felicità come la chiamavi tu, continueranno a brillare tra le stelle, anche se oggi i nostri occhi non sono pieni di pioggia, ma di infinite lacrime che il tuo bellissimo sorriso asciugherà col tempo.